Cento anni dal “Pierrot lunaire” in Italia

Vatican News

La tournée italiana che per la prima volta propose in Italia il Pierrot lunaire di Schönberg nell’aprile 1924 è stata riproposta da un ensemble di eccellenti musicisti riuniti dal pianista Alexander Lonquich. La cronaca del concerto tenuto nella Sala dei Notari di Perugia per la stagione degli Amici della Musica.

di Carla Di Lena

Esattamente cento anni fa veniva eseguito per la prima volta in Italia il Pierrot lunaire di Arnold Schönberg. Artefice della tournée era stato Alfredo Casella, instancabile promotore della musica contemporanea. Con la Corporazione per le Nuove Musiche, appena fondata a Roma, il compositore si proponeva di portare in Italia le più importanti novità apparse sulla scena europea. Il Pierrot lunaire, dichiarava Casella, “costituisce senza dubbio una delle più audaci ‘tappe’ della moderna storia musicale, nella quale assume un’importanza paragonabile a quella dell’avvento del cubismo nella pittura o della teoria della relatività nella scienza”.

Il Concerto di Perugia

Con questi presupposti il pianista Alexander Lonquich ha riunito un gruppo di musicisti e ha portato in tournée il Pierrot lunaire di Schönberg, nel ricordo di quelle prime esecuzioni del 1924, aggiungendo al programma composizioni di autori che hanno ruotato intorno al mondo delle avanguardie musicali di quegli anni. Ne è emerso così un quadro d’epoca non solo interessante ma suggestivo. Dopo le tappe del 4 aprile a Padova, esattamente il giorno e nel luogo di cento anni fa, e di Fiesole, il 5 aprile il gruppo si è esibito a Perugia per gli Amici della Musica – appuntamento al quale si riferisce questo nostro articolo – per spostarsi successivamente a Venezia. Il programma presentato era generoso, nei tempi e nell’impegno. Si iniziava con Casella, Sicilenne e Burlesque per flauto e pianoforte, un pezzo composto nel 1914, giocato sul carattere opposto tra i due movimenti. L’atmosfera era proprio quella di inizio secolo, scura, irta di dissonanze ma temperata da un gusto neoclassico tipico dell’epoca. Notevole l’esecuzione offerta dalla flautista Irena Kavčič, virtuosa nella brillantezza e molto duttile espressivamente, in duo con Alexander Lonquich, che rendeva tutte le inquietudini della parte pianistica con l’intelligenza musicale che lo contraddistingue, prima di giungere a un finale travolgente per lui, la Kavčič e per tutto il pubbllco. Con la Sonata per violoncello e pianoforte di Debussy si entrava nel grande mondo poetico di uno dei più importanti innovatori del linguaggio del secolo scorso. Capolavoro di profondità, la sonata di Debussy è stata rivissuta nel miglior modo possibile con la straordinaria varietà di registri espressivi e sonori del violoncello di Enrico Bronzi e del pianoforte di Lonquich. Clima completamente diverso per la Suite de l’histoire du soldat di Stravinsky, presentata qui nella versione per clarinetto, violino e pianoforte. Tommaso Lonquich e Ilya Gringolts, rispettivamente nei due strumenti insieme al pianoforte rivelavano oltre che lo straordinario spessore strumentale che li contraddistingue, anche la grande vitalità della partitura. La novità dell’histoire all’epoca per i colori forti, la grande ricchezza ritmica e la comunicativa del linguaggio poteva forse essere considerata uguale per portata e diversissima per linguaggio rispetto alle innovazioni schönberghiane.

Il Pierrot lunaire e l’Italia cent’anni dopo

La seconda parte era tutta riservata al Pierrot lunaire in cui agli strumentisti già citati si aggiungeva il soprano Mojca Erdmann, più incline al canto che allo Sprechgesang (inteso come parola recitata e intonata) ma comunque attenta alla chiarezza del testo. Il pubblico veniva aiutato dalla proiezione della traduzione dei testi, che permetteva di cogliere con maggior evidenza la forza del connubio tra parola e musica. Gli impasti timbrici mutevoli, suggestivi, sfuggenti o più estroversi esprimevano tutta la dirompente novità di un’opera ancora oggi impressionante. La Sala dei Notari aggiungeva bellezza visiva a tanta meraviglia sonora: un valore inestimabile per noi oggi nelle nostre città d’arte, la sovrapposizione di passato e presente.