Caritas Ucraina: piantare i semi di pace e coesione sociale nonostante la guerra

Vatican News

Nel Paese da oltre 16 mesi tormentato dall’invasione russa, la gente ha sete della pace. E mentre soldati ucraini sentono il dovere di prendere in mano gli armi per difendere le proprie famiglie, gli operatori Caritas, insieme a tutta la società, continuano il loro lavoro di “peacebuilding” perché una volta, finita la guerra, vogliono regalare alle future generazioni un clima di rispetto e partecipazione

 Svitlana Dukhovych – Città del Vaticano

“Cosa significa pace per me? È soprattutto la pace interiore che viene dalla consapevolezza che lì, dove sono, è il mio posto. Per il nostro Paese, l’Ucraina, la pace è il sogno e la speranza”. Sono le riflessioni che condivide con Vatican News Hanna Homeniuk, responsabile del programma di coesione sociale di Caritas Ucraina, attiva per cercare di aiutare la gente a realizzare questo sogno passo dopo passo. “Il programma, – racconta Hanna, – è stato avviato nel 2016 e fino al 2021 abbiamo realizzato quattro progetti che hanno coinvolto più di 30 mila persone”. Lo scopo principale delle iniziative consisteva nel rafforzare il processo di integrazione, resilienza e auto-aiuto delle persone colpite dalla guerra in Ucraina, iniziata dai russi nel 2014.

Rafforzare la coesione

“È chiaro che dopo l’invasione della Federazione Russa su vasta scala a febbraio del 2022 il nostro primo compito è stato quello di salvare vite umane, ma allo stesso tempo tutte le organizzazioni locali di Caritas Ucraina avevano nelle loro squadre dei facilitatori che potevano comunicare con le comunità e aiutarle a risolvere eventuali conflitti”. “Attualmente – racconta l’operatrice – abbiamo due progetti che lavorano nel campo del peacebuilding. Ma bisogna capire che, per ora, stiamo parlando della coesistenza pacifica all’interno del nostro Paese, nelle nostre comunità per continuare e rafforzare la coesione che dall’inizio della guerra è stata incredibile, ma la stanchezza si è già accumulata e ora c’è bisogno di ‘smussare gli angoli’”.

Le sfide da superare

Attualmente i progetti di peacebuilding vengono portati avanti in dieci sedi regionali della Caritas Ucraina, nelle comunità più sicure, cioè distanti dalla linea del fronte. Il programma di lavoro di ogni squadra in una determinata comunità, comprende facilitazione, supporto psicologico, risoluzione dei conflitti e vari eventi pubblici (una piccola festa, un laboratorio o workshop) per aumentare la coesione tra le persone. “Il nostro obiettivo principale – spiega la responsabile del programma, – è l’interazione e l’integrazione degli sfollati interni nei comuni più piccoli, dove queste persone trovano più difficoltà ad integrarsi rispetto alle grandi città”.

Tra le sfide che gli operatori della Caritas aiutano a superare, c’è anche il problema dell’accesso ai servizi sociali. “In generale, ci concentriamo anche sui conflitti, – sottolinea Homeniuk, – perché c’è molto dolore causato della guerra. I conflitti sorgono anche perché qualcuno sta combattendo al fronte e qualcuno no, qualcuno ha perso un parente e qualcuno no. Lavoriamo anche in luoghi liberati di recente, e lì c’è anche tensione tra coloro che sono rimasti e sono sopravvissuti all’occupazione e coloro che sono scappati e stanno tornando adesso. Ognuno di loro ha avuto un’esperienza diversa della guerra, e a volte c’è persino una sorta di ‘competizione’ su quale sia l’esperienza più difficile, anche se è chiaro che tutti si trovano nella stessa situazione e di fatto tutti hanno la stessa esperienza dolorosa”.

Incontro nella comunità. Caritas Odessa

Aiutare a superare i traumi

Nella società ucraina il problema di guarire le ferite, superare i traumi e alleviare il dolore rimarrà attuale ancora per decenni. Per questo Caritas Ucraina cerca di investire sempre di più nella formazione degli psicologi e altri specialisti che potranno lavorare in quell’ambito. “Il vantaggio della Caritas, – dice Hanna – è che questa organizzazione ha una componente religiosa. La presenza dei sacerdoti, il loro servizio e l’attenzione al modo in cui si vive il lutto e si svolgono i funerali, sono aspetti molto importanti e permettono di vivere appropriatamente la perdita umana. Di recente abbiamo parlato con la Commissione per la salute della Chiesa greco-cattolica ucraina sull’importanza di insegnare la sensibilità al trauma ai sacerdoti e religiosi, in modo che capiscano quando una persona ha bisogno di essere indirizzata da uno psicologo o da uno psicoterapeuta e quando, invece, può continuare con l’accompagnamento pastorale”. 

Un altro elemento importante per aiutare la gente a superare i traumi è lo spazio sicuro. “Noi stessi dobbiamo instaurare un rapporto di fiducia con le persone, in modo che vogliano aprirsi con noi”, spiega la coordinatrice, “in secondo luogo, dobbiamo costruire uno spazio sicuro in modo che ci si possa aprire anche quando si hanno intorno persone con esperienze diverse. Cioè, insegnare alle persone ad ascoltare l’altro, e questo fa un’enorme differenza e dà alle persone un enorme sostegno. Questa è la base del nostro approccio”.

Gruppo del supporto psicologico. Caritas Kamianske (regione di Dnipropetrovsk)

Superare gli stereotipi

Nella prima fase della guerra, gli ucraini hanno mostrato un livello di coesione molto alto, ma ora cominciano a emergere diverse tensioni che spesso sono causate dalle visioni stereotipate del prossimo. “Per esempio ci può essere una certa paura nei confronti dei veterani, perché potrebbero avere una richiesta di giustizia eccessiva e qualcuno teme qualche tipo di aggressione. Anche se queste ipotesi potrebbero non essere giustificate, ma questo stereotipo esiste… Ci sono molti stereotipi diversi sugli sfollati: a volte la gente del posto ha un certo risentimento per il fatto che possano portare via lavoro o far aumentare i prezzi delle case, e dimentica che spesso gli sfollati sono una risorsa per la comunità, che portano con sé le imprese e creano, anzi, posti di lavoro. Questo vale sia per gli sfollati interni che per i rifugiati all’estero. Spesso queste tensioni scompaiono quando le persone si conoscono personalmente e si convincono che avevano la percezione sbagliata dell’altro. Ecco perché cerchiamo di far comunicare la gente, in modo da poter sfatare questi miti”.

Costruzione di una società pacifica inizia dalla partecipazione  

Dunque, lo scopo del progetto di peacebuilding di Caritas Ucraina va oltre la soluzione dei conflitti in una determinata comunità.  “Questo progetto, – afferma la responsabile – e in generale, la nostra attività di peacebuilding, mira a costruire una società partecipativa in cui le persone possono parlare apertamente dei loro bisogni. I momenti di condivisione permettono alla comunità di crescere e diventare più forte perché i suoi membri diventano attivi sapendo che vengono ascoltati”.

Hanna Homeniuk spiega, inoltre, che la costruzione della pace e tutti i processi di pacificazione richiedono un duro e lungo lavoro mirato a cercare di capire l’altro. Che non significa accettare per forza l’opinione altrui o rendere la propria meno importante, ma che “tutti devono avere la certezza di essere ascoltati nel dialogo”.

Il team del progetto “Superare le fratture nelle comunità“

“Мир” – “Pace”

Gli ucraini sono un popolo di agricoltori: in questi oltre sedici mesi dell’invasione russa hanno continuato a seminare i campi di grano e di raccoglierlo anche sotto le bombe e missili. Non hanno smesso neanche di piantare i semi di pace sebbene l’aggressione militare del Paese li ha obbligati di prendere in mano le armi per difendere le proprie famiglie. “Adesso la parola ‘pace’ suscita in noi emozioni molto forti, – spiega ancora Hanna. – Ovviamente l’Ucraina vuole la pace, ma c’è una enorme differenza tra una ‘pace negativa’, quando abbiamo un semplice cessate il fuoco, ma la situazione non cambia, e una pace stabile, una ‘pace positiva’. Noi avremo una pace duratura quando avremo una situazione di vero benessere, una sicurezza completa per noi stessi e l’opportunità di costruire il nostro Paese”.