Padre Michel Abboud, presidente dell’organismo ecclesiale, parla delle migliaia di uomini, donne e bambini che abbandonano i villaggi e le città del sud del Paese per i ripetuti bombardamenti: “A complicare la situazione c’è l’estrema crisi economica in cui da tempo è piombata la nazione. I vescovi hanno alzato la voce: qui nessuno vuole la guerra”. Il cardinale Bechara Raï in visita nei luoghi colpiti
Federico Piana – Città del Vaticano
La Chiesa libanese è preoccupata per l’escalation della guerra tra Israele ed Hamas. Il crescente numero dei bombardamenti nel sud del Paese sta costringendo migliaia di persone a fuggire verso la capitale, Beirut. Una situazione che “continuerà ad avere conseguenze drammatiche per la nazione, già messa in ginocchio da una crisi socio-economica senza precedenti”, denuncia padre Michel Abboud, presidente di Caritas Libano.
Bisognosi di tutto
Gli sfollati interni che cercano di salvare la propria vita e quella dei propri familiari hanno bisogno di tutto. Lasciano case, lavoro, parenti: hanno bisogno di ricostruire totalmente la propria esistenza. “Per aiutarli – dice padre Abboud – abbiamo creato dei centri di accoglienza, grazie all’intervento di tutti i vescovi e delle altre autorità religiose e abbiamo messo a loro disposizione ogni bene di prima necessità”. E il sostegno non è solo materiale ma soprattutto spirituale. “Sono stati previsti – spiega – dei momenti di preghiera e la celebrazione di messe comunitarie”. Un conforto anche per l’anima piagata dall’orrore delle bombe.
La visita del Patriarca maronita
La vicinanza della Chiesa a chi soffre si è concretizzata anche con la visita del patriarca maronita, il cardinale Béchara Boutros Raï, nelle zone interessate dal conflitto. “Nei giorni scorsi – riferisce il presidente di Caritas Libano – è andato a visitare i villaggi e per dire agli abitanti che sono rimasti: voi non siete soli, la Chiesa è accanto a voi”. Perché sono in molti quelli che non possono fuggire verso luoghi più sicuri. “Sono persone la cui povertà è stata acuita dalla crisi economica in cui, da tempo, è caduto il Libano” afferma ancora padre Abboud, secondo il quale “l’impennata dell’inflazione non gli permette nemmeno di affrontare un semplice viaggio”. I vescovi, conclude padre Abboud, hanno alzato la voce “gridando che i libanesi non vogliono la guerra. Il conflitto genera solo dolore, angoscia e paura”.