Chiesa Cattolica – Italiana

Caritas Internationalis, il neo segretario: sguardo al futuro per far fronte alle crisi di oggi

Eletto ieri, 15 maggio, dai partecipanti all’Assemblea generale, Alistair Dutton incontra i giornalisti in Sala Stampa vaticana: “Concentriamoci sul lavoro straordinario dell’organizzazione nel mondo, il passato lo lasciamo al passato. Caritas deve uscire sempre più ‘fuori’: dobbiamo essere sporchi e feriti e farci evangelizzare dai poveri”

Linda Bordoni – Città del Vaticano

Caritas Internationalis guarda al futuro e il passato non ne cambierà la missione. È con queste parole che Alistair Dutton, ex direttore esecutivo della Caritas scozzese e da ieri neo segretario generale dell’organizzazione, si è presentato oggi ai giornalisti, in Sala Stampa vaticana, assieme al nuovo presidente monsignor Tarcisio Isao Kikuchi. I nuovi vertici, eletti dai partecipanti all’Assemblea generale a Roma, guideranno la Confederazione fino al 2027. “Siamo pronti a rispondere alle emergenze e promuovere lo sviluppo umano”, spiega Dutton a Vatican News – Radio Vaticana

Ascolta l’intervista in lingua originale ad Alistair Dutton

https://media.vaticannews.va/media/audio/s1/2023/05/16/15/137069540_F137069540.mp3

Alistair Dutton, lei ha ricevuto l’incarico in un momento cruciale per la famiglia Caritas. Con quale spirito e intento intraprende questo nuovo percorso nella Confederazione? 

Credo che quello che ho visto in quest’ultima settimana abbia dato il tono giusto. Quello che è successo negli ultimi mesi è stato scioccante per molti di noi. Non conoscevamo i dettagli e molti di noi avevano degli interrogativi. Ma quando ci siamo riuniti la scorsa settimana, c’è stato una verà volontà di capire, di sapere, seppur con dolore e frustrazione. Abbiamo bisogno di ritrovare la fiducia e la gioia che sono proprie della Caritas, e questo è lo spirito giusto. C’è stata un’atmosfera meravigliosa tra i delegati. Non ho avvertito alcuna tensione. Le persone hanno posto domande, hanno ammesso di essersi sentite “poco positive” ma, allo stesso tempo hanno detto di voler “guardare avanti e di volersi muovere verso il futuro”. Quindi, penso che abbia un senso cercare di assorbire tutto questo per poi andare avanti insieme e tornare al punto di partenza. E so che il Santo Padre, così come la Santa Sede, vogliono tutti che si raggiunga questo obiettivo. Quindi dobbiamo riunirci in un’unica famiglia Caritas, e tornare ai bei tempi, sappiamo di poterlo fare, di poter fare quel lavoro straordinario che l’organizzazione fa per portare l’amore di Dio nel mondo. Concentriamoci su questo e lasciamo il passato al passato.

Lei assume questo ruolo in un momento in cui ci sono molte crisi in tutto il mondo: Ucraina, Myanmar, Etiopia… Le avete prese in considerazione nel vostro piano strategico quadriennale per il futuro della Caritas? Come intendete affrontarle?

Il mondo cambia continuamente. Al momento, ad esempio, il focus è sul Sudan; a Natale scorso non lo avremmo mai immaginato, non era nel piano strategico. Ciò di cui abbiamo bisogno sono strutture e capacità. In questo modo, quando si verifica un caso come il Sudan, possiamo rispondere. O quando c’è l’Ucraina, sappiamo come rispondere. Il mondo è diventato più fragile. Le disuguaglianze sono molto più marcate. L’emergenza climatica sta colpendo in primo luogo i più poveri… In primo luogo e anche in peggio, perché sono coloro che hanno fatto meno per causarla. Poi ci sono i conflitti causati dall’uomo, che stiamo vedendo in tanti luoghi diversi. La Caritas ha un membro, un’organizzazione, in ognuno di questi Paesi. Quindi, anche se le cose da fare come Caritas sono molte, la cosa più bella è lavorare con ciascuno dei membri e l’Ucraina ne è un esempio meraviglioso. Lì abbiamo due membri, e questo per i diversi riti della Chiesa e ciò che queste due agenzie sono riuscite a realizzare in quel Paese è incredibile. Credo di poter affermare, e a ragione, che loro e la Croce Rossa sono la rete più grande di tutto il Paese per estensione e per quantità di lavoro che sono stati in grado di fare. Ciò che va chiesto ai cittadini ucraini è: di cosa avete bisogno? Di quale aiuto per ripartire? A volte si tratta anche di fornire competenze particolari, in modo da poter distaccare del personale per ricoprire dei ruoli e poi, ovviamente, ci sono flussi finanziari che permettono loro di farlo. La preghiera è una parte enorme di tutto questo e ogni volta che ci incontriamo sanno che siamo con loro. Ci sono quindi molti modi diversi in cui i membri di tutto il mondo sostengono l’Ucraina, e questo è ciò che si può fare in ogni situazione. Per chi è in un piccolo Paese è il modo per sentirsi parte di qualcosa, per poter fare qualcosa, e non necessariamente si tratta di Paesi ricchi, ma anche di quelli più piccoli che si sentono limitati, ma che però sanno che la Caritas è lì per loro.

Cosa prevede il vostro piano strategico quadriennale?

Cinque priorità: il rapporto con la Chiesa e il modo in cui lavoriamo a stretto contatto come parte della Chiesa; come rispondiamo alle emergenze; lo sviluppo umano integrale; il lavoro su diverse questioni di advocacy. E poi in ultimo, la costruzione delle capacità e il modo in cui ci assicuriamo che le nostre organizzazioni siano in grado di rispondere in caso di bisogno e di essere coinvolte come vogliono.

Papa Francesco ha lanciato più volte gli appelli per le persone dimenticate, per i conflitti dimenticati. Quanto è utile per voi nel vostro lavoro? Come lei diceva prima, siete l’organizzazione che dà voce ai dimenticati…

Il messaggio di Papa Francesco è di vera ispirazione per noi e per molti versi racchiude la nostra missione e il punto in cui tutti noi crediamo di dover essere. La Caritas deve essere in periferia. Non possiamo sentirci a nostro agio al centro. Dobbiamo essere “sporchi e feriti”. Dobbiamo avere lo sporco sotto le unghie e dobbiamo essere evangelizzati dai poveri. Dobbiamo uscire, andare e cercare dove ci guida lo Spirito Santo, e ascoltare davvero la voce di coloro che sono ai margini, che sono nelle periferie, che soffrono l’ingiustizia, perché dobbiamo ascoltarli per sapere come rispondere a loro. Non possiamo stare in begli uffici. Dobbiamo stare “fuori”…

Infine, c’è un appello che vorrebbe lanciare?

Sì. In ogni Paese c’è una Caritas e la Caritas è amore. Possiamo farlo solo grazie ai volontari e al personale di quel Paese. Vi preghiamo quindi di sostenere la vostra Caritas locale, sia con le preghiere, sia con il volontariato, sia con i fondi. In qualsiasi modo siate coinvolti, aiutateci a estendere l’abbraccio d’amore dalle vostre parti.

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