Pubblichiamo il testo dell’Introduzione del Cardinale Gualtiero Bassetti, Arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e Presidente della CEI, ai lavori della sessione invernale del Consiglio Episcopale Permanente, che si svolge a Roma dal 24 al 26 gennaio.
Cari Confratelli,
vi saluto di vero cuore, grato della presenza di ciascuno di voi e del lavoro che, insieme, porteremo avanti in questa sessione del Consiglio, a servizio del bene delle nostre Comunità e del nostro Paese. Rinnoviamo la nostra vicinanza a quanti stanno patendo, nel corpo e nello spirito, gli effetti della pandemia. In modo particolare ricordiamo quanti sono morti – veramente tanti – e i loro familiari. A tutti, soprattutto ai poveri e agli emarginati, assicuriamo la sollecitudine e l’affetto della Chiesa che è in Italia.
1. La prossimità dei nostri lavori alla celebrazione della III Domenica della Parola di Dio invita a riprendere un passaggio della Lettera Aperuit Illis, con cui Papa Francesco ha istituito questa giornata. «Ascoltare le Sacre Scritture – scrive il Santo Padre – per praticare la misericordia: questa è una grande sfida posta dinanzi alla nostra vita» (AI, n. 13).
L’ascolto è il tema portante di questa stagione della vita delle Chiese che sono in Italia e in particolare della prima fase del Cammino sinodale. Il Papa parla di un ascolto che parte dalla Parola di Dio «per praticare la misericordia», ovvero per uscire dal cortile dell’individualismo e avviarsi insieme verso gli orizzonti grandi della fraternità. Occorre, dunque, rivolgere orecchie e cuore a Gesù e ai fratelli. È il profilo del credente da far maturare in un tempo fortemente caratterizzato dalla paura… verso un virus, verso gli altri e, persino, verso la storia.
«L’uomo contemporaneo – affermava san Paolo VI – ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni». C’è urgente bisogno di testimoni credibili, che ascoltino la Parola di Dio «per praticare la misericordia», con coraggio e umiltà, aprendo la propria vita agli altri fratelli e alle altre sorelle. Per questo è significativo che il Papa abbia deciso che la Domenica della Parola di Dio si celebri proprio al termine della Settimana per l’unità dei cristiani. Nell’ambito ecumenico l’ascolto obbediente della Parola di Dio si traduce in un ascolto reciproco sincero, in accoglienza che prende forma nella custodia delle relazioni.
2. Il Cammino sinodale ci sta spingendo ad ascoltare di più i nostri fedeli, siano essi presbiteri, religiosi o laici. Anche tra loro vediamo annidarsi e talvolta manifestarsi, in modo scomposto, il segno tangibile della paura. Si coglie un timore profondo non solo per il presente, ma anche per il futuro. Molti, soprattutto tra i giovani, si sentono defraudati di qualcosa che invece sarebbe stato accordato ad altre generazioni del passato. Non mancano certo le ragioni di preoccupazione per la salute pubblica, per l’economia e, più in generale, per la tenuta sociale del Paese. Emerge una domanda che diventa grido di sofferenza e di aiuto: «Come vivere questo tempo?».
Certamente, con fede, con speranza e con carità.
Fede nella fedeltà del Padre che segue, passo dopo passo, i suoi figli e li sorregge anche quando il buio sembra infittirsi.
Speranza in Colui che ha teso il filo e domanda che ci si aggrappi ad esso per lasciarsi condurre nel quotidiano.
Carità che discende dall’Amore trinitario verso ogni persona e che l’aiuta a tendere la mano in totale disinteresse a chiunque ne abbia necessità.
Ascoltare la realtà, guidati dalle tre virtù, significa non affliggersi per ciò che ci si attendeva e che invece manca; per ciò che avremmo voluto fare e non possiamo più fare; per ciò che abbiamo sempre fatto e ora ci è impedito di fare. Il nostro “ascolto per la misericordia” deve partire dai suoni e dai rumori che ci sono, cioè dalla realtà concreta, che è sempre abitata dallo Spirito. Così, ascoltare la realtà con fede, speranza e carità può permettere alla comunità credente di sentirsi e di essere ancora responsabile e protagonista della fase storica attuale. Il Cammino sinodale sta generando sempre più entusiasmo nelle nostre comunità. Dopo pochi mesi, ci rendiamo sempre più conto di quanto sia buono, bello e giusto “camminare insieme”. E questa stessa condivisione permette di allargare il nostro sguardo alle sfide sociali e politiche che abbiamo davanti. Pensiamo, in modo particolare, ai giovani. Hanno molto colpito le parole del Presidente Mattarella nel messaggio di fine anno: i giovani «chiedono che il testimone non venga negato alle loro mani. Alle nuove generazioni sento di dover dire: non fermatevi, non scoraggiatevi, prendetevi il vostro futuro perché soltanto così lo donerete alla società». La scelta dell’Unione europea di proclamare il 2022 Anno europeo dei giovani dovrebbe dare slancio – almeno lo auspichiamo – a un’inversione di tendenza. Le statistiche sono indubbiamente preoccupanti: i figli stanno peggio dei genitori, i nipoti peggio dei nonni. In Italia la povertà cresce al diminuire dell’età. Oltre l’80% delle diocesi segnala la prevalenza di povertà e bisogni legati al mondo giovanile. I giovani forse sono i più colpiti dalla pandemia, ma possono anche essere gli artefici di questo “cambiamento d’epoca”, di questa inversione di tendenza. Lo dimostra la loro voglia di partecipazione e di impegno solidale che abbiamo riscontrato proprio in questo tempo di emergenza con l’arrivo di migliaia di nuovi volontari, sotto i 34 anni, nelle nostre reti Caritas. I giovani sono la primavera del Paese e del Continente. A noi il compito di accompagnarli e sostenerli; convinti che senza primavera non si va avanti. Sono certo di esprimere un pensiero condiviso: le nostre Chiese guardano al futuro e fanno affidamento sui giovani e sulla riserva di grande speranza che ciascuno di loro incarna, nei sogni di pace, giustizia, solidarietà e bontà. Avremo modo di toccare con mano questa ricchezza durante l’incontro di Papa Francesco con gli adolescenti italiani, in programma a Roma il 18 aprile 2022.
3. L’ascolto della realtà non è disincanto o esercizio astratto, ma è un dovere che interpella direttamente anche le responsabilità della politica. È il presupposto di ogni decisione ed è esso stesso un elemento che qualifica l’azione pubblica. Proprio oggi iniziano le votazioni per eleggere il Presidente della Repubblica. Il Parlamento in seduta comune saprà cogliere il desiderio di unità espresso dal Paese? Non possiamo che auspicarlo nell’interesse generale. Lo spirito unitario che anima la stragrande maggioranza degli italiani ha trovato finora un interprete coerente e disinteressato nella persona di Sergio Mattarella, il cui esempio di uomo e di statista si pone ora come un limpido punto di riferimento nelle scelte che devono essere compiute alla luce della Costituzione. A lui rinnoviamo il nostro saluto rispettoso e grato. Il desiderio comune di dialogo e di solidarietà, peraltro, nei giorni scorsi si è manifestato con un’ampiezza e una spontaneità confortanti intorno alla figura di David Sassoli, la cui vicenda terrena si è consumata così prematuramente. Sarebbe un’imperdonabile superficialità non dare ascolto a questo sentimento collettivo che trova il suo fondamento nel lascito umano e ideale di Sassoli. Nel suo impegno professionale e come uomo delle istituzioni europee, egli si è sempre speso per una società più solidale e più attenta ai bisogni dei giovani e degli ultimi, sostenendo in ogni sede la necessità di abbattere muri e costruire ponti.
Di questo c’è urgente bisogno in un momento in cui le tensioni e i conflitti si sono fatti particolarmente acuti anche vicino a noi. Non cediamo all’illusione di poterci difendere chiudendoci nei nostri confini, né pensiamo che ciò che accade nel bacino del Mare Nostrum sia qualcosa di cui possiamo disinteressarci. La situazione geopolitica internazionale sta precipitando: pensiamo, in modo particolare, all’Ucraina. Il Papa ha proposto che il 26 gennaio sia una giornata di preghiera per la pace. Come Chiesa in Italia, accogliamo questa proposta che vivremo, in modo collegiale, durante questa sessione del nostro Consiglio.
Non dimentichiamo che i Paesi più coinvolti nei conflitti gravitano di fatto intorno all’area del Mediterraneo. Per questo, la scelta di promuovere l’Incontro sul Mediterraneo che riunirà a Firenze, dal 23 al 27 febbraio, Vescovi e Sindaci di Paesi del Mare Nostrum – a due anni dalla prima edizione svoltasi a Bari -, va proprio nella direzione di una rinnovata attenzione e di un impegno di dialogo, fondamentali per costruire percorsi di fratellanza. Non possiamo voltarci dall’altra parte, perché la questione ci riguarda: gesti decisivi, come la firma del Trattato contro le armi nucleari, possono aprire grandi orizzonti.
4. Ormai dovremmo aver imparato che «tutto è connesso» e i nodi irrisolti, non esclusi quelli apparentemente lontani, producono conseguenze negative anche nella quotidianità della vita delle nostre famiglie. Basti pensare all’impatto della questione energetica sull’andamento dei prezzi. L’inflazione in crescita sta suscitando tanto allarme sociale anche perché, se non la si contiene entro limiti fisiologici, essa può diventare una forma occulta e iniqua di tassazione che colpisce soprattutto i redditi medio-bassi, i più esposti all’aumento dei prezzi al consumo. È giusto quindi che le Istituzioni mettano in campo i rimedi possibili a tutela dei più deboli, tanto più a fronte del vistoso incremento delle disuguaglianze provocato dalla pandemia.
La tutela delle persone fragili è un dovere non soltanto sul piano economico. In tempi come questi, la tentazione della “cultura dello scarto” si fa ancora più insidiosa e può creare il terreno favorevole all’introduzione di norme che scardinano i presidi giuridici a difesa della vita umana. Preoccupa, in questo senso, l’iniziativa referendaria che punta a liberalizzare l’omicidio del consenziente facendo leva su situazioni che richiederebbero ben altro tipo di risposte. È in queste situazioni di estrema fragilità che il nostro ascolto si fa accompagnamento e aiuto, necessari a ritrovare ragioni di vita. E pensando alla vita, non possiamo non parlare della questione legata ai vaccini per il Covid-19. In una società che voglia essere comunità, ciascuno deve farsi carico responsabilmente della salute di chi non può accedere a questo strumento di salvaguardia. È necessario quindi operare congiuntamente affinché, da un lato, si contribuisca ad estendere la copertura vaccinale personale; dall’altro ci si impegni per inviare i vaccini là dove mancano, con un meccanismo di dono autentico ai Paesi poveri.
Come Vescovi, dobbiamo sentirci interpellati da questo oggi di luci e ombre. Non possiamo stare a guardare. In questi anni ho potuto toccare con mano l’impegno dell’Episcopato italiano, ma credo che ora serva un qualcosa di più. Il come lo dobbiamo trovare insieme, facendo della nostra collegialità un luogo di fraterna condivisione per riscoprire, noi per primi, l’inaudito del Vangelo.
5. Cari Confratelli, rivolgiamo un pensiero paterno ai sacerdoti. Le nostre parole diventano una carezza e un sostegno: in questo tempo continuate a dimostrare la fedeltà al Signore, vivendo la vostra vocazione, pur immersa nelle molteplici difficoltà. Ho ancora davanti agli occhi la presenza di sacerdoti tra coloro che in questi due anni sono stati toccati dalla pandemia. Quanto bene avete diffuso e state diffondendo! Come Gesù siete stati vicini ai più deboli, a coloro che hanno lottato nella solitudine. Avete trasmesso spesso la tenerezza, avete accolto il dono dell’altro e, come Gesù, siete stati dono per tutti sulle strade del mondo. Avete asciugato le lacrime di chi chiedeva conforto, avete stretto le mani di chi non ce l’ha fatta e avete impartito la benedizione. Avete incoraggiato chi si è fermato per strada, chi ha svelato le proprie ferite: vi siete inginocchiati, talvolta, davanti alle fragilità e avete pregato insieme, per rendere tangibile l’amore eterno di Dio per l’umanità. Vi siete adoperati in ogni modo e in ogni tempo, facendo sperimentare al popolo affidatovi dal Signore, che poteva contare sempre su di voi. Nonostante le difficoltà reali, avete attinto dalla relazione con Dio in Cristo la forza per portare ovunque, animati dallo Spirito, annunci di gioia, di speranza, di senso, di prossimità.
Camminando nel quotidiano guidati dal Vangelo, vi siete lasciati accompagnare dalle donne e dagli uomini consacrati che, come voi, si sono impegnati nella Chiesa per il mondo a vivere con passione il Vangelo. Anche nei momenti più critici sono rimasti in trincea, per custodire e curare con voi, carissimi sacerdoti, il terreno per liberare l’umanità da tante sofferenze.
Un pensiero va anche alle laiche e ai laici che in questo tempo spesso si sono collocati in avamposto, impegnati su vari fronti, capaci di donare come Gesù anche la vita. Con sfumature diverse in ogni ambiente è stata sperimentata insieme l’esperienza reale della sinodalità. In molti casi è stata condivisa ora con l’azione, ora con la narrazione, l’esperienza della nostra vita con Dio.
Un saluto grato rivolgiamo ai medici e a tutti gli operatori sanitari, che come il Buon Samaritano, hanno incarnato e vissuto pienamente le dimensioni della cura, della custodia e dell’assistenza alla persona. Grazie a ciascuno di voi!
Bisogna considerare questo momento come tempo di grazia, per prendere in mano la nostra vita di credenti e viverla in pienezza insieme, sacerdoti, consacrati/e, laici, per aprire le nostre chiese e diventare cellule di vita sulle vie del mondo.
Solo camminando insieme sulle strade dell’umanità, possiamo annunciare e vivere il Vangelo. È ciò che ci muove nel nostro Cammino sinodale.
Affidiamo queste giornate di collegialità e comunione all’intercessione della Vergine Maria, del suo sposo Giuseppe e dei Santi e delle Sante Patroni delle nostre Chiese.