Chiesa Cattolica – Italiana

Carcere. Partita la Peregrinatio Crucis negli istituti del Lazio

Roberta Barbi – Città del Vaticano

Consolazione, misericordia, pace. Sono queste le tre parole chiave all’insegna delle quali è partita dalla casa circondariale di Regina Coeli a Roma la Peregrinatio Crucis, il viaggio attraverso gli istituti di pena del Lazio, della Croce della Misericordia, realizzata dai detenuti del carcere di massima sicurezza di Paliano, in provincia di Frosinone, che ospita solo collaboratori di giustizia e che Papa Francesco visitò nel 2017. L’impulso all’iniziativa, che copre tutto il periodo dell’Avvento e del Natale, viene dall’Ispettore dei cappellani delle carceri italiane, don Raffaele Grimaldi, e dalla condivisione di 250 di loro che quotidianamente offrono il proprio servizio e portano la Parola in questi luoghi caratteristicamente ai margini: “È un metodo di vicinanza pastorale della Chiesa verso il mondo recluso per offrire la gioia del Vangelo, la forza per rialzarsi e il coraggio di riprendere in mano la bellezza della libertà della vita con l’umiltà di riconoscere i propri errori e chiedere perdono a Dio Padre ricco di Misericordia”, scrivono.

Mantenersi Chiesa in uscita verso le periferie

È questo il compito della Pastorale penitenziaria e della Chiesa tutta, come dice Papa Francesco, e non c’è periferia più estrema, luogo più emarginato e dimenticato del carcere. Per questo la Croce farà visita a queste “periferie esistenziali” portando con sé l’annuncio della Salvezza, ma anche per ascoltare le voci del silenzio che rimbomba nei corridoi vuoti e incrociare gli sguardi persi delle persone che affollano le carceri. Sono persone che spesso non sono assistite nella difesa, non hanno più famiglia né casa, tantomeno un lavoro dignitoso. Non hanno un’occasione di futuro.

Chiesa in cammino e sinodalità

Ed eccole le altre due parole chiave dell’iniziativa. Bisogna essere Chiesa in cammino, cioè – nell’interpretazione che ne danno i cappellani – comunità aperta ai bisogni dell’altro, del fratello chiunque esso sia, per donargli un orizzonte di futuro e non spegnere in lui la fiammella della speranza. Un futuro che passa inevitabilmente attraverso il passato, attraverso “l’umiltà di riconoscere i propri errori e di chiedere perdono a Dio Padre ricco di misericordia”. Una liberazione del cuore dalle catene dell’indifferenza che vale anche per i condannati a via secondo la formula del “fine pena mai”.  

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