Francesca Sabatinelli – Città del Vaticano
La perfetta umanità di Gesù Cristo, “il più bello tra i figli dell’uomo”, su questo si focalizza il “primissimo piano” della seconda predica di Quaresima del cardinale Raniero Cantalamessa.
Il porporato rileva come oggi la Chiesa sia minacciata da un pericolo mortale, quello di vivere “etsi Christus non daretur”, cioè vivere come se Cristo non esistesse, una massima di vita tipica del pensiero moderno, illuminista. Ed è questo, spiega, il “presupposto con cui il mondo e i suoi mezzi di comunicazione parlano tutto il tempo della Chiesa”. La realtà è che della Chiesa interessano storia, organizzazione, fatti e pettegolezzi, ma “a stento si trova nominata una volta la persona di Gesú”, che non entra né nel dialogo tra fede e filosofia, né tra fede e scienza, né nel dialogo interreligioso. Ecco che, quindi, si preannuncia un importante rischio:
Nella preoccupazione – per altro, giustissima – di rispondere alle esigenze e alle provocazioni della storia e della cultura, noi corriamo il pericolo mortale di comportarci, anche noi credenti, “etsi Christus non daretur”. Come se si potesse parlare della Chiesa prescindendo da Cristo e dal suo Vangelo.
Il cardinale Cantalamessa riprende le parole pronunciate dal Papa all’udienza generale del 25 novembre scorso, quando Francesco, nel citare le quattro coordinate della vita ecclesiale – ascolto dell’insegnamento degli apostoli, custodia della comunità reciproca, frazione del pane e preghiera – ricordava che “l’esistenza della Chiesa ha senso se resta saldamente unita a Cristo”. Di qui la scelta del predicatore di “dedicare le meditazioni quaresimali alla persona di Gesù Cristo”:
Qual è allora l’utilità di scegliere questo tema? È che qui si parlerà solo di lui, come se esistesse solo lui e valesse la pena di occuparsi solo di lui (che è poi, in definitiva, la verità!).
L’intento all’origine della scelta del tema non vuole essere apologetico, chiarisce Cantalamessa, bensì spirituale. Non si parla quindi “per convincere i non credenti che Gesú Cristo è il Signore, ma perché egli divenga sempre più realmente il Signore della nostra vita, il nostro tutto”: sarà questo, oltretutto, il mezzo migliore di fare evangelizzazione.
Il predicatore pontificio non manca di chiarire che Colui di cui si parla è il Cristo dei Vangeli e della Chiesa:
Possiamo parlare di un triangolo dogmatico su Cristo: i due lati sono l’umanità e la divinità di Cristo e il vertice l’unità della sua persona.
Cristo è, quindi, “Dio e uomo nello stesso tempo; meglio nella stessa persona” è questo il “dato certo e incontrovertibile” che qualsiasi cosa si dica su Cristo deve rispettare.
Cristo uomo perfetto
Cosa significa tutto ciò applicato al dogma della perfetta umanità di Cristo? Il Nuovo Testamento è più interessato “della santità di essa, che della verità o realtà di essa, cioè più della sua perfezione morale che della sua completezza ontologica”, è più interessato ad affermare che Gesù è l’uomo nuovo, più che l’uomo vero. Gesù è l’uomo al quale tutti gli altri uomini devono somigliare:
Una volta messo al sicuro il dato dogmatico e ontologico della perfetta umanità di Cristo, oggi noi possiamo tornare a valorizzare questo dato biblico primario. Dobbiamo farlo anche per un altro motivo. Nessuno oggi nega che Gesù sia stato un uomo, come facevano i docetisti e gli altri negatori della piena umanità di Cristo. Si assiste anzi a un fenomeno strano e inquietante: la «vera» umanità di Cristo viene affermata in tacita alternativa alla sua divinità, come una specie di contrappeso.
La santità di Cristo
Quella di Gesù non è una santità astratta, una deduzione metafisica, ma una santità reale. Le Beatitudini, autoritratto di Gesù, sono un esempio della vita e della sua esperienza che egli svela ai discepoli che, così, entrano nella sua sfera di santità che, oltre alla costante adesione alla volontà del Padre, presenta anche l’assoluta mancanza di ogni peccato. L’assenza di colpa è uno stile di vita che si riflette in tutto e che trasuda da tutto il Vangelo:
Una tale sicurezza, una tale esclusione di peccato, come quella che si nota in Gesù indicherebbe sì un’umanità eccezionale, ma eccezionale nell’orgoglio, non nella santità. Una coscienza così fatta o è in se stessa il più grande peccato mai commesso, più grande di quello di Lucifero, o è invece la pura verità. La risurrezione di Cristo è la prova concreta che era la pura verità.
Santificati in Cristo Gesù
La sorpresa per gli uomini è che Gesù regala loro la sua santità, lui stesso è la santità degli uomini. Attraverso il battesimo, Gesù trasmette ciò che ha e ciò che è. La fede aiuta ad accogliere questo dono, a farne esperienza vissuta e non soltanto creduta. È la fede che aiuta ad appropriarsene è la “fede che fa il colpo di audacia e che fa fare il colpo d’ala alla nostra vita cristiana”.
Dalla appropriazione, conclude il predicatore, si deve poi passare alla imitazione, ma non senza prima compiere quel salto nella fede “che ci apre alla grazia di Dio”. Di qui il consiglio di domandarsi quale cosa piacerebbe a Gesù che noi facessimo e poi farla:
Sapere qual è la volontà di Gesú è più facile che sapere in astratto qual è “la volontà di Dio” (anche se le due cose di fatto coincidono). Per conoscere la volontà di Gesú non dobbiamo fare altro che ricordare ciò che dice nel Vangelo. Lo Spirito Santo è lì, pronto a ricordarcelo.