L’osservatore permanente della Santa Sede all’Onu è intervenuto al Forum politico di alto livello sullo sviluppo sostenibile promosso a New York dal Consiglio economico e sociale: vanno attuate strategie di ristrutturazione del debito che diano ai Paesi in via di sviluppo «lo spazio fiscale necessario per investire nelle loro popolazioni
L’Osservatore Romano
Se le tendenze attuali continueranno, solo un terzo dei Paesi del mondo avrà dimezzato la povertà nazionale entro i prossimi sei anni, come previsto dagli obiettivi per lo sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 dell’Onu. E la «scandalosa realtà» è che l’impegno di affrontare gli aspetti «multidimensionali» della povertà è «fuori dalla portata» di molti Paesi in via di sviluppo»», costretti a «dirottare risorse preziose verso il rimborso di debiti insostenibili». È quanto evidenziato ieri dall’arcivescovo Gabriele Caccia, osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite, al Forum politico di alto livello sullo sviluppo sostenibile promosso a New York dal Consiglio economico e sociale. Ribadendo come la povertà rimanga «la più grande sfida globale che dobbiamo affrontare», monsignor Caccia ha evidenziato come tale piaga non riguardi «solo le risorse finanziarie» delle persone bensì si manifesti «in una varietà di forme che richiedono un approccio integrale», allineando «le misure basate sul denaro con politiche globali che affrontino le privazioni non monetarie vissute quotidianamente da milioni di persone», istruzione, sanità, protezione sociale.
Esiste infatti, ha messo in luce, una «notevole disparità» tra la percentuale di spesa pubblica destinata ai servizi essenziali nelle economie avanzate e quella nelle economie emergenti e in via di sviluppo. È quindi «imperativo» intraprendere un’azione «radicale e trasformativa» sul debito. Ricordando gli appelli del Papa alle nazioni più benestanti, perché «stabiliscano di condonare i debiti di Paesi che mai potrebbero ripagarli», l’osservatore permanente ha citato ad esempio «l’attuazione di strategie di ristrutturazione del debito» che forniscano ai Paesi in via di sviluppo «lo spazio fiscale necessario per investire nelle loro popolazioni».
Al contempo, l’arcivescovo Caccia ha constatato come si riscontrino oggi «livelli allarmanti di fame e malnutrizione in tutto il mondo». Crisi economiche, cambiamenti climatici e conflitti aggravano le vulnerabilità di milioni di persone, «allontanando la visione di un mondo senza fame». Negli sforzi per affrontare tale contesto emergenziale — ha proseguito — rimane «centrale» il ruolo svolto dagli attori non statali, tra cui la Chiesa cattolica, che attraverso numerose organizzazioni, iniziative e associazioni di beneficenza è presente sul campo «anche, ma non solo» attraverso la distribuzione di pasti quotidiani. Tuttavia, un affidamento a soluzioni a breve termine è inadeguato, ha rimarcato, soffermandosi sulla necessità di «agire con un rinnovato senso di urgenza» per alleviare la fame e anche per trasformare i sistemi alimentari e garantire «sostenibilità, resilienza ed equità» nella produzione e nella distribuzione del cibo.