Chiesa Cattolica – Italiana

Cabrejos: il Sinodo non è un evento, deve diventare un modo di essere ecclesiale

L’America Latina e i Caraibi stanno concludendo la fase continentale in preparazione all’assise del prossimo ottobre. Il presidente del Celam parla di “un grande risultato” e di un metodo che deve essere esteso: “Nonostante le lingue diverse ci siamo capiti tutti”

Luis Miguel Modino

La tappa continentale del sinodo sulla sinodalità è stata vissuta in America Latina e nei Caraibi attraverso quattro assemblee regionali, alle quali ha partecipato il vescovo Miguel Cabrejos, presidente del Celam, il Consiglio episcopale latinoamericano e caraibico. Analizzando questo processo, Cabrejos afferma innanzitutto che “la sensazione di tutto il popolo è che si stia vivendo veramente e concretamente un kairos, un tempo di grazia, guidato dallo Spirito di Dio, perché altrimenti non si capirebbe come è stato realizzato questo lavoro”. Il presidente del Consiglio episcopale latinoamericano e caraibico ricorda che “la Segreteria del Sinodo ha affidato a noi il compito di portare avanti la tappa continentale”. Il Celam è da tempo diviso in quattro regioni: quella centroamericana e messicana (Camex), la bolivariana, il Sud ed i Caraibi e ogni regione raggruppa diverse conferenze episcopali. Il presule peruviano sottolinea che “questo processo di sinodalità si è deciso di portarlo avanti di persona in ognuna delle regioni”, per questo può essere definito “un pellegrinaggio sinodale ecclesiale”.

Un vero spirito di comunione

“Ecclesiale perché il popolo di Dio è stato rappresentato in piccolo”, sottolinea il presidente del Celam, evidenziando che tra i 406 partecipanti alle quattro assemblee c’erano “laici, laiche, religiosi e religiose, diaconi, sacerdoti, vescovi, ecclesiastici”. Inoltre ricorda che il lavoro “è stato sinodale, abbiamo camminato insieme, abbiamo sentito insieme, ascoltando le opinioni, le preoccupazioni e anche i contributi, è stato un vero cammino sinodale”. Monsignor Cabrejos evidenzia che “c’è stato un vero spirito di comunione, perché ci siamo capiti tutti nonostante le differenze linguistiche”, dato che nei Paesi che fanno parte della Celam si parla spagnolo, portoghese, inglese e francese, “ma alla fine, nonostante le diverse lingue, ci siamo capiti tutti”. La partecipazione di tutte le conferenze episcopali è dunque “un grande risultato”. Ponendo l’attenzione sulla guida dello Spirito di Dio nel processo, ribadisce che “lo Spirito soffia dove vuole, quando vuole e come vuole”, insistendo sul fatto che “non sarebbe certamente possibile se lo Spirito di Dio non fosse in mezzo a noi”.

Ambiente spirituale

Un processo che “si è sviluppato in un clima spirituale, c’è stata la preghiera, c’è stata l’Eucaristia, anche la liturgia ben realizzata, la ricchezza liturgica interculturale, con espressioni proprie”, aggiunge. In questo contesto un grande aiuto è arrivato dal “metodo della conversazione spirituale, un metodo particolare, speciale, ma che ha aiutato il processo”. Un processo che “si è sviluppato in un clima spirituale, c’è stata la preghiera, c’è stata l’Eucaristia, c’è stata la liturgia ben fatta, la ricchezza liturgica interculturale, con espressioni proprie”, sottolinea. Per il presidente del Celam “il metodo della conversazione spirituale, quel metodo che è particolare, speciale, ma è il metodo che ci permette di ascoltarci l’un l’altro senza pregiudizi, senza preconcetti e in modo quasi orizzontale. Ci permette di ascoltare ciò che Dio vuole per la sua Chiesa, per tutti”. Insieme a questo prezioso metodo, ricorda che “è stato praticato il discernimento comunitario, che, come alcuni dicono, si è un po’ perso nella Chiesa. Prima di prendere una decisione, ascoltare, discernere comunitariamente e poter agire”. Tutto questo ha condotto ad “un discernimento comunitario in tutti i gruppi, in tutte le regioni, ecclesialmente”.

Attenzione alle periferie

Riconoscendo che non si è trattato di grandi numeri, Cabrejos ricorda che c’è stata una partecipazione dalle periferie geografiche ed esistenziali, menzionando la presenza di popoli indigeni, persone di origine africana e persone vulnerabili. Per quanto riguarda i giovani, sottolinea l’importanza del Sinodo digitale, con la partecipazione di due influencer in ogni regione “in modo che possano spiegare in cosa consiste il Sinodo digitale, come funziona, che crediamo sia una porta sul mondo, per i giovani, una delle porte oltre alla presenza”. Fondamentale inoltre “il ruolo, il ruolo delle donne e la loro partecipazione nella Chiesa, un tema persistente. Non solo la partecipazione in senso generico, ma la partecipazione ai processi decisionali”.

Una strada senza ritorno

“I partecipanti sono consapevoli che non si può tornare indietro nel cammino sinodale che è stato intrapreso”, aggiunge il vescovo peruviano. Da qui emerge come “si sta attuando, si sta accentuando un nuovo modo di essere Chiesa sinodale”, che considera fondamentale. Sottolinea anche le conferenze stampa tenute in tutte le assemblee, “dove sono state date informazioni a seconda della regione”, tenendo conto delle sfumature e dei problemi regionali. Un processo che deve continuare ad essere esteso, ripete, perché “non può essere considerato come un evento, è stato organizzato, è stato realizzato e muore, deve essere una continuità, la tenda deve essere estesa”, che vede come un metodo, come una forma, molto importante. In questo senso, il presule ribadisce che “si è accentuata la corresponsabilità di tutti, corresponsabilità per la grazia del Battesimo, anche nell’aspetto ministeriale”. Emerge così la “presenza del Papa, perché America Latina è molto chiaro ciò che insegna la Gaudium et spes, Francesco è il principio di unità, di comunione nella Chiesa”, ponendo l’accento sul fatto che “in America Latina la gente ama il Papa”. Per questo motivo, afferma di credere che “abbiamo attraversato un processo di cammino insieme, ecclesialmente, sinodalmente, in comunione con il vescovo di Roma. 

Una scuola di sinodalità

Non possiamo dimenticare che la sinodalità, più che un’idea, è un modo di essere Chiesa, ed il Celam può essere considerato una scuola di sinodalità, come la Prima Assemblea Ecclesiale dell’America Latina e dei Caraibi o la Conferenza Ecclesiale dell’Amazzonia (Ceama), realtà su cui Cabrejos pone l’attenzione, dicendo che “il Celam vuole essere una scuola di sinodalità, ma questa scuola di sinodalità non è nuova, esiste da Rio de Janeiro, Medellín, Puebla, Santo Domingo, Aparecida. C’è uno spirito sinodale, di camminare insieme, si è sempre fatto”. Il vescovo peruviano ricorda allora come questa sinodalità “si è espressa molto di più nell’Assemblea ecclesiale, una questione senza precedenti che il Papa ha voluto e che è stata realizzata, non compiutamente, perché sono emersi dei punti che sarebbero dovuto essere realizzati, ma per la maggior parte la proiezione c’è stata”. Per quanto riguarda l’Assemblea ecclesiale, afferma che “è stato un grande ascolto del popolo di Dio, un processo assembleare, alcuni testi per la riflessione, un processo post-assembleare e, insieme a questo, tutto ciò che è stato organizzato con la Conferenza ecclesiale dell’Amazzonia”. L’Amazzonia è allora “una delle espressioni sinodali, ma c’è anche il Repam, il Remam, il Regchag, tutti processi che il Celam ha fatto e sta facendo ora, ancora di più con questa visita in loco di discernimento comunitario in tutte le regioni del Consiglio episcopale latinoamericano e caraibico.

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