Marco Guerra – Città del Vaticano
Resta complessa la situazione in Burkina Faso, dove lo scorso 24 gennaio i militari hanno compiuto un colpo di Stato e deposto il presidente Roch Marc Christian Kaboré. Il potere è stato assunto ad interim dal Paul-Henri Sandaogo Damiba, militare quarantunenne salito alla guida del Movimento patriottico per la salvaguardia e la restaurazione. Il golpe è stato accolto con favore da diversi settori della popolazione poiché il presidente Kaboré, salito al potere dal 2015 e rieletto nel 2020, non è riuscito a fare progressi nella lotta ai jihadisti che imperversano nel Paese africano e che hanno finora provocato più di 2000 morti e, secondo le organizzazioni umanitarie, più di un milione e mezzo di sfollati.
La lotta ai jihadisti e integrtà territoriale
Rilanciare alla lotta contro i gruppi integralisti che colpiscono da anni il Paese è l’impegno lanciato mercoledì dal nuovo capo delle forze armate durante la cerimonia del suo insediamento. Il colonnello David Kabré ha chiesto a tutte le unità “di impegnarsi in una nuova impresa con me, per dare nuovo impeto alla battaglia contro il terrorismo nel nostro Paese”. “La mia presa del comando coincide con una situazione della sicurezza gravemente peggiorata e contrassegnata dalla ripresa degli attacchi terroristici in diverse parti della nazione”, ha proseguito Kabré, aggiungendo che la sua priorità è “ripristinare l’integrità territoriale”. Il colonnello 54enne ha parlato di “precisi meccanismi per pianificare, condurre e coordinare le operazioni”, sottolinenando che le azioni saranno “rimodellate in direzione dell’offensiva”. Kabré è stato nominato lo scorso 4 febbraio in sostituzione del generale Gilbert Ouedraogo, diventato molto impopolare tra i soldati per la sua gestione della lotta contro gli islamisti arrivati dal Mali nel 2015.
Crescono profughi e sfollati interni
Nelle ultime sei settimane è anche ripreso l’afflusso di profughi e sfollati in fuga dalle violenze. L’Unhcr riferisce che, dallo scorso maggio, circa 7000 burkinabé sono arrivati nel nord-ovest della Costa d’Avorio e che in queste ultime settimane una media di 100 persone al giorno ha attraversato il confine. L’Agenzia dell’Onu per i rifugiati ha registrato e fornito assistenza a oltre 4000 di loro. Nel 2021, circa 19.200 burkinabé sono fuggiti nei vicini Costa d’Avorio, Mali, Niger e Benin, un aumento del 50% rispetto all’anno precedente. In totale più di 34mila persone sono ora in esilio nella regione. In Burkina Faso profonda è anche la crisi di sfollati interni: nel 2021 il loro numero è cresciuto del 50%, superando 1,5 milioni di persone. una realtà specchio del deterioramento complessivo della sicurezza in tutto il Sahel, in cui ampie parti sono diventate inaccessibili alle agenzie umanitarie che cercano di sostenere circa i 2,5 milioni di persone costrette a fuggire dalle loro case. La crisi climatica e l’insicurezza colpiscono soprattutto le popolazioni delle aree rurali che si spostano verse le città sotto il controllo del governo.
Padre Motta: nella capitale c’è una calma relativa
“Diciamo che c’è una relativa normalità, dopo la prima settimana dal golpe anche le scuole funzionano regolarmente però la giunta militare ha sospeso tutte le cariche amministrative, i comuni non hanno amministrazioni. Ora la giunta militare ha chiesto a varie realtà civili di nominare dei rappresentati ‘saggi’ che dovranno assumere l’amministrazione provvisoria delle varie istituzioni”, riferisce padre Paolo Motta, missionario della Comunità di Villaregia presente nella capitale del Burkina Faso, Ouagadougou.
Inflazione fuori controllo
Il religioso riporta anche la preoccupazione del popolo per la sospensione del Paese dalla Comunità economica degli Stati dell’Africa Occidentale (Ecowas): “Se chiudono le frontiere e gli scambi commerciali sarà ancora più difficile, la crisi sanitaria è stata superata ma ora si sente il peso dell’inflazione sulle materie prime, qui l’edilizia è una voce importante dell’economia. Poi c’è l’aumento del prezzo delle derrate alimentari dovuto alla scarsità delle piogge”.
Più famiglie assistite dalla Caritas
Padre Motta conferma poi che il tema della sicurezza rimane una delle sfide più importanti, “molti sperano – sottolinea – che il solo fatto che siano saliti i militari al potere spaventi i terroristi. I militari non hanno scrupoli contro i gruppi jihadisti ma al momento è cambiato poco”. Il religioso racconta anche dell’aumento degli sfollati interni che dovuti alla crisi climatica e alimentare: “Si cominciano a consumare le scorte in magazzino e il costo del cibo è aumentato per la minore produzione, a questo si aggiunge il fatto che la gente cerca la sicurezza nelle zone urbane. Vediamo che con la Caritas Locale aiutiamo più famiglie dello scorso anno”.