Il caso di Giada Canino, la ballerina paralimpica presa di mira dagli hater online, riaccende i riflettori sull’tema del bullismo. Vincenzo Vetere, fondatore dell’Associazione Contro il Bullismo Scolastico ODV: “Le vittime portano le conseguenze del bullismo con loro per anni, anche da adulti”
Beatrice D’Ascenzi – Città del Vaticano
Le competizioni, le medaglie, la gioia che prova quando balla. Giada è una campionessa paralimpica di danza sportiva, va molto fiera dei suoi successi agonistici che la porteranno a rappresentare l’Italia ai Giochi mondiali Special olympics di Torino nel 2025. Da mesi però la ragazza, ipovedente e con la sindrome di Down, è bersaglio di volenza verbale e insulti inviati da sconosciuti che si nascondono dietro l’anonimato per deriderla su TikTok, dove la giovane atleta è seguita da oltre 13mila persone. Una vicenda che ha fatto il giro del web grazie al video che Giada e suo padre hanno pubblicato su Facebook in cui si rivolgevano a gli haters che si accaniscono contro la ragazza. Il bullismo – digitale e non – è una realtà sempre più presente nella quotidianità di tantissimi giovani. A Vatican News Vincenzo Vetere, fondatore di ACBS – Associazione Contro il Bullismo Scolastico ODV ha illustrato le dimensioni del fenomeno: “Storie come quelle di Giada sono molto più frequenti di quello che ci si aspetta. La nostra più grande preoccupazione è che l’età dei ragazzi coinvolti negli atti di bullismo è sempre più bassa.”
Un fenomeno in aumento
“Con l’associazione diamo ai ragazzi ciò che non abbiamo ricevuto noi quando andavamo a scuola”, spiega il fondatore di ACBS. “Il bullismo è un fenomeno in aumento, anche perché gli strumenti sono diversi: un tempo il luogo principale in cui avveniva era la scuola e gli ambienti sportivi, adesso è internet. Fortunatamente se ne parla di più e i ragazzi stanno iniziando a denunciare”. L’Associazione contro il bullismo scolastico nasce proprio dall’esperienza di Vetere che, dopo aver subito atti di bullismo, ha deciso di creare uno spazio in grado di aiutare le vittime. “Sfortunatamente non esiste una bacchetta magica per debellare il fenomeno”, spiega, “l’unica cosa che si deve fare è parlarne e far capire alle vittime che non sono loro la causa del problema. Non bisogna mai sminuire il fenomeno ma prendere in considerazione tutti quei segnali che una vittima di bullismo lancia. La cosa che ci colpisce tanto è che ci confrontiamo sempre con strutture scolastiche dove ci fanno capire che all’loro interno il fenomeno non esiste e in realtà alla fine di ogni convegno salta fuori qualche caso”.
Quando la violenza arriva dietro a uno schermo
“La diffusione preoccupante del cyberbullismo è connessa all’uso spropositato degli smartphone e all’età di utilizzo è sempre più bassa”. Racconta il presidente dell’associazione: “Dobbiamo far capire ai ragazzi che ciò che scrivono rimane per sempre online. La vittima poi ha la tendenza di rileggere compulsivamente tutto ciò che gli hanno inviato, sentendosi sempre più sola. Ci vorrebbe un’educazione concreta sul tema, che porti i ragazzi a una maggiore consapevolezza e una coesione tra insegnati e genitori per fermare il fenomeno”. Tenendo conto anche di tutti i fattori che spingono un soggetto alla violenza, come spiega Vincenzo Vetere. “Il bullo è così perché qualcuno gli ha dato la possibilità di diveltarlo, è la conseguenza di una serie di situazioni che lo hanno reso tale. Noi consideriamo come bulli anche tutte le persone che lo incitano o non fanno nulla per aiutare chi sta subendo. Lavoriamo tanto sugli spettatori perché sono loro che possono cambiare l’andamento della situazione”.
Le ripercussioni a lungo termine
Il senso di inadeguatezza, il disagio nelle relazioni e il senso di impotenza sono conseguenze che le vittime portano con loro le per anni, cicatrici invisibili che accompagnano la vittima anche nell’età adulta. Una realtà con cui Vetere e la sua associazione si interfacciano quotidianamente: “L’insicurezza, la paura nel prendere decisioni, sono ripercussioni che un ragazzo o una ragazza si porta dietro nel mondo del lavoro. In associazione ci contattano anche adulti che hanno subito bullismo, magari 30-40 anni fa, e ci raccontano quello che è successo loro ai tempi della scuola. Questo fa capire che nonostante siano passati decenni soffrono ancora per quello che hanno vissuto in gioventù”.