Buddisti e cristiani insieme per guarire le ferite dell’umanità

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Messaggio del Dicastero per il Dialogo Interreligioso in occasione della festa del Vesak 2023: la compassione offerta senza discriminazioni è la cura che sana i mali di ogni persona

Alessandro De Carolis – Città del Vaticano

Un mondo vulnerabile in troppi modi – povertà, violenze, schiavitù, odio religioso e nazionalistico – e modi per alleviarne le sofferenze dettati da una sensibilità religiosa, che si traduca nell’esercizio della karuna, la compassione verso tutti gli esseri secondo il Buddha, o dell’agape, l’amore disinteressato portato e insegnato da Cristo. Il Dicastero per il Dialogo Interreligioso impernia sulla consonanza tra questi due stili il messaggio per la festa del Vesak, quella in cui i buddisti celebrano la nascita, l’illuminazione e la morte del loro maestro.

Il potenziale che cura

La maggiore capacità di comunicazione del mondo globalizzato di oggi, si legge nel messaggio, “ci ha reso consapevoli che i problemi che affrontiamo non sono isolati, ma sono il risultato di tensioni e mali che coinvolgono tutta l’umanità”. “Gravi ferite” che mietono vittime ovunque ledendo persone nella loro dignità e “mettono dolorosamente a nudo la nostra comune vulnerabilità”. Qui, prosegue il testo, possono incidere le tradizioni religiose, che hanno un “potenziale” e sanno “offrire rimedi” in grado di curare quelle ferite, “delle nostre famiglie, delle nostre nazioni e del nostro pianeta”.

“Karuna” e “Agape”

La karuna, si ricorda nel messaggio, viene descritta dal Buddha capace di trasformare la persona che ne sia “interamente informata”, ovvero “con la mente accompagnata dalla compassione”, soffusa dovunque “illimitata, senza inimicizia, senza cattiva volontà”. Coloro che “dimorano con la mente accompagnata dalla compassione – si legge nel messaggio – offrono un antidoto alle crisi globali che abbiamo menzionato, offrendo una compassione completa in risposta a mali diffusi e interconnessi”.

In modo analogo l’agape cristiana è un amore che, in quanto dono d’amore divino, “rende simili, crea uguaglianza, abbatte i muri e le distanze”, spinge a comportarsi come il samaritano del Vangelo, che fascia le ferite dell’uomo vittima dei briganti. Papa Francesco, si ricorda, più volte ha esortato “a servire gli altri con compassione” concretamente e non astrattamente, con un amore che “è grazia, generosità, desiderio di prossimità, e non esita a donarsi e sacrificarsi per le creature amate”. L’invito che chiude il messaggio è a lavorare “insieme per costruire un mondo più giusto, pacifico e unito, contribuendo “alla guarigione delle ferite della società e della Terra, la nostra casa comune”.