Fabio Colagrande – Città del Vaticano
“L’accesso universale all’assistenza sanitaria rimane ancora un miraggio”. Lo ha ricordato il Papa lunedì 10 gennaio agli ambasciatori accreditati presso la Santa Sede nel tradizionale discorso di inizio anno. Dopo aver ribadito l’importanza di un’efficace campagna vaccinale a livello globale, il Papa ha rivolto un appello ai Governi e agli enti privati, “in un momento così grave per l’umanità”, affinché elaborino risposte coordinate alla pandemia, attraverso nuovi modelli di solidarietà e rafforzando le capacità dei Paesi più bisognosi. In particolare, Francesco ha chiesto agli Stati di adottare politiche che garantiscano a tutti l’accesso “a strumenti diagnostici, vaccini e farmaci”. Sul tema è intervenuto ai microfoni di Radio Vaticana – Vatican News, Luigino Bruni, ordinario di Economia Politica all’Università Lumsa di Roma e responsabile scientifico di “Economy of Francesco”.
Nel recente discorso al Corpo diplomatico, come si è sviluppato il magistero del Papa sulle sfide della pandemia?
Dall’inizio del marzo 2020 faccio parte della task force Economia della Commissione vaticana Covid-19 voluta da Papa Francesco, quindi ho seguito, passo dopo passo, la crescente preoccupazione e azione del Pontefice per questa pandemia. Il Papa, da subito, ha ricordato che per un male globale ci vuole un’azione globale. Credo che poche volte nella storia la visione nazionalistica si sia rivelata totalmente miope come sta avvenendo durante questa crisi. Di fronte alle ultime varianti del virus che arrivano dai Paesi più poveri, si rivela irrealistica l’idea che chiudendoci nella nostra fortezza, nella nostra città o nel nostro Paese, possiamo raggiungere l’immunità di gregge. Ci si illude che il nostro piccolo gregge nazionale sia il gregge mondiale, mentre l’unica immunità di gregge possibile è quella del pianeta.
Francesco, anche in questo caso, ha insistito sull’importanza di immunizzare quanto possibile la popolazione…
È vero. Ma vorrei anche far notare che guardando e studiando i discorsi del Papa sulla pandemia pronunciati in questi ultimi due anni, si nota che negli ultimi mesi c’è stata la presa di coscienza che il vaccino è sì fondamentale ma non è l’unica soluzione a questo problema. In Europa, negli Stati Uniti, siamo già alla terza dose e tra un po’ dovremo fare la quarta. Quindi oggi, con la velocità con cui si evolve il virus, immaginare che l’unica soluzione per combatterlo possa essere vaccinare tutti e sette i miliardi di persone che ci sono nel mondo diventa complesso. Bisogna iniziare ad aprire altre prospettive. Il vaccino rimane una grande strada, soprattutto dove è possibile farlo, però credo che si cominci a immaginare anche qualcosa di un pochino più articolato e più complesso sul fronte delle cure. Come si fa ad attivare in tutto il mondo un’infrastruttura vaccinale efficace in tutti e cinque i continenti? Questo è un immenso tema pratico, di cui il Papa è ben cosciente. Quindi andiamo avanti con i vaccini, ma organizziamoci anche con i farmaci che possono curare il virus, perché la strategia del vaccino non è oggi l’unica possibilità per sconfiggere un virus che varia così velocemente su tutto il pianeta. Comunque, quello che interessa soprattutto a Francesco è affermare che non possiamo continuare a ragionare in termini nazionalistici, ma ci vuole un’azione globale e mondiale, perché la pandemia è un male globale, cui bisogna rispondere con un bene comune globale.
Papa Francesco ha auspicato un impegno complessivo della comunità internazionale affinché tutta la popolazione mondiale possa accedere in egual misura alle cure mediche e ai vaccini…
Se noi fossimo in un mondo senza vincoli è ovvio che il vaccino sarebbe la soluzione migliore, ma siccome esistono dei vincoli pratici e logistici nel breve periodo servono soluzioni che funzionino, oltre a quelle ideali. Quindi si capisce che nei prossimi mesi, laddove non è possibile raggiungere tutti i continenti, dovremmo mettere in atto una combinazione di vaccini e di cure. Pensiamo a quanto sia ardua una vaccinazione a tappeto, per tutte le varianti, in tutta l’Africa, in tutta l’Asia, in Cina, in India. Il buon senso e la ragion pratica, che hanno sempre contraddistinto la Chiesa, portano a dire che la strategia deve essere: vaccino più cure. Purché sia una strategia globale, inclusiva, non legata soltanto al reddito. Oggi ci stiamo accorgendo infatti che i Paesi ricchi, possono essere ricchi quanto vogliono ma rimangono molto vulnerabili se non affrontano un problema come la pandemia su scala globale. Questo è il grande messaggio di questa crisi pandemica: la ricchezza dei singoli, delle Nazioni, è insufficiente per gestire un problema così complesso e così diffuso.
Oltre al problema dei brevetti e dei monopoli c’è anche l’aspetto dei profitti delle multinazionali…
Non ci dimentichiamo che nel secondo dopoguerra, in una civiltà ancora meno avanzata rispetto alla nostra in termini di diritti umani, ci fu un intervento per ridistribuire gli enormi profitti delle imprese che avevo fatto i soldi con le armi. Il fatto che noi oggi non immaginiamo qualcosa di analogo per i profitti dei vaccini e delle cure legate al Covid, mi sembra davvero molto poco etico ed equo.