Si tratta del progetto di Pausa Cafè, la cooperativa sociale che da anni gestisce il forno interno alla casa di reclusione San Michele di Alessandria. Il grano importato dal Paese est-europeo, in carcere si trasforma in farina e bontà che vengono venduti anche per finanziare l’autonomia dei piccoli produttori
Roberta Barbi – Città del Vaticano
Quando gli ultimi si occupano degli ultimi, c’è da scommettere che ne uscirà fuori qualcosa di buono. E nel caso del progetto “Bread for peace”, che attraverso la cooperativa Pausa Cafè coinvolge i detenuti fornai del carcere di Alessandria, quel qualcosa oltre a essere buono è anche caldo e fragrante, perché si parla di pane, grissini e farina. “Abbiamo dieci panettieri che impastano pane biologico realizzato con lievito madre, che poi viene consegnato in oltre 60 punti vendita aderenti della rete Novacoop che è partner del progetto”, racconta con soddisfazione a Vatican News Marco Ferrero, presidente di Pausa Cafè.
Dalla parte della sicurezza alimentare
Il grano dall’Ucraina – finora 46 tonnellate – viene importato da un unico fornitore, poi lavorato in Italia dai detenuti panettieri e parte del ricavato è quindi reinvestito in Ucraina. Per ogni confezione di grissini o di farina, ad esempio, 30 centesimi vengono utilizzati per acquistare sementi e attrezzature a sostegno di 72 produttori della zona di Leopoli. In questo modo si garantisce la sicurezza alimentare sia a loro sia alle famiglie sfollate nell’area, provenienti da Lugansk e dalle altre zone di guerra. “A noi piace chiamarla solidarietà circolare – dice Ferrero – perché poi proprio quei produttori locali diventeranno fornitori di alimenti freschi e di qualità per chi ne ha bisogno”.
Solidarietà e sostegno: parole chiave anche in carcere
Non è la prima volta che il forno del San Michele, gestito da Pausa Cafè, si impegna per il prossimo: “Il sostegno a chi sta peggio di noi, l’aiuto, sono concetti fondamentali anche quando si è in carcere – continua il presidente – dobbiamo ricordare, infatti, che i reclusi sono persone private della libertà, ma solo di quella, non della loro umanità o dell’empatia, perciò possono e devono essere considerati non solo oggetti, ma anche possibili soggetti di solidarietà”. Il progetto è ora entrato nella cosiddetta fase di auto-aiuto e, nel corso dell’ultima missione di Pausa Cafè in Ucraina, è stato presentato al governatore Maksym Kozytskyy; nella stessa circostanza, in occasione della prima distribuzione di beni, è stato anche offerto un pranzo conviviale agli sfollati di Lugansk presenti nel centro di raccolta di Leopoli.
Aiuto ai profughi
Dall’inizio del progetto, con missioni prima in Polonia e poi nella stessa Ucraina, “Bread for peace” ha contribuito a far uscire dal Paese martoriato dalla guerra oltre 150 persone che oggi sono ospitate in Italia. “Adesso il nostro desiderio è diffondere quanto più possibile il progetto – conclude Ferrero – sarebbe bello, ad esempio, che tutto il pane presente nelle scuole o negli uffici pubblici del Piemonte fosse pane solidale come il nostro… no?”.