Bonifacio VIII e l’idea del primo Giubileo

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Maria Milvia Morciano – Città del Vaticano

1° gennaio 1300. È sera. Tra le strade di Roma si leva un brusio che diventa sempre più forte. C’è tanta gente che corre, cammina veloce: va verso la Basilica di San Pietro. Uomini e donne animati dalla speranza, ansiosi di arrivare in fretta. Giunti sul posto, attendono. Il brusio diventa clamore. I romani chiedono che il Papa elargisca un’indulgenza plenaria.

Testimone oculare

Sulle origini del Giubileo abbiamo un testimone d’eccezione: Jacopo Caetani degli Stefaneschi, cardinale che vide e visse il primo Anno Santo della storia cristiana, quello del 1300 indetto da papa Bonifacio VIII, e ne scrisse nella sua opera, il De centesimo seu iubileo anno liber.
Stefaneschi fu canonico a San Pietro, poi cardinale diacono di San Giorgio al Velabro. Conosciamo anche il suo volto, effigiato nel polittico che porta il suo nome, commissionato, insieme ad altre opere andate perdute, all’artista più importante del suo tempo, Giotto. Il polittico è un capolavoro e probabilmente destinato all’altare maggiore della Basilica di San Pietro.

Giotto di Bondone e aiuti, Polittico Stefaneschi: lato verso, particolare del cardinale Jacopo Caetani Stefaneschi mentre offre lo stesso polittico a San Pietro, tempera su tavola, 1320 ca. ©Musei Vaticani

Il cardinale era uomo coltissimo, ricco e potente che fu al servizio prima di Celestino V, poi di papa Bonifacio VIII. Visse a cavallo di due secoli e scrisse alcune opere a carattere storico-cronachistico. Ed è seguendo il suo racconto che possiamo ricostruire l’eccezionalità del momento e spiegare in trasparenza i processi sociali e culturali che ne determinarono la nascita.

Ascolta l’intervista al professor Agostino Paravicini Bagliani

La cronaca dell’indizione del Giubileo

Il professor Agostino Paravicini Bagliani, storico e antropologo culturale, ci accompagna a rivivere quell’anno memorabile: “Il testo di Stefaneschi è molto importante perché fu testimone oculare. Abbiamo la fortuna di avere il suo resoconto nel quale il cardinale annota la data: è il 1º gennaio del 1300. Il passaggio da un secolo all’altro fa nascere nel popolo l’idea che il Papa avrebbe potuto elargire una indulgenza plenaria”, dice Paravicini, che continua: “I romani sul far della sera corrono verso la Basilica di San Pietro: sono in attesa dell’indulgenza. Questo è il punto di partenza. Bonifacio VIII non si trova nella basilica di San Pietro ma risiede nel palazzo Papale che all’epoca è ancora al Laterano. In quel giorno non succede niente”. Vi è una grande attesa. Alcuni giorni dopo, il 17 gennaio, c’è un’altra manifestazione importante del popolo romano, la processione della Veronica, cioè del volto di Cristo impresso sul velo porto dalla donna incontrata lungo la salita al Calvario, reliquia che era venerata nella Basilica di San Pietro, ricorda il cardinale Stefaneschi nelle sue memorie. “Durante quella processione, alla presenza del Papa, di nuovo si solleva un gran fervore popolare per richiede un’indulgenza plenaria. Bonifacio VIII comincia a fare delle investigazioni, cerca di sapere se c’è stato un altro Giubileo prima del 1300. Stefaneschi ce lo racconta in modo preciso: il Papa fa fare delle indagini e negli archivi non trova nulla, ma lo stesso a un certo punto decide”, conclude il professor Paravicini.

Arnolfo di Cambio e bottega, Papa Bonifacio VIII e due profeti, 1296-1310, marmo bianco; la collocazione originaria doveva essere sulla facciata della cattedrale di Firenze, Sala del Paradiso, ©Museo dell’Opera del Duomo di Firenze

Un sentimento emotivo diventa strumento canonico

Questa è la grande operazione di Bonifacio VIII: capire che c’era un’aspettativa, un fervore popolare che richiedeva l’indulgenza plenaria. Il Papa trasforma questo sentimento emotivo in un vero e proprio strumento canonico: il Giubileo viene indetto una prima volta al Laterano e una seconda volta, in modo più ufficiale, il 22 febbraio, giorno della festa della cattedra di San Pietro. Dal 22 febbraio del 1300 fino all’inizio dell’anno successivo si svolge il Giubileo, il primo cristiano. Si tratta di una grande operazione spirituale ed ecclesiale che testimonia la grande capacità di Bonifacio VIII di aver saputo fornire uno strumento, di aver saputo calare l’aspettativa popolare in un concetto ben preciso che confluisce, appunto, nel Giubileo”, conclude lo storico Paravicini. In ogni cambiamento di secolo si provocano timori, speranze, aspettative e soprattutto voglia di cambiamento, nasce il desiderio di rinnovarsi, di purificarsi, di ripartire da zero. All’alba del 1300 tutto questo si traduce in questa “invenzione”.

Giotto di Bondone, Bonifacio VIII indice il Giubileo dalla Loggia di San Pietro, strappo di affresco, 110×100. San Giovanni in Laterano, Roma

Il ruolo degli Apostoli Pietro e Paolo

Con la bolla del Giubileo del 22 febbraio, l’Antiquorum Habet Fida Relatio, i fedeli avrebbero potuto godere della indulgenza plenaria dopo aver visitato le due grandi basiliche di San Pietro e di San Paolo. “Ed è interessante questo”, dice Paravicini, “perché Pietro e Paolo sono i due apostoli romani per eccellenza, sui quali si fonda anche l’autorità pontificia, il papato stesso, e dunque ha un carattere anche profondamente simbolico. Questa duplice presenza di Pietro e Paolo, nel primo Giubileo di Bonifacio VIII, sovrasta ogni cosa. All’inizio i fedeli dovevano recarsi soltanto in queste due basiliche e il suo significato non è una riduzione ma al contrario mette in evidenza la grande autorità dei due apostoli Pietro e Paolo”.
La bolla, infatti, recita:

“…accederanno alle suddette Basiliche con riverenza e veramente pentiti e confessati, ed a quelli che veramente si pentiranno in questo presente centesimo anno ed in qualunque anno centesimo avvenire, non solo pieno ed assai largo, ma anzi assai pienissimo perdono dei loro peccati. Stabiliamo che coloro i quali vogliano essere fatti partecipi di simile indulgenza da Noi concessa accedano alle suddette Basiliche, se saranno romani almeno per trenta giorni continui od intercalati ed almeno una volta al giorno; se poi saranno pellegrini o forestieri facciano allo stesso modo per quindici giorni”.

Arnolfo di Cambio, Monumento sepolcrale di Bonifacio VIII, fine XIII secolo, Sacre Grotte Vaticane, Città del Vaticano

Cifre simboliche

Bonifacio VIII è il Papa del cambiamento di secolo. Lui ha in mente il numero 100, una cifra simbolica molto importante. Del resto il Giubileo tecnicamente viene definito come il “Giubileo del centesimo anno”. Il Papa nella bolla ordina che i Giubilei futuri sarebbero stati celebrati ogni cento anni. Il giubileo giudaico ebraico cadeva, secondo l’Antico Testamento, ogni 50 anni, ma Bonifacio VIII non lo prende a modello e ne propone uno centenario. Di fatto questa decisione del Pontefice non viene mantenuta perché già nel 1350, seguendo appunto il ritmo dell’Antico Testamento dei giubilei ebraici, si celebra il secondo giubileo cristiano, solo cinquant’anni dopo il 1300. Siamo all’epoca del papato ad Avignone. Il Papa che indice il Giubileo del 1350 è Clemente VI e anche lui lo fa rispondendo a una supplica dei romani che lo chiedono in quella data.

I momenti salienti del primo Anno Santo

Il professor Paravicini passa a illustrare i momenti salienti dell’anno giubilare: “Nel corso del primo Giubileo, Bonifacio VIII opera quattro celebrazioni pubbliche: il 22 febbraio – se non si tiene conto di quella precedente al Laterano – una seconda celebrazione il giovedì Santo, la terza il 18 novembre e ancora un’ultima all’inizio del 1301. Sono dunque relativamente poche le cerimonie pubbliche anche perché il 1300, forse a causa di motivi legati alla salute di Papa Bonifacio VIII, è l’anno in cui il Papa passa più tempo fuori di Roma, nella sua città natale Anagni. È curioso ma è un dato di fatto: il 1300 è un anno ‘poco romano’ per Bonifacio VIII. Subito dopo il giovedì Santo parte e si reca ad Anagni e  l’ambasciatore aragonese che ci ha lasciato molte note importanti per l’epoca anche perché era un testimone oculare. Infatti, il 2 novembre, l’abate di Foix scrive a Federico III re di Aragona: “Il Papa e tutti i cardinali stanno bene; il Papa, anzi, da tre anni non è mai stato in così buona salute come ora”. Da queste parole, nota il professor Paravicini, “capiamo che molto probabilmente Bonifacio VIII era stato per molto molti mesi fuori di Roma ritirandosi nel palazzo della sua città natale forse per motivi di salute. Si attesta il suo ritorno in occasione della cerimonia del 18 novembre, festa della dedicazione delle basiliche di San Pietro e di San Paolo. Questo ci dice anche della grande importanza delle due feste degli apostoli romani”.

Un evento non programmato

Durante i Giubilei c’è sempre stato un enorme afflusso di pellegrini. La storia durante i Giubilei ci dimostra la necessità di costruire o ampliare gli edifici e in particolare delle basiliche. Sappiamo che era necessario apportare modifiche alla viabilità. Durante il Giubileo di Bonifacio VIII però non sembra ci siano state opere edilizie. Secondo il professor Paravicini, per motivi documentari legati a un’epoca relativamente antica, “si può dire che l’anno giubilare attirò moltissimi fedeli da tutta Europa. Certamente non è possibile quantificare nemmeno a titolo di ipotesi il numero dei fedeli arrivati a Roma. Di certo è stato un grande avvenimento per la città, ma opere edilizie non ci sono state perché fu un evento non programmato. Bonifacio VIII fu quasi preso di sorpresa. Il 1º gennaio ancora non sapeva se ci sarebbe stato un Giubileo. La decisione arrivò tra il 1º gennaio e il 22 febbraio, per cui grandi opere urbanistiche non erano possibili. C’è un solo esempio, ma non è del tutto sicuro, che è la famosa Loggia che Bonifacio VIII fece costruire sul Palazzo Vaticano, in cui vi era un’iscrizione che fu poi letta all’inizio del Seicento da eruditi romani, secondo cui sarebbe stata costruita nell’anno 1300. Ed è una delle ragioni per cui è stata messa in relazione con il Giubileo, ma obiettivamente non è del tutto sicuro”, conclude Paravicini.
Traccia di alcuni provvedimenti disposti per favorire la circolazione della folla enorme che giungeva a Roma e che letteralmente si accalcava per le vie in direzione della Basilica di San Pietro proviene da un personaggio illustre, Dante Alighieri, che fu a Roma come pellegrino dell’Anno Santo. Nell’Inferno (XVIII 28-33) paragona il doppio senso di marcia dei dannati a quello dei pellegrini che andavano o tornavano da San Pietro passando il ponte nei pressi Castel sant’Angelo:

…Come i Roman, per l’esercito molto,
L’anno del Giubileo, su per lo ponte
Ànno a passar la gente modo colto;
Che dell’un lato tutti ànno la fronte
Verso il castello, e vanno a Santo Pietro,
Dall’altra sponda vanno verso il monte.

Il Volto Santo di Manoppello

Il velo della Veronica

Durante i Giubilei, le reliquie hanno giocato un ruolo fondamentale e il velo della Veronica è certamente il più famoso, che attirava a San Pietro i pellegrini, come prova tangibile della passione di Cristo, sul luogo santo dove la tradizione individuava il luogo del martirio e della sepoltura dell’apostolo Pietro. Nel 1300, secondo Paravicini, la Veronica non ebbe un ruolo particolare nel suggerire a Bonifacio VIII la creazione del concetto proprio di Giubileo e di indulgenza plenaria. Nel corso del Trecento e naturalmente poi del Quattrocento l’immagine della Veronica ebbe una diffusione grandissima, sia riprodotta su pergamena che poi naturalmente attraverso stampe. “La diffusione della Veronica negli ultimi secoli del Medioevo e in epoca moderna è senza dubbio legata ai Giubilei ma non particolarmente a quello del 1300. Non ci sono molte altre reliquie, anche perché il Giubileo è legato alle due basiliche di San Pietro e di San Paolo. Quest’ultima, in particolare, non ha un legame preciso con reliquie di grande popolarità. La più importante è nella Basilica di San Pietro ed è la Veronica, ma all’inizio non c’è questo legame forte, perlomeno le fonti non l’attestano. Naturalmente nel corso dei secoli e soprattutto dei Giubilei successivi è evidente che le reliquie romane giocassero un ruolo molto importante”, conclude Paravicini.

Roma nuova Gerusalemme

“Bonifacio VIII è stato indotto a creare questo grande strumento spirituale del Giubileo cristiano forse anche perché qualche anno prima, nel 1291 con la caduta di San Giovanni d’Acri, si conclude almeno per quel periodo il grande sogno delle crociate e in un certo senso Roma con il Giubileo cristiano diventa una nuova Gerusalemme, acquista una nuova centralità all’interno dell’ambito spirituale. E credo che la coincidenza tra la fine delle crociate medievali, con la caduta di San Giovanni d’Acri, e la fine del Regno di Gerusalemme, sia un passaggio estremamente importante” nota Agostino Paravicini.

Pellegrini giungono a Roma, illustrazione del manoscritto “Cronache” di Giovanni Sercambi, XIV, Archivio di Stato, Lucca

L’importanza dei numeri nel mondo medioevale

Il professore riflette che “Si può ancora aggiungere che Bonifacio VIII sapeva, per lo meno Stefaneschi lo sa e lo dice, di essere stato il duecentesimo Papa. E forse anche questo simbolismo dei numeri da un lato, l’anno centenario, dall’altro il fatto di essere il duecentesimo Papa, ha contribuito, molto, anche perché i simbolismi e i numeri simbolici contano molto nel Medioevo e il fatto che abbia deciso che i Giubilei futuri avrebbero dovuto avere un ritmo centenario è forse legato anche al fatto che lui occupava il numero 200 nella successione apostolica nella serie legittima dei Papi, dei pontefici romani”.