La Conferenza episcopale del Paese latinoamericano, dove sono in corso accese polemiche su alcuni vecchi e nuovi scandali, annuncia un maggiore e più puntuale impegno per prevenzione, comunicazione trasparente e collaborazione con la giustizia. A La Paz la visita dell’officiale della Dottrina della Fede, monsignor Bertomeu, tra i maggiori esperti di questioni legate agli abusi
Salvatore Cernuzio – Città del Vaticano
In Bolivia, dove sono in corso da settimane accese polemiche sui casi di abusi da parte del clero, i vescovi hanno annunciato giovedì 25 maggio in conferenza stampa la creazione di due Commissioni nazionali: una per l’ascolto delle vittime e una d’inchiesta per determinare le responsabilità e rendere visibile ciò che è accaduto nei casi di abuso sessuale. Il tutto con un obiettivo: lavorare per la prevenzione e dare alle famiglie la certezza che i minori siano al sicuro negli ambienti della Chiesa.
La vicenda di padre Pica
Nel Paese sud-americano la questione abusi tiene banco sui media e nell’opinione pubblica a seguito della diffusione della vicenda del gesuita Alfonso Pedrajas, più noto come “padre Pica”, morto nel 2009. Il quotidiano spagnolo El Pais ha pubblicato il diario ritrovato da un nipote del religioso, nel quale egli stesso confessava di aver abusato di almeno 85 minori e adolescenti, la maggioranza nella scuola Juan XXIII di Cochabamba della quale era direttore. Dopo quella rivelazione, il superiore della Compagnia di Gesù in Bolivia ha chiesto perdono per il dolore arrecato e assicurato lo svolgimento approfondito di un’inchiesta. Oltre a questo, una decina di giorni fa il procuratore generale boliviano, Juan Lanchipa, ha reso noto di aver ricevuto otto denunce di casi di abusi commessi da sacerdoti, in quattro diversi dipartimenti della Bolivia, e che su di essi sono già in corso inchieste della giustizia.
La visita di padre Bertomeu
In questo clima, è giunto nella capitale La Paz lo scorso 22 maggio, monsignor Jordi Bertomeu Farnós, officiale del Dicastero per la Dottrina della Fede, tra i maggiori esperti in questioni legate agli abusi del clero, già inviato del Papa nel 2018 insieme a monsignor Charles Scicluna in missione in Cile per far luce sui casi di abusi sessuali da parte del clero. La visita era stata annunciata sempre dai vescovi, i quali specificavano in una nota di aver richiesto loro stessi la presenza di un delegato vaticano già “tre anni” fa per analizzare “i progressi compiuti nel campo della cultura della prevenzione” ed esprimere “profonda vicinanza a quanti sono stati vittime della piaga degli abusi nella Chiesa”. L’arrivo di Bertomeu non era strettamente collegato ai recenti scandali, precisavano inoltre i vescovi, smentendo notizie di presunti commissariamenti.
Il mea culpa dei vescovi
Anche giovedì scorso, durante la conferenza stampa, i vescovi boliviani hanno fatto riferimento alla visita dell’officiale della Dottrina della Fede in un comunicato pubblico letto dal segretario generale della Conferenza episcopale (Ceb), monsignor Giovani Arana, accompagnato da María Beysabel Espinoza, responsabile della Pastorale familiare. Nel documento, l’episcopato boliviano si rivolge a vittime, famiglie, comunità ecclesiale, facendo un “mea culpa” per il fatto che questi fedeli, invece di ricevere protezione e assistenza, “hanno trovato una Chiesa sorda alla loro sofferenza”.
I vescovi sottolineano inoltre che l’abuso sessuale va contro l’essenza stessa della Chiesa e, riconoscendo che gli sforzi compiuti finora sono “insufficienti”, assicurano di fare tutto il possibile per accompagnare e cercare di offrire riparo e assistenza alle vittime, con il supporto di professionisti specializzati. Annunciato poi il lavoro sulla prevenzione e su una comunicazione trasparente circa progressi compiuti, oltre all’impegno a collaborare con le autorità civili nelle indagini che vengono svolte per chiarire i fatti e per un’amministrazione trasparente della giustizia.
Lettera del presidente Arce
Il 22 maggio scorso, il presidente Luis Arce aveva scritto una lettera a Papa Francesco nella quale chiedeva accesso della giustizia locale “a tutti gli archivi, documenti e informazioni riguardanti le denunce e le storie di abusi sessuali commessi da sacerdoti e religiosi cattolici in territorio boliviano”.