Chiesa Cattolica – Italiana

Biodiversità e clima: le sfide del 2021 e l’impegno della Chiesa

Gabriella Ceraso – Città del Vaticano 

Rilanciare una “diplomazia verde” ostacolata dal Covid -19, una pandemia che ha evidenziato i pericoli del degrado ambientale. Questo lo scopo della videoconferenza che si è svolta ieri a Parigi, il “One Planet Summit”, dedicata alla biodiversità, e chiusa con l’impegno di oltre 50 Paesi a proteggere il 30% di acque e terre emerse nel prossimo decennio e a sostenere un progetto contro la desertificazione nel Sahel. Troppo poco, criticano le ong e gli attivisti. Il presidente francese Macron non nasconde i fallimenti registrati finor,a ma incita a fare di più e meglio per la biodiversità che regola la sopravvivenza dell’umanità e protegge dalle epidemie. Al centro dei lavori anche il Mediterraneo con la promessa di una cooalizione di 6 Paesi a tutela dell’eccessivo inquinamento e sfruttamento del Mare nostrum. Serve fare di più e in modo globale, hanno detto nei loro interventi Cina e Onu, dopo la pandemia – hanno rimarcato – niente deve essere come prima. E se Germania, Norvegia e Regno Unito si sono impegnate per la protezione delle foreste tropicali, la Commissione Ue, che vanta il Green Deal, ha promesso più dei 700 milioni di euro già raccolti per la “grande muraglia verde” contro la desertificazione del Sahel.

Un segnale positivo sicuramente il summit lo ha dato, dice il segretario esecutivo del Movimento Cattolico per il clima Tomas Insua, ed è relativo all’aver iniziato a capire il legame stretto e importante che c’è tra crisi ambientale e crisi della biodiversità e ad afrontarle come un unico grande problema. Nelle sue parole anche l’importanza dell’anno appena iniziato e il ruolo della Chiesa nella lotta ai cambiamenti climatici:

Ascolta l’intervista a Tomas Insua

R. – Il Summit è stato significativo perché solo un paio di settimane fa è stato il quinto anniversario dell’Accordo di Parigi per combattere la crisi climatica e, allo stesso tempo quest’anno, attendiamo il vertice Cop15 in Cina, specificamente sulla biodiversità. Dunque, per la prima volta incominciamo a collegare crisi climatica e crisi della biodiversità, due temi importanti della Laudato si’. L’Amazzonia ne è un esempio molto chiaro e particolarmente importante alla luce del sinodo, nel senso che la distruzione della foresta amazzonica contribuisce al cambiamento climatico, e, allo stesso tempo, la crisi climatica in se stessa, quindi la diffusione di CO2, contribuisce alla distruzione dell’Amazzonia. Quindi è importante questo passo di cominciare a collegare queste due crisi, affrontarle insieme come una grande unica crisi. Sappiamo che i governi non stanno facendo abbastanza e allora abbiamo bisogno di maggiori pressioni da parte dell’opinione pubblica inclusa la Chiesa.

Il ” Nessuno si salva da solo” che il Papa ci ha insegnato a ripetere in questi tempi, vale anche per l’ambiente e le sue creature?

R. – Assolutamente sì, siamo tutti sulla stessa barca e su questo pianeta nell’immenso universo che abbiamo di fronte a noi,  siamo tutti insieme: se distruggiamo questa casa comune ne perderemo tutti.

Uno degli argomenti di questo Summit è stato anche il Green Wall, un progetto di lotta alla desertificazione che prevede il coinvolgimento delle popolazioni locali. Quanto è importante il fattore locale nella crisi ambientale?

R. – Il coinvolgimento delle popolazioni e delle comuinità indigene locali è fondamentale, perchè ogni crisi globale, per quanto estesa possa esser, ha sempre la sua risoluzione a livello locale. Dobbiamo quindi proteggere i nostri ecosistemi, ridurre a zero la produzione di CO2 e gas serra, ma farlo sempre a partire dalle situazioni nostre e dal nostro ambiente.

Come fare a tradurre in realtà e a dare concretezza a questo tipo di Summit? La Chiesa ha un ruolo?

R. – La Chiesa ha un ruolo a diversi livelli. Da una parte a livello globale, con la Santa Sede che porta la voce della Chiesa universale nei contesti internazionali, porta il messaggio della Laudato si’ e della Dottrina sociale. Ma c’è anche nella Chiesa tutto l’apporto necessario della Chiesa locale, dove, come abbiamo detto si trovano anche le soluzioni ai problemi. Come direbbe Benedetto XVI:  la Chiesa ha una responsabilità verso il creato e deve affermare questa responsabilità nella sfera pubblica, deve proteggere l’umanità dell’autodistruzione, deve parlare di questi temi, deve far conoscere la sua posizione ai governi e alle organizzazioni.

C’è un augurio, una sottolineatura, che vuole fare per il 2021 che avrà tanti appuntamenti importanti in tema di ambiente?

R. – Ci sono due cose da ricordare: l’anno Laudato si’ che il Papa ha indetto e che finisce a maggio e la chiusura sarà significativa anche nel senso di un bilancio, e poi c’è il Tempo del Creato, un tempo molto speciale per mettere in pratica quanto serve all’ambiente. Questi due momenti saranno un’opportunità per provare noi tessi a vivere e mettere in pratica i messaggi della Laudato si’.  Abbiamo tanto lavoro da fare. Il mio auguruio per questo nuovo anno è proprio questo: cominciare a vivere la Laudato si’ e approfondirla con l’urgenza che la crisi della nostra casa comune richiede.

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