Una riflessione su “Fiducia supplicans”, il documento recentemente pubblicato dal Dicastero per la Dottrina della Fede sul senso pastorale delle benedizioni
di Rocco Buttiglione
La Dichiarazione Fiducia supplicans del Dicastero per la Dottrina della Fede costituisce un autentico sviluppo pastorale solidamente ancorato nella tradizione della Chiesa e nella sua teologia morale. Il cardinale prefetto del Dicastero, Víctor Manuel Fernández, saviamente fa precedere la Dichiarazione da una breve presentazione in cui spiega, fra le altre cose, quello che la Dichiarazione non è: non è un via libera al matrimonio gay e non è un cambiamento della dottrina della Chiesa per cui i rapporti sessuali fuori del matrimonio sono sempre materia grave di peccato. Non cambia nulla, allora? No, cambia molto, è quasi una rivoluzione. Nella storia della Chiesa ogni autentica rivoluzione è però anche contemporaneamente un ritorno all’origine, alla presenza missionaria di Cristo nella storia dell’uomo.
La situazione di partenza che la Dichiarazione ha in mente è quella di una coppia “irregolare” che chiede una benedizione. Per sgomberare il campo da ogni equivoco immaginiamo che la chieda non ad un sacerdote ma ai genitori. La dareste voi questa benedizione? Io la darei. Non benedirei i rapporti sessuali irregolari ma benedirei la cura dell’uno per l’altro, il sostegno che si prestano nella vita, il conforto nel dolore e la compagnia davanti alle difficoltà. L’amore non è mai sbagliato, il sesso invece talvolta lo è. Nella vita di questa coppia il bene e il male sono così strettamente intrecciati che non è possibile separarli con un taglio netto. Se una mia figlia fosse in una situazione così io la benedirei e certo pregherei Dio di separare Lui nel cammino della vita il bene dal male di quella relazione facendo di essa una tappa nel cammino verso la verità. Dio scrive diritto su righe storte. Credo che qualunque padre farebbe la stessa cosa e non vedo come un prete, se davvero ha cuore di padre per i membri della sua comunità, possa fare diverso.
Certo, c’è il pericolo dello scandalo. C’è il pericolo che nel popolo fedele di Dio i più poveri e più deboli siano tratti in inganno e non capiscano più che cosa è il matrimonio e perché il sesso fuori del matrimonio è sbagliato. È un problema reale e che non va sottovalutato: è proprio per questo che il cardinale Fernández ha sentito il bisogno di fare le sue osservazioni preliminari. Certo, sarebbe più facile fare i conti con questo problema se non ci fossero commentatori che invece di offrire chiarimenti seminano confusione e sfiducia. Se tutte le pecore sono al sicuro nell’ovile il pastore si limita a difendere contro i lupi la porta dell’ovile. Ma se molte sono fuori e sono perdute allora deve andare a cercarle e questo comporta rischi e pericoli. La Dichiarazione è la risposta ad una urgenza pastorale specifica del nostro tempo.
Chi chiede una benedizione, nel caso che stiamo considerando, sa di fare qualcosa che la Chiesa non approva, anzi proibisce. Vuole però affermare un legame, una appartenenza. Una appartenenza ribelle ma comunque una appartenenza. La Chiesa spegnerà questo lucignolo fumigante o, per quanto possibile, lo manterrà in vita?
Quando io ero giovane (forse mezzo secolo fa) era del tutto impossibile immaginare questa situazione. Gli omosessuali non chiedevano il matrimonio, non si volevano sposare. Consideravano matrimonio e monogamia come forme di oppressione della società borghese e reclamavano il sesso libero e la separazione fra sesso e amore. Meglio: pensavano che il sesso fosse reale e l’amore solo una illusione. Un ripensamento all’interno dei movimenti omosessuali è iniziato forse con l’AIDS (la monogamia è la migliore difesa contro l’AIDS) ma è poi andato molto al di là di questo. Il sesso non è semplicemente una piacevole ginnastica: ha una tendenza naturale a coinvolgere in profondità la persona, ha bisogno di essere regolamentato, di svolgersi in un contesto normativo. Da alcuni anni assistiamo alla ricerca a tentoni di una ri/regolamentazione dei rapporti sessuali, di un ripensamento del sesso all’interno di un rapporto personale, perfino di una riscoperta dell’amore. È in questo contesto che nasce anche la domanda del matrimonio gay, inaccettabile in sè (come chiaramente il cardinale Fernández conferma) ma spia di un disagio e di una ricerca, a cui la Chiesa deve dare una risposta adeguata.
Nel sinodo è emersa la preoccupazione di diverse chiese nazionali a confronto con questi fenomeni. C’è stata un confronto teso in cui ciascuno ha esposto liberamente le proprie ragioni e lo sforzo, al di là delle contrapposizioni ideologiche, di ascoltare lo Spirito e di discernere cosa viene da Lui e cosa invece dal Maligno. Questa dichiarazione offre una prima risposta, insieme coerente con la tradizione ed aperta al nuovo.