Chiesa Cattolica – Italiana

Benedetto XVI, Odifreddi: io ateo lui Papa, una grande esperienza di dialogo

Michele Raviart – Città del Vaticano

Credenti e non credenti hanno ambedue bisogno l’uno dell’altro: “l’agnostico non può essere contento di non sapere se Dio esiste o no, ma deve essere in ricerca e sentire la grande eredità della fede; il cattolico non può accontentarsi di avere la fede, ma deve essere alla ricerca di Dio, ancora di più, e nel dialogo con gli altri ri-imparare Dio in modo più profondo”. Le parole di Benedetto XVI rivolte ai giornalisti il 26 settembre 2009 durante il volo verso la Repubblica Ceca testimoniano in maniera chiara il valore che il Papa emerito ha sempre dato al dialogo con il mondo dei non credenti.

Da quest’attenzione nacque nel 2011 l’intuizione del “Cortile dei Gentili” per favorire l’incontro e il dialogo tra credenti e non credenti e la nascita di rapporti personali con intellettuali estranei al cristianesimo e al mondo religioso. Tra questi il matematico Piergiorgio Odifreddi, già docente di logica all’università di Torino e saggista, che con Benedetto XVI ha pubblicato due libri a doppia firma “Caro Papa teologo, caro matematico ateo. Dialogo tra fede e ragione” del 2013 e “In cammino alla ricerca della Verità. Lettere e colloqui con Benedetto XVI” del 2022.

Ascolta l’intervista a Piergiorgio Odifreddi

Professore, come nacque l’amicizia con Benedetto XVI?

È nata in maniera un po’ casuale. Come è noto io sono un non credente e una quindicina di anni fa, nel 2007, avevo scritto un libro sul cristianesimo, forse contro il cristianesimo, che si intitolava “Perché non possiamo essere cristiani”. Quel libro aveva fatto un po’ di scandalo perché i toni non erano proprio quelli adatti per un dialogo. La casa editrice voleva in un certo senso rimediare e la Mondadori mi propose di fare un dialogo con un credente per parlare di questi temi però in maniera meno “urticante”, come mi avrebbe detto il cardinale Ravasi in seguito. In realtà, avendo io preso quella posizione, era diventato difficile parlare con i credenti e quindi scrissi un dialogo fittizio commentando l’”Introduzione al Cristianesimo” di Ratzinger, che è un libro molto interessante e che mi aveva molto colpito. Scrissi questo libro con una specie di escamotage letterario. Commentavo il libro come se fosse un dialogo e lui parlasse attraverso il suo testo – che poi è quello che Ratzinger aveva sempre fatto, cioè parlare attraverso i suoi scritti oltre che con la voce. Era il 2011 quando uscì quel libro, intitolato “Caro Papa ti scrivo”.

Nel 2013, dopo la rinuncia, conobbi un monsignore in curia che era amico di padre Georg Gänswein e gli chiesi se si poteva fare avere il libro al Papa, che adesso forse aveva più tempo libero. Prima non avevo mai immaginato di mandarglielo perché un Papa regnante ha altro da fare che stare a sentire i commenti di un ateo. Effettivamente lui lo ricevette, lo lesse e mi rispose con una lunga lettera di una dozzina di pagine. A quel punto chiesi se fosse possibile pubblicare la lettera come appendice a una nuova edizione del libro e mi fu fatto sapere che in realtà il libro doveva essere firmato a due mani, con due nomi. Fu il nostro primo libro, nel 2013.

A questo punto era abbastanza naturale chiedere di portargli il libro e di poter andare una volta in udienza, ma io pensavo che quella sarebbe stata l’ultima volta. In realtà poi è “scoccata una scintilla”, diciamo così, a parte le polemiche sulla religione o la discussione su questioni teoriche, forse anche perché il nostro background in un certo senso era simile: tutti e due professori universitari, tutti e due seminaristi – nel senso che io ho fatto il seminario da bambino però ero uscito a 12 anni proprio all’età in cui Ratzinger era entrato ai suoi tempi. Fu lui a scrivermi una prima lettera dopo quell’’incontro, dandomi dei riferimenti sullo Pseudo-Dionigi di cui avevamo parlato. A quel punto è cominciata la corrispondenza e sono andato a trovarlo praticamente ogni anno prima del Covid. Dopo è stato difficile.

Com’era da ateo confrontarsi con il Papa?

È stato molto interessante. Innanzitutto il confronto è stato molto facile. Ormai in questi giorni è stato ripetuto più volte, che indipendentemente da quello che uno poteva pensare delle sue posizioni teologiche, filosofiche, anche politiche e religiose, era una persona estremamente amabile, era molto delicato, gentile, tranquillo, con un senso dell’ironia raffinato. Era quindi molto piacevole parlare con una persona così. Ovviamente era un grande cultore di libri. Ho avuto una volta la possibilità di vedere la sua biblioteca, sterminata, che aveva al monastero Mater Ecclesiae. Nelle conversazioni lui spesso mi consigliava libri da leggere, non soltanto di religione. All’inizio lo scambio era soprattutto su temi religiosi – era ovvio – ma poi in seguito abbiamo parlato, per esempio, di egittologia. Fu lui a consigliarmi, paradossalmente, un libro di Ian Assman, che era un egittologo che sosteneva che la violenza fosse insita nel monoteismo. L’idea stessa di dire “io ho un solo Dio” faceva pensare che i “tuoi” Dei fossero sbagliati, “falsi e bugiardi” come si diceva una volta,  e che quindi questo porti con sé la violenza. E’ singolare che un Papa consigli di leggere un libro così a uno che già in un certo senso la pensa in quel modo. Vuol dire che lui aveva vaste letture. Ovviamente non era d’accordo con questa tesi, però è proprio questo che rendeva interessante il discorso. Quando cioè uno non è d’accordo, ma ciò nonostante parla, discute e cerca di portare le proprie idee, le proprie opinioni.

In questo senso, il vostro rapporto epistolare e la vostra amicizia intellettuale che messaggio dà di dialogo tra il mondo dei credenti a quello dei non credenti?

L’idea è proprio quella: che si può fare pur essendo su posizioni completamente antitetiche. È difficile immaginarsi a freddo due posizioni più distanti di quelle che possono avere un Papa – che non è soltanto un credente, ma il capo di una Chiesa che ha un miliardo e centinaia di milioni di fedeli – e dall’altra parte un ateo. Due posizioni completamente opposte, ma che non impediscono prima di confrontarsi sui contenuti delle proprie opinioni, quindi nel nostro caso sulla religione e sull’ateismo e poi non impediscono di andare d’accordo personalmente. Questo non dico che sia un insegnamento – io non posso paragonarmi, lui lo è stato come Papa e come teologo – però si può andare d’accordo anche se non la si pensa nello stesso modo, invece di farsi le guerre o di prendersi a schiaffoni.

Papa Benedetto parlò spesso nei suoi discorsi tra fede e scienza. Ci fu un passaggio molto interessante in cui lui si soffermava sulla matematica in quanto invenzione umana dell’uomo, ma corrispondente poi al creato…

Parlando ai giovani fece questo ragionamento, che c’è una specie di armonia prestabilita in maniera leibniziana tra le cose oggettive della natura e le cose soggettive, come la cultura e la matematica, e quindi con l’idea che se c’è questa armonia prestabilita c’è qualcuno che l’ha creata ed è appunto Dio. All’epoca, credo fosse il 2007 o il 2008, quindi molto prima dell’inizio del nostro scambio, io avevo provato a invitarlo a un festival di matematica che abbiamo fatto per tre anni all’auditorium di Roma. Era un’idea un po’ balzana, quella di invitare un Papa a un festival di matematica, ma non era fuori luogo proprio per questo. Naturalmente non immaginavo lui sarebbe venuto a fare un dibattito pubblico, non era il suo ruolo, però magari un’udienza, visto che c’erano vari Premi Nobel con noi, ma non è stato possibile. L’avevo chiesto a padre Lombardi, che oltre a essere stato il portavoce sia di Ratzinger che di Bergoglio, è anche laureato in matematica. Non solo, è laureato in matematica a Torino in logica matematica nella stessa università in cui mi sono laureato io, più o meno negli stessi anni, e allora provammo. Quando ho scritto “Caro Papa ti scrivo”, un capitolo lo dedicai proprio a questo argomento, cioè a come la matematica possa essere considerata la scienza più vicina alla religione – non solo da Ratzinger, ma anche Pitagora, tanto per fare un salto di millenni e di civiltà, la pensava allo stesso modo. Ci sono stati moltissimi mistici matematici – proprio come atteggiamento, mentre ad esempio la biologia è la più lontana. Anche dal punto di vista dei credenti lessi una volta su Avvenire che il 15% dei matematici è credente, ma solo il 4% dei biologi. Questo fa capire che la matematica può essere una porta più aperta verso la religione o verso un certo tipo di pensiero rispetto ad altre scienze. Ratzinger è stato sempre molto sensibile a questo. Infatti gli portai alcuni miei libri di matematica. Abbiamo parlato di Sant’Agostino, che usa molte metafore matematiche nella Città di Dio. Ho parlato molto con lui di Gödel, più grande logico del Novecento, che aveva fatto una dimostrazione matematica della prova ontologica dell’esistenza di Dio di Sant’Anselmo. Su quello siamo tornati più volte. Infatti lui scherzando mi diceva: “Lei diventerà un grande teologo!” Quindi c’è stata una parte del nostro rapporto basata proprio sulla teologia e la matematica.  

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