Michele Raviart – Città del Vaticano
Capire le criticità della famiglia sulla base della qualità delle relazioni valutando l’impatto del rapporto tra generazioni e con l’ambiente sociale. È quanto si propone il rapporto 2020 del Family International Monitor su “Famiglia e povertà relazionale”, presentato questa mattina in streaming, con gli interventi, tra gli altri di esponenti dell’Istat, della Caritas Internationalis e di monsignor Vincenzo Paglia, in qualità di Gran cancelliere del Pontificio Istituto Teologico Giovanni Paolo II.
Francesco Belletti, responsabile ricerca del Fim, spiega a Vatican News i principali punti emersi da questo studio.
Il rapporto si occupa di una analisi della povertà e della famiglia a livello internazionale, con un approfondimento in 12 paesi che vanno dal Benin alla Spagna, da Haiti all’India e mette a tema la dimensione relazionale della povertà, che non è solamente assenza di risorse economiche, ma è anche dovuta a cattive relazioni nel sociale o a una famiglia fragile. Il dato che emerge con più potenza è che le relazioni sono, per tutte le famiglie vulnerabili sia in Italia che nelle bidonville di Nairobi, la prima e la più importante delle risorse per restare a galla, per combattere la marginalità e per sopravvivere. Quindi occorre vedere la famiglia come un luogo di relazioni che tengono insieme le persone e le proteggono dalla povertà e dalla grave emarginazione sociale.
In che modo le relazioni possono sostenere le famiglie e di che tipo di relazioni parliamo?
I dati hanno evidenziato per esempio, dal punto di vista strutturale, che la presenza di una coppia stabile è un fattore protettivo molto forte, mentre famiglie molto vulnerabili sono quelle con un solo genitore. Questo significa che la relazione di coppia è una risorsa fondamentale per proteggere i bambini e per mantenere in vita un sistema famigliare che scambia solidarietà al proprio interno. Qui la domanda è: come fa una famiglia a resistere a un sistema globalizzato che genera povertà, che genera disuguaglianze? Come fa la famiglia a resistere a sistemi pubblici che non funzionano, a welfare deboli? Ecco il primo modo con cui la famiglia è protagonista del suo destino è proprio la coesione interna, la capacità di scambi solidaristici tra le persone. Per esempio è venuto fuori in tutti i Paesi, non solamente in Italia, che i rapporti fra le generazioni sono molto potenti e sono quasi sempre di natura solidaristica, cioè gli anziani aiutano e vengono aiutati, la generazione adulta aiuta i genitori anziani quando sono fragili, ma viene sostenuta dai nonni quando fanno i baby-sitter per i propri figli. Noi abbiamo cercato di mettere sotto osservazione la famiglia come un luogo che genera protezione sociale, non solamente come il grande malato dell’umanità, ma come un soggetto che è capace di affrontare le sfide.
Questo vale a livello verticale, quindi tra generazioni, ma può valere anche a livello orizzontale?
La cosa importante è riuscire ad aprire i confini della famiglia. Un altro dato molto solido che viene dalle ricerche che abbiamo fatto è che una famiglia isolata è molto più vulnerabile, molto più fragile, molto meno capace di reagire alle avversità. Per esempio in tanti contesti dell’Africa che abbiamo analizzato c’è una capacità di solidarietà orizzontale, che potremmo definire tradizionale. Come si dice, “per educare un fanciullo serve un intero villaggio”. Ci sono legami corti di solidarietà che sono molto rilevanti, molto potenti. Per esempio in Italia questo passa attraverso l’adesione a un’associazione famigliare, a gruppi di acquisto solidale. La famiglia non è la famiglia nucleare chiusa nel proprio appartamento, ma è una famiglia con porte e finestre aperte capaci di dare e ricevere aiuto e sostegno ai suoi compagni di viaggio. Questo è un incentivo a un’azione politica, ma anche a un’azione pastorale. Per esempio tutte le volte che una parrocchia mette insieme le famiglie e mette insieme i giovani sposi per aiutarli a gestire il proprio progetto di vita, fa una cosa buona perché aiuta le famiglie ad aiutare loro stesse.
Veniamo da un anno e mezzo, di pandemia. Come il Covid-19 ha impattato per quanto riguarda il tema del vostro rapporto?
La pandemia un po’ in tutto il mondo, certamente nei Paesi occidentali, è stato un catalizzatore di quello che c’era già. Le famiglie solide si sono riscoperte ancora più contente di essere famiglie, mentre le famiglie che avevano già delle fragilità relazionali, con delle frizioni, venivano costrette chiuse in casa dal lockdown e hanno rischiato di esplodere. Direi quindi che dopo la pandemia dobbiamo avere in mente che la famiglia ha confermato sul campo di essere una grande risorsa educativa, di coesione sociale di tenuta, e di reazione positiva di fronte all’emergenza. Ma per alcune famiglie la pandemia ha esasperato la vulnerabilità e la fragilità e quindi dovremo farci carico di tante sofferenze individuali e familiari, psicologiche e relazionali. Dalla pandemia, nel complesso, la famiglia ha dato buona prova di sé, ma non dobbiamo dimenticare chi rimane più affaticato più in difficoltà perché ci sono, saranno molti e soprattutto magari salteranno fuori, non oggi non subito, perché gli effetti di un fenomeno come la pandemia hanno generato ansia, frammentazione sociale, paura dell’altro. Ecco questi sono anche effetti di lungo periodo. Quindi le ferite bisognerà medicarle e questo, per esempio, è un lavoro per i consultori, per i servizi sociali e anche per le comunità.
È stato confermato nei giorni scorsi l’incontro Internazionale delle famiglie a Roma per il prossimo giugno in questo senso questo rapporto come prepara questo evento?
È un contributo a questo percorso. Il rapporto è frutto di un lavoro di 3 anni. Siamo partiti a fine 2018 per fare questo lavoro che ha implicato anche dell’equipe nei singoli Paesi. Certo, l’appuntamento della Giornata mondiale delle famiglie è per la Chiesa e per l’umanità tutta, mi verrebbe da dire, da sempre un appuntamento strategico, quindi essere capaci di mettere a tema anche la possibile vulnerabilità delle famiglie entra anche nel grande solco della rilettura dell’Amoris Laetitia. Ascoltiamo e guardiamo la condizione delle famiglie così come sono, la loro condizione sociale, le loro fatiche, le loro vicende quotidiane e facciamoci prossimi a queste. Se troveranno qualcuno che la accompagna le famiglie resisteranno e staranno nel gioco e saranno una risorsa ancora più potente.