Francesca Sabatinelli – Città del Vaticano
Minsk ha strumentalizzato la crisi e la disperazione di migliaia di migranti, usandoli come arma per destabilizzare l’Unione europea che, da sempre, ha nel tema dell’accoglienza il suo punto debole. È l’accusa che le istituzioni europee muovono contro il leader Lukashenko, mentre al confine gli agenti polacchi respingono drammaticamente le persone, si parla di 3-4 mila, con i lacrimogeni. Scene terribili che raccontano di una situazione che diviene ingestibile ora dopo ora. Il governo di Belarus è ritenuto responsabile di aver organizzato e guidato l’azione dei migranti a fini politici, di usarli come armi, e l’appello è all’Ue di aiutare la Polonia, così come la Germania, a proteggere i propri confini esterni, perché, spiegano i tedeschi, Berlino e Varsavia non possono farcela da sole.
Le partenze dal Kurdistan iracheno
A Lukashenko viene intimato di rispettare il diritto internazionale. La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, chiede agli Stati Ue di estendere le sanzioni conto il regime, mentre l’accusa del governo tedesco è che “il regime di Belarus agisca come un trafficante di esseri umani”. Preoccupazione anche da Washington, che intima a Minsk di fermare immediatamente il flusso migratorio e lo sfruttamento di persone vulnerabili. Secondo indagini giornalistiche, l’origine del flusso di migranti, perlopiù iracheni e siriani, partirebbe dal Kurdistan iracheno, dove l’ambasciata di Minsk avrebbe concesso il visto turistico a migliaia di persone, oltre ad aver organizzato, tramite alcune agenzie, direttamente i viaggi fino al confine tra Belarus e Unione europea.