Bassetti: sogno un’Europa solidale. Serve un autentico cristianesimo, non di facciata

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Salvatore Cernuzio – Città del Vaticano

“Una nuova Europa solidale che sappia essere veramente una casa comune, e non solo un insieme di strutture, e che si fondi su un nuovo umanesimo europeo basato sulla centralità della persona umana, la cui dignità è sempre inalienabile”. È il “sogno” personale del cardinale Gualtiero Bassetti che il presidente della Cei ha voluto condividere questa mattina con i partecipanti alla plenaria a Roma della Ccee, il Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa che celebra i 50 anni della sua istituzione. Nel suo intervento in assemblea – dopo aver detto di aver sentito al telefono il presidente del Ccee, il cardinale Angelo Bagnasco, contagiato dal Covid -, il cardinale ha rievocato la “visione profetica” dei fondatori, già richiamata ieri dal Papa nella Messa a San Pietro. Ovvero la visione di un’Europa che “sia soprattutto un luogo dell’anima con una storia profonda, antica, complessa”.

Eminenza, cosa significa un’“Europa solidale” e come si concretizza quello che lei ha definito un suo “sogno” personale? 

L’Europa per essere solidale deve ritrovare la sua identità e le sue radici. Vale per l’Europa quello che in genere dico per il Mediterraneo, e cioè che bisogna ritrovare i tre valori fondamentali da cui il continente è partito: ora et labora e l’aratro, quindi lo spirito cristiano. L’Europa deve recuperare le sue radici cristiane che sono arricchite dal mondo romano, dal mondo greco, da tutto un pensiero di civiltà mediterranee di cui il cristianesimo è la sintesi. Quindi, quando dico radici cristiane non lo dico solo in senso clericale ma in senso globale. Soprattutto è importante la dimensione di un umanesimo basato sull’aspetto contemplativo, sull’aspetto del lavoro, dei mezzi della tecnica, necessari perché si sviluppi la società.

Il Papa, nella messa di ieri con i membri Ccee, ha sollecitato i cristiani europei ad agire e non restare chiusi nelle case e nelle Chiese. Perché è facile preoccuparsi per la secolarizzazione e i vari “ismi”, ma poi non sempre ce ne occupiamo. I cristiani italiani come possono agire, in vista anche del prossimo Sinodo?

Bisogna ritornare a vivere un cristianesimo autentico, che non sia soltanto di corteccia e tradizione, ma in grado di dare risposte fondamentali alle esigenze degli uomini. “Ma io al mondo che ci sto a fare?”: tante persone mi rivolgono questa domanda. Se come cristiani, non a parole ma col nostro modo di comportarci e con la testimonianza di tutta una comunità, non riusciamo a dare tali risposte, vuol dire che il nostro è un cristianesimo sterile. Per questo credo che sia stata un’intuizione fondamentale che il Papa abbia insistito sul Sinodo. Poco prima ho fatto una battuta al confratello dell’America latina: “Noi il Sinodo lo predichiamo in Europa, ma lo facciamo poco perché abbiamo il nostro tipo di mentalità. Voi, invece, siete una Chiesa sinodale per come avete impostato i vostri rapporti, la collegialità coi vescovi e le comunità”. Bisogna allora recuperare questo spirito di cui ci parla il Papa: quello dell’Europa con un’anima. O l’Europa ha un’anima, che per me è quella cristiana in senso globale, oppure l’Europa non sussiste.

Concretamente la sinodalità come può essere d’aiuto in un’epoca profondamente frammentata tra Covid, divisioni sui vaccini, e la questione migranti che rimane un tema sempre dibattuto? 

Con quella intuizione che ha avuto il Papa, quando la prima volta ha parlato di sinodalità… Il Santo Padre non ha fatto discorsi teologici, ha detto: “Dal basso, dal basso, dal basso”. Ecco, bisogna cominciare a riascoltare la gente. Io ho detto nella mia diocesi convocando i preti: non cominciate a rifare le riunioni nei soliti teatrini parrocchiali o nelle sale perché verranno le stesse 30-40 persone che sono addette ai lavori e che ci sono sempre. Bisogna rivoltare la situazione, andare nel luogo dove siamo sicuri che possano venirci tutti. In questo momento abbiamo bisogno di partire dalle ragioni e da quello che ci dicono coloro che non frequentano più la Chiesa, coloro che sono arrabbiati, per capire quali sono veramente i bisogni di fondo e per dare una risposta. Una risposta secondo Gesù Cristo, secondo il Vangelo. Questo è il Sinodo.

Guardando alla cronaca di questi giorni e alle proteste per il Green Pass, a che punto è la trattativa della Chiesa italiana con il governo sulla questione? Occorrerà il certificato verde per le celebrazioni liturgiche?

Non voglio entrare nel problema delle proteste sul Green Pass, è troppo delicato e bisogna entrarci in maniera un po’ articolata, è una questione molto complessa. Chiedo comunque che si usino tutti i mezzi per conservare la nostra salute, per prevenire. Al momento attuale il vaccino è ancora la più grande garanzia che abbiamo. Quanto alle celebrazioni, la certificazione verde non è richiesta per parteciparvi: si continua a osservare quanto previsto dal Protocollo Cei-Governo del 7 maggio 2020, integrato con le successive indicazioni del Comitato tecnico-scientifico. Quindi, mascherine, distanziamento tra i banchi, comunione solo nella mano, niente scambio della pace con la stretta di mano, acquasantiere vuote. Questi sono gli accordi che noi, come tutte le altre religioni abbiamo firmato. E finora nelle Chiese sono state rispettate tutte le regole che ci siamo posti.