L’arcivescovo alla conferenza sulla proprietà intellettuale organizzata dalla Wipo
L’Osservatore Romano
La protezione delle invenzioni che derivano da «risorse genetiche e conoscenze tradizionali associate» può essere «fonte di sviluppo, contribuire alla conservazione della biodiversità e promuovere il progresso economico di molti Paesi e comunità in via di sviluppo». A dirlo l’arcivescovo Ettore Balestrero, osservatore permanente della Santa Sede alle Nazioni Unite e le Organizzazioni internazionali a Ginevra, nel corso della “Conferenza diplomatica per la conclusione di uno strumento giuridico internazionale relativo alla proprietà intellettuale (Pi), alle risorse genetiche e alle conoscenze tradizionali associate alle risorse genetiche”, organizzata dall’Organizzazione internazionale per la proprietà intellettuale (Wipo).
I diritti di proprietà intelletuale, ha aggiunto il presule, «devono essere considerati nel quadro dei diritti umani fondamentali», perché inscindibili dal principio «della giustizia sociale». Secondo l’insegnamento sociale della Chiesa, infatti, la proprietà intellettuale deve essere considerata «come uno strumento per promuovere il bene comune dell’umanità nel suo complesso». Pertanto «un quadro di riferimento per i diritti umani» deve tenere in considerazione i bisogni e gli interessi degli individui e delle comunità interessate», ha detto ancora l’arcivescovo, aggiungendo che va garantito «il pieno rispetto di identità, diritti e libertà di popolazioni indigene e comunità locali, tra cui il diritto di essere pienamente informati» e quello «a un’equa partecipazione ai benefici».
A tal fine, sono dunque necessarie «regole culturalmente appropriate», come uno strumento giuridico internazionale atto a completare standard comuni, che sia anche «in grado di rispondere ai nuovi progressi tecnologici».