Michele Raviart – Sanremo
“La figura di San Luigi Orione è illuminata dalla Parola di Dio e ne è un commento. Guardando le sue fotografie, lo si vede ordinato e dimesso, un prete normale che non si dà arie pur facendo cose ardite, che sa stare al mondo perché sta con Dio”. In un mondo in cui “domina l’immagine e la notizia”, in lui c’è la sostanza. Così il cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo emerito di Genova, ha ricordato don Orione, in una Messa solenne nella concattedrale di San Siro a Sanremo, città dove il santo morì nel 1940, in occasione dei 150 anni della sua nascita, il 23 giugno 1872 a Pontecurone, in provincia di Alessandria.
Fede e amore
“Celebrare i Santi”, ha ricordato il porporato, che ha concelebrato la Messa con monsignor Antonio Suetta, vescovo di Ventimiglia-Sanremo, “non è una decorazione della vita credente, ma corrisponde al cuore dell’essere umano che ha bisogno di sentirsi in famiglia, guardato con amore, sostenuto nel pellegrinaggio terreno da coloro che lo hanno preceduto”. In questo senso don Orione è, “nel firmamento della fede, una stella polare non solo per la Comunità religiosa, ma anche per la Chiesa intera” e univa in sé “umiltà, forza, coraggio, nell’abbraccio della fede e dell’amore a Gesù e alla Chiesa”.
La “pasta” di cui sono fatti i Santi
Fede e amore sono infatti la “medesima pasta” di cui sono fatti i Santi e sapere che cos’è l’amore oggi, sottolinea il cardinale Bagnasco, è diventato un “problema”, perché “nel relativismo generale, nella confusione che ne consegue e nei comportamenti più opposti, “è facile che si dicano cose diverse usando le medesime parole, creando così incomunicabilità”. Vengono allora in aiuto le letture del giorno, a partire dall’invito di San Paolo rivolto agli efesini: “Vegliate su di voi e su tutto il gregge”.
Indicare la luce nel buio
Vegliare significa infatti, sottolinea il presidente emerito della Cei e dei vescovi europei, “stare desti per cogliere i segni dell’alba tra le oscurità della notte, vuol dire resistere al sonno e alla fatica per riconoscere i bagliori del nuovo giorno, indicare la Luce che a volte sembra essere sopraffatta”. Un’attitudine a “indicare le tenebre che vogliono ingannare i cuori”, che vale tanto per il fedele quanto per il pastore. “Tacere l’errore come tacere la verità, non è essere pastori secondo il cuore di Dio”, spiega Bagnasco, ma aggiunge: “Non possiamo vegliare sul gregge se non vegliamo su noi stessi”.
La verità fondamento dell’agire responsabile
Dopo la sua partenza Paolo ricorda anche che “sorgeranno lupi rapaci” e che anche tra di loro ci saranno “falsi profeti”. “Anche in questa prospettiva”, sottolinea il porporato, “la fede di don Orione, la sua personalità e la sua storia, il suo amore incondizionato alla Chiesa, ai vescovi e al Papa, ci sono di richiamo e di sicuro orientamento”. La porta d’ingresso del male è infatti quella di presentare come vero ciò che non è e travestirlo dal bene. Anche con buone intenzioni, “che non rendono giusto un contenuto di per sé sbagliato”. La verità infatti è il fondamento dell’agire responsabile e “aggiustando” le verità che contano, “poco o tanto ci si sostituisce a Cristo che è la verità e che conosce i cuori”. “Anche qui”, conclude il porporato, “emerge la linearità di Don Orione, che univa la verità e l’amore sapendo che il giudizio ultimo è del Signore”.
Visita al Piccolo Cottolengo di Sanremo
Nel pomeriggio il cardinale Angelo Bagnasco ha visitato il “Piccolo Cottolengo” di Sanremo, gestito dagli orionini. Si tratta della più grande struttura ospedaliera della provincia di Imperia e ospita oltre duecento pazienti, in maggioranza anziani con problemi di demenza e di Alzheimer.