Chiesa Cattolica – Italiana

Ayuso: dobbiamo lavorare per una cultura di pace e inclusione

Massimiliano Menichetti

Il 4 febbraio si celebra per la prima volta la Giornata Mondiale della Fratellanza Umana. L’iniziativa promossa dalle Nazioni Unite, arriva due anni dopo la firma ad Abu Dhabi del “Documento sulla fratellanza umana” da parte di Papa Francesco e del Grande Imam di Al-Azhar Ahmad Al-Tayyib. Questa data, sottolinea il cardinale Miguel Ángel Ayuso Guixot, presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, deve “suscitare la volontà di lavorare per una cultura di pace” perché, spiega, quando finirà la crisi dovuta alla pandemia da Covid-19 “saremo chiamati a ricreare e popolare spazi di fraternità e solidarietà”. Per il porporato è centrale la guida offerta dall’enciclica Fratelli tutti, poiché nella lettura del testo si è invitati ad assumere “responsabilità, individuali e collettive, di fronte a nuove tendenze ed esigenze sulla scena internazionale”.

R. – Il 21 dicembre scorso l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, durante la sua 75ª sessione plenaria, ha stabilito che il 4 febbraio di ogni anno sia dedicato ad una Giornata Internazionale della Fratellanza Umana. Adottando tale risoluzione, l’Assemblea – si legge nel comunicato dell’Onu – invita gli Stati membri a celebrare tale Giornata per “promuovere il dialogo interreligioso e interculturale”. Nel testo della risoluzione si esprime inoltre l’auspicio che di fronte ad una situazione in cui il mondo affronta la crisi senza precedenti causata dalla malattia del Coronavirus si cerchi “una risposta globale basata sull’unità, la solidarietà e una rinnovata cooperazione multilaterale”. L’invito è quindi quello a compiere ogni sforzo perché, consapevoli che da soli non ci si salva, siano promossi il dialogo interreligioso e interculturale, come auspicato nel “Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune” firmato nel 2019, ad Abu Dhabi, da Papa Francesco e dal Grande Imam di Al-Azhar, Ahmad Al-Tayyib. E’ proprio in memoria della firma del Documento che l’ONU ha stabilito la data del 4 febbraio. Pertanto, guardando al bene di tutta l’umanità, l’appuntamento del 4 febbraio deve suscitare la volontà di lavorare per una cultura di pace che sostenga gli sforzi di tutti coloro, comprese la comunità internazionale e le diverse tradizioni religiose, che si impegnano a favore di tolleranza, inclusione, comprensione e solidarietà ancor di più in questo momento segnato tragicamente dalla pandemia. Quando finirà questa crisi, saremo chiamati a ricreare e popolare spazi di fraternità, solidarietà e pace. Da questa pandemia, dovremo rinascere nuovi, migliori di quello che siamo stati. E non solo a livello personale. 

Più volte, riprendendo le parole del Papa, lei ha detto che la nostra vita, la vita delle nostre comunità, non può essere separata da quella degli altri. Dipendiamo l’uno dall’altro. Che ruolo hanno le religioni?

R. – Hanno un ruolo fondamentale. È a tutti noto che fin dall’inizio del suo pontificato il Santo Padre ha dato rilievo alle relazioni fra appartenenti alle varie religioni sottolineando l’importanza dell’amicizia e del rispetto. I credenti delle diverse tradizioni religiose, che camminano insieme sulla strada del dialogo interreligioso, possono davvero offrire il proprio contributo alla fratellanza universale nelle società in cui vivono. Infatti il credente è testimone e portatore di valori, che possono grandemente contribuire ad edificare società più giuste e sane. La rettitudine, la fedeltà, l’amore per il bene comune, l’attenzione per gli altri, soprattutto per quanti si trovano nel bisogno, la benevolenza e la misericordia sono armi che fanno parte degli arsenali spirituali delle varie religioni. Si tratta di compiere passi concreti insieme ai credenti di altre religioni e alle persone di buona volontà, con l’auspicio che ci si senta tutti chiamati ad essere, particolarmente in questo nostro tempo, messaggeri di pace e artefici di comunione; per proclamare, diversamente da chi alimenta scontri, divisioni e chiusure, che oggi è tempo di fraternità.

Chi non ricorda le parole del Santo Padre la sera del 27 marzo 2020? “Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda”. Papa Francesco ha riassunto con queste parole il senso di spaesamento che affligge cristiani e altri credenti dall’inizio della pandemia, ma ha anche esortato tutti a ‘remare insieme’.

Dio è il Creatore di tutto e di tutti, perciò noi siamo membri di un’unica famiglia e come tali dobbiamo riconoscerci. Questo è il criterio fondamentale che la fede ci offre per passare dalla mera tolleranza alla convivenza fraterna, per interpretare le diversità che sussistono tra noi, per disinnescare le violenze e per vivere come fratelli.

Lo scorso ottobre, Papa Francesco ha pubblicato l’enciclica dedicata alla fraternità e all’amicizia sociale. Come si collega il testo firmato ad Assisi con la Giornata che stiamo per celebrare?

R. – L’enciclica Fratelli tutti è un invito concreto alla fraternità e all’amicizia sociale che riguarda ogni uomo e ogni donna, credente o non credente. Leggendo l’enciclica, ci si sente chiamati alle nostre responsabilità, individuali e collettive, di fronte a nuove tendenze ed esigenze sulla scena internazionale. La Giornata che ci accingiamo a celebrare, come ho detto precedentemente, è frutto di quanto auspicato nel Documento sulla fratellanza umana al quale Papa Francesco ha fatto ampiamente riferimento per la stesura dell’enciclica. E’ quindi evidente il legame diretto fra quest’ultima e un’iniziativa internazionale, come quella dell’ONU, tesa a promuovere un messaggio di fratellanza. Papa Francesco ci esorta, nella Fratelli tutti, a costruire una società fraterna che promuova l’educazione al dialogo per sconfiggere “il virus dell’individualismo radicale” (Ft 105) e per permettere a tutti di dare il meglio di sé sottolineando anche che il diritto a vivere con dignità, non può essere negato a nessuno e poiché i diritti sono senza frontiere, nessuno può rimanere escluso, a prescindere da dove sia nato (Ft 121). Ed è proprio la fratellanza umana che consentirà a ciascuno di rendere questo mondo disumanizzato, nel quale la cultura dell’indifferenza e dell’avidità contraddistinguono i rapporti tra gli esseri umani, capace di vivere una solidarietà nuova e universale. E’ veramente un bene che, almeno una volta all’anno, ci si ricordi che siamo tutti fratelli e sorelle!

Lei presiede l’Alto Comitato per la Fratellanza Umana, realtà che si è costituita nell’agosto di due anni fa. In che direzione state lavorando? 

R. – Vorrei precisare che attualmente non sono il presidente dell’Alto Comitato per la Fraternità Umana, costituito nell’agosto del 2019, e incaricato di implementare i contenuti del “Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune”. Infatti, alla sua fondazione, si decise che ci sarebbe stata un’alternanza fra Santa Sede e Al-Azhar. Io ho avuto l’onore di presiedere il Comitato il primo anno. Oggi l’Alto Comitato è composto da leader religiosi, studiosi ed esponenti della cultura di tutto il mondo, con legami di appartenenza al mondo cristiano, ebraico e musulmano, che si ispirano al documento e si dedicano a promuoverne gli ideali di pace e rispetto reciproco. In tale direzione si sta lavorando e sono state promosse diverse iniziative. Per brevità ne ricordo due in particolare perché legate alla Giornata Mondiale della Fratellanza Umana. Ricordo che il 4 dicembre 2019, i membri del Comitato incontrarono a New York il segretario generale delle Nazioni Unite, dott. António Guterres, per consegnargli un messaggio di Papa Francesco e del Grand Imam di Al-Azhar Ahmed Al-Tayyeb, nel quale si proponeva proprio che il 4 febbraio fosse dichiarato Giornata Mondiale della Fratellanza Umana. Un’altra iniziativa, promossa a favore di tutta l’umanità, è stata quella di una Giornata di preghiera, di digiuno e di invocazione a Dio Creatore per l’umanità colpita dalla pandemia alla quale sono stati invitati a unirsi spiritualmente i credenti di tutte le religioni e le persone di buona volontà e che si è tenuta il 14 maggio 2020.  

Il 4 febbraio sarà consegnato il premio Zayed 2021 per la fratellanza umana. Un premio nato dal Documento sulla fratellanza umana, sottoscritto ad Abu Dhabi dal Papa e dal Grande Imam al Tayeb. Qual è il significato di questo riconoscimento che viene dato per la prima volta?

R. – Il premio Zayed per la fratellanza umana, creato nel 2019, è un omaggio allo sceicco Zayed bin Sultan al Nahyan, fondatore degli Emirati Arabi Uniti. E’ stata creata una giuria ad hoc che, il 4 febbraio di ogni anno, si occupi di assegnare il suddetto Premio. La prima volta, in realtà, è stato assegnato, in maniera onorifica, a Papa Francesco e al Grande Imam di Al-Azhar, Ahmad al Tayyeb per la firma ad Abu Dhabi del Documento sulla Fraternità nel 2019. In seguito il premio è stato aperto alle candidature prese in considerazione tra coloro, singoli o organizzazioni, che sono profondamente impegnati in iniziative che riuniscono le persone e promuovono la coesistenza pacifica. Vuole essere un’iniziativa che rafforza le relazioni umane, esorta a costruire ponti di dialogo e a migliorare la comprensione e la cooperazione tra le nazioni. La speranza è che anche il conferimento di questo premio possa essere il segno di una feconda collaborazione tra uomini di religioni diverse a servizio di tutta l’umanità.

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