Roberta Barbi – Città del Vaticano
Il divieto costituzionale di “uccidere su richiesta” e la garanzia di risorse finanziarie necessarie e immediate per consentire il diritto legale all’hospice e alle cure palliative: sono questi i punti che attraverso il proprio sito la Conferenza episcopale austriaca, dall’ufficialità della sessione autunnale della sua assemblea plenaria, pone all’attenzione del governo dopo l’approvazione a fine ottobre, della nuova legge in materia che entrerà in vigore dal gennaio 2022.
Ignorate le linee guida della Corte Costituzionale
Il presidente dell’episcopato austriaco, monsignor Franz Lackner mette in guardia dalle conseguenze del suicidio assistito e chiede un divieto costituzionale di uccidere su richiesta, notando nella nuova normativa – che avrebbe lo scopo di prevenire gli abusi – “carenze inaccettabili”. Il presule fa sapere che in Austria la legge in materia di suicidio assistito sta avendo “lo stesso sviluppo preoccupante che è evidente in tutti i Paesi che hanno depenalizzato questa pratica: in brevissimo tempo il caso eccezionale diventa una normalità socialmente accettata e l’esenzione dalla punizione un diritto esigibile. Per evitare che questo accada in Austria, la Conferenza episcopale – spiega- ha partecipato all’attuale revisione della legge, senza ovviamente condonare il suicidio assistito, ma sottolineando la posizione di base che è piuttosto chiara: i vescovi si impegnano con tutte le loro forze per la protezione globale della vita”.
Il pericolo per le persone più vulnerabili
Nell’esame del testo, tra le carenze individuate dai vescovi, c’è, ad esempio, l’assenza della prescrizione del periodo di riflessione di dodici settimane, che va dalla diagnosi medica comunicata al paziente, alla successiva decisione formale di questo di avvalersi della pratica del suicidio assistito. Un periodo estremamente necessario. “Quest’assenza apre la porta a tutti i tentativi di fare pressione su persone particolarmente vulnerabili”, nota monsignor Lackner. “I vescovi trovano anche inaccettabile che la capacità decisionale della persona che vuole effettuare il suicidio non debba essere valutata da uno psichiatra o psicologo in ogni caso”. Secondo il vescovo, infatti, in base al testo approvato, il suicidio assistito risulta quasi completamente impunibile, ignorando, così, i requisiti ammessi dalla Corte Costituzionale. “Con l’attuale testo, lo strumento che consente di approvare una pratica di suicidio assistito si riduce a una semplice ‘ricevuta di farmacia’ ”, aggiunge, riferendosi al fatto che l’unica forma di suicidio consentita da questo testo è quella attraverso la somministrazione di un farmaco letale ricevuto tramite la farmacia. Qualsiasi altra forma di assistenza a qualsiasi tipo di suicidio, invece, sarebbe esente da pena”.
I vescovi: è una illusione che la vita degna sia solo quella “del fare”
Dal punto di vista della Conferenza episcopale austriaca, la legalizzazione del suicidio assistito è parte di una tendenza culturale legata “all’illusione che l’unica forma di vita che valga la pena di essere vissuta sia una vita piena e attiva, una vita ‘del fare’ e di conseguenza ogni forma di mancanza o malattia sia vista come un fallimento che non può essere tollerato. Preoccupante, a detta dei presuli, anche un cambiamento avvertito nell’uso del linguaggio che appare pericoloso quando parla di “morire con dignità”, una dignità apparentemente perseguibile solo attraverso il suicidio. “Questo discorso manipolativo non solo ignora il fatto che ogni suicidio rimane una tragedia umana – prosegue monsignor Lacner – ma anche un’ingiustizia per tutti coloro che hanno reso possibile morire con dignità attraverso un’assistenza affidabile e attenta e che continueranno a farlo in futuro”.