Fausta Speranza – Città del Vaticano
Sono almeno 50 le persone che hanno perso la vita nell’esplosione dell’autobomba da una scuola femminile a Kabul. A fornire l’aggiornamento rispetto al primo dato di 30 vittime è stato il portavoce del ministero degli Interni, che ha specificato che altre due bombe sono state fatte esplodere dopo la prima: le studentesse, impaurite per la improvvisa deflagrazione, sono fuggite dall’edificio in preda al panico rimanendo uccise proprio dalle successive.
A marzo scorso tre giornaliste sono state uccise proprio perché donne: gli estremisti non sopportano l’idea che facciano il mestiere di reporter.
Un massacro pianificato ma non rivendicato
Nessun gruppo ha rivendicato. Un portavoce dei taleban, Zabihullah Mujahid, ha negato il coinvolgimento del gruppo nella strage sostenendo che un tale massacro di civili può essere solo opera del sedicente Stato islamico. Ma il presidente afghano Ashraf Ghani ha comunque accusato i talebani di essere responsabili dell’escalation di violenza che sta attraversando il Paese: “Dimostrano – ha detto – di non aver alcun interesse per una soluzione pacifica della crisi attuale”. L’obiettivo e l’orario sono stati scelti proprio per massimizzare il numero di vittime: le studentesse stavano uscendo dalla scuola, e i residenti erano in strada a fare acquisti per la festa musulmana di Eid al-Fitr, che, settimana prossima, segnerà la fine del mese di digiuno del Ramadan.
La condanna
“Gli Usa condannano il barbaro attacco ad una scuola femminile a Kabul, in Afghanistan” e chiedono di “mettere fine immediatamente alle violenze e di colpire assurdamente civili innocenti”. E’ quanto ha detto il portavoce del dipartimento di stato Usa Ned Price, esprimendo le condoglianze alle famiglie delle vittime e ribadendo “il sostegno al popolo afghano, che e’ determinato a vedere che le conquiste degli ultimi vent’anni non siano cancellate”. E dolore e sdegno viene espresso anche dai leader europei mentre il Wall Street Journal sostiene, citando fonti Usa, che gli alleati europei stanno premendo su Washington perchè ritardi il ritiro dall’Afghanistan allo scopo di dare agli alleati Nato più tempo e sostegno per lasciare il Paese. E secondo i dirigenti Usa citati dal quotidiano, effettivamente la partenza potrebbe essere rimandata di due settimane o poco più per assecondare le richieste degli alleati.
Il ritiro delle forze internazionali
Come noto, il presidente Joe Biden ha ordinato ad aprile e ha fatto cominciare il 1 maggio il ritiro delle truppe entro l’11 settembre prossimo, a 20 anni dall’inizio della guerra nel Paese. Anche la Nato ha riconosciuto che “non esiste una soluzione militare alle sfide che l’Afghanistan deve affrontare”. E c’è da dire che la Turchia, da anni preposta alla sicurezza dell’aeroporto di Kabul, ha fatto sapere agli Usa e alla Nato che anche le sue truppe potrebbero andarsene. L’eventuale partenza dei militari di Ankara, dopo l’iniziale impegno a restare sino al ritiro della coalizione, potrebbe indurre alcuni Paesi occidentali a riconsiderare i piani per mantenere aperte le ambasciate nella capitale senza una forza internazionale all’Hamid Karzai International Airport.
Nel post accordo
L’intesa firmata fra Stati Uniti e talebani a Doha il 29 febbraio 2020 è stata definita storica ma non ha cambiato la situazione sul terreno. Il punto è che agiscono forze contrapposte, più direttamente collegate al sedicente Stato islamico o ad al-Qaeda, che nessuno riesce a controllare, neanche i talebani che erano stati indicati nell’ambito di quell’intesa come “forza di contrasto” della galassia jihadista internazionale. Peraltro la missione delle Nazioni Unite Unama ha rilevato che il numero delle vittime civili nel primo trimestre del 2021 è tornato ai livelli pre-accordo.
Nel 2009 il primo drammatico record di attacchi alle scuole
150 scuole furono distrutte dai talebani nei dodici mesi del 2009 in Afghanistan dopo che negli anni precedenti c’era stato un boom di iscrizioni anche di studentesse: dall’1 al 37 per cento delle gioavanissime. Ma molti genitori hanno avuto dubbi sulla capacità del governo di proteggerli ed è iniziato il dramma della paura. Peraltro da allora gli episodi di attacchi e distruzioni di istituti scolastici in particolare femminili si sono ripetuti in tutto il Paese. Secondo l’Indice di sviluppo umano, nel 2011 l’Afghanistan era il 15esimo Paese meno sviluppato al mondo. In questi anni l’Afghanistan ha registrato il numero di insegnanti, personale scolastico e studenti morti tra i più alti al mondo.