Michele Raviart – Città del Vaticano
È ispirato al messaggio di Papa Francesco per la 56 esima Giornata mondiale delle comunicazioni sociali “Ascoltare con l’orecchio del cuore” il festival di Rieti organizzato dalle Paoline e dalla diocesi del capoluogo sabino. Oltre una settimana di eventi, che inizieranno domani e dureranno fino al 29 maggio. Incontri, presentazione di libri, laboratori, escursioni, ma anche spettacoli e concerti all’insegna del dialogo e di una maggiore comprensione della realtà. Padrone di casa monsignor Domenico Pompili, vescovo della città.
Eccellenza, quali saranno gli eventi e i temi di quest’anno?
Il festival della comunicazione è giunto quest’anno alla sua diciassettesima edizione. È un’iniziativa dei Paolini e delle Paoline, che scelgono poi una Chiesa locale nel bel Paese per cercare insieme alla comunità cristiana di vivere un momento di riflessione e di sensibilizzazione attorno alle grandi questioni che hanno a che fare con i nuovi media e con quelli tradizionali. Il punto di riferimento, che fa da ispirazione di fondo, è naturalmente il messaggio del Papa per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali. Il tema di quest’anno dunque è “Ascoltare con le orecchie del cuore”, che è una vera e propria provocazione da parte di Papa Francesco e che mette in evidenza il fatto che per ascoltare non basta, come si usa oggi fare attraverso soprattutto i social, fare un’opera di “spionaggio” e di “sorveglianza” del possibile cliente. Oggi in realtà si ascolta molto, ma si ascolta sempre per fini commerciali, mentre l’ascolto che fa crescere è quello disinteressato, che non ha di mira qualche obiettivo. Il richiamo è a far sì che, nonostante tutte le nuove performance digitali, ci sia una capacità di ascolto dell’altro, per consentire veramente di incontrarlo. È un ennesimo momento che Papa Francesco offre alla Chiesa, e non solo, per tornare a quelli che sono i sensi fondamentali del comunicare. Lo scorso anno era “andare a vedere”, quest’anno è “ascoltare”.
Come sarà declinata questa dinamica dell’ascolto è quella conseguente del dialogo nel festival?
Si è cercato di utilizzare linguaggi diversificati, non solo quello dell’incontro con una narrazione frontale, anche se ce ne saranno diversi. Per esempio nel pomeriggio di sabato 21 ci sarà un gruppo di ragazzi che appartengono al centro Sant’Eusanio di Rieti che proporranno lo spettacolo “Laudando: musica e parole del mondo dell’autismo”, che è un modo per dare voce e per dare spazio a un altro tipo di ascolto rispetto a una componente importante della nostra comunità. La domenica si potrà “ascoltare” andando a piedi, in cammino verso Fonte Colombo, che è il luogo della regola francescana, privilegiando così quell’esperienza di camminare a piedi che produce rispetto al semplice viaggiare un’attenzione maggiore a ciò che ci circonda e un ascolto sicuramente più grande. C’è una serata astronomica nell’Hortus Simplicium che è una bella realtà attigua al complesso della cattedrale, nel cui giardino medievale, osservando le stelle, si realizzerà questo momento notturno che è anche un modo per ascoltare, in questo caso, la volta stellata. Mi sembra che i linguaggi siano diversi, gli eventi siano molteplici, ma tutto questo proprio per andare nella direzione di guardare con uno sguardo lungo ed innocente alla realtà, cercando di penetrarla più profondamente di quanto solitamente si faccia.
Un altro aspetto, si nota nel programma del festival, è anche quello della natura e del rapporto con l’ambiente, ispirato dalla Laudato si’…
C’è anche questa componente, che fa parte sempre di quella esperienza di ascolto, e che riguarda la terra che fa il paio con l’ascolto degli ultimi, nella visione di Papa Francesco. Una grande operazione apparentemente passiva, ma estremamente proattiva, è quella di far entrare nel nostro orizzonte mentale sia le questioni ecologiche che sono diventate così urgenti – ancora di più in questo momento di guerra dove sembrerebbero invece essere derubricate a questioni non prioritarie – sia questioni legate a quelli che sono considerati gli scarti dell’umanità, che vanno invece attentamente ascoltati per poter essere adeguatamente raggiunti. Quindi sicuramente anche questo tema che fa da sfondo alla Laudato si’ è presente e non casualmente, perché in questo territorio tanto ferito dal terremoto alcuni anni fa sono sorte iniziative della chiesa di Rieti e di Carlo Petrini: le “comunità Laudato si’”, che hanno proprio come obiettivo quello di creare una maggiore sensibilizzazione grazie a persone che su questi temi si attivino creativamente e concretamente.
Come quello che sta avvenendo in questo momento, mi riferisco chiaramente alla guerra in Ucraina. Ha influito sul festival di quest’anno?
Il clima che respiriamo è quello di una guerra che, a sorpresa, ci ha letteralmente fatto sobbalzare perché già si veniva da anni di grave difficoltà a causa del Covid e, nel nostro caso, ancor prima del terremoto. La comunicazione però impatta profondamente su qualsiasi esperienza, perciò mai come in questo momento il racconto della guerra può essere un caso di studio di quanto la manipolazione della verità possa essere sempre in agguato e di come bisogna attrezzarsi per ascoltare in modo differenziato, in modo da evitare accuratamente le fake news che sono diventate gran parte della comunicazione social e rischiano di segnare in negativo l’ecosistema dei media. La guerra entra direttamente in uno degli incontri, mi viene in mente quello con la professoressa Chiara Giaccardi con Davide Puente, a proposito di comunicazione, ma è presente lungo tutto il tragitto del nostro festival.