Antonella Palermo – Città del Vaticano
Nello Stato americano dell’Arizona il governatore Doug Ducey ha trasformato in legge il provvedimento che vieta le interruzioni di gravidanza sulla base di anomalie genetiche, a meno che la condizione sia considerata letale per il feto.
Il governatore: questa legge protegge le vite umane
“C’è valore in ogni vita, a prescindere dalla genetica. Continueremo a dare la priorità alla vita di coloro che non sono ancora nati – afferma Ducey al suo secondo mandato -. Questa legge protegge le vite umane”. La nuova norma prevede il carcere per chi effettua aborti, vieta la spedizione via posta di medicinali per indurre l’aborto e richiede che i feti siano seppelliti o cremati. La legge rende quindi reato per un medico interrompere una gravidanza in caso di anomalie genetiche, e punisce anche chi usa la forza o la minaccia per indurre una donna a interrompere la sua gravidanza in questi casi. Il commento del professor Alberto Gambino, presidente dell’associazione Scienza e Vita.
Non si può ridurre una norma a slogan
“Si tratta di comprendere a fondo quale è il contenuto della normativa: non si può ridurre una normativa ad uno slogan”, dichiara Gambino. “Detta in questi termini è evidentemente uno stravolgimento, a livello di percezione sociale, e favorisce una idea per cui a ingiustizia si aggiunge ulteriore ingiustizia”, aggiunge invitando a fare attenzione: “il tema dell’interruzione di gravidanza può essere mitigato, a volte azzerato, se ci sono le condizioni sociali ed economiche di sostegno alla donna e alla famiglia. Gli Stati Uniti non sono dei campioni in questo”.
Verificare le motivazioni che portano a un aborto
Il professor Gambino sostiene la necessità di “capire come la legge – sempre dura – può lasciare a una politica inclusiva di evitare che ci siano queste forme di annientamento dell’essere umano”. Insiste nel considerare questo provvedimento “più come uno slogan che reale”. E conclude che bisogna sempre verificare le motivazioni che portano a questo atto dolorosissimo. Una norma del genere – che prevede anche il carcere – evidentemente presuppone che non ci si è posto il perché ci sia una scelta abortiva”.