Marina Tomarro – Città del Vaticano
La capienza delle aule, spesso piccole per contenere classi formate anche da trenta studenti; la questione dei trasporti dove la giusta distanza è difficilmente rispettata; i vaccini non ancora fatti da tutti. Sono tanti i dubbi su questa riapertura da parte non solo dei presidi e del personale scolastico, ma anche degli studenti e delle loro famiglie. Il presidente dell’Associazione nazionale presidi, Antonello Giannelli, ha sottolineato che nonostante il prezioso lavoro fatto nelle scuole per renderle un luogo sicuro, in assenza di focolai, il rientro al 100% non garantirebbe più il rispetto del distanziamento, per questo andrebbe consentito ai dirigenti di decidere autonomamente il numero degli studenti in presena. Di parere contrario ad una riapertura al 100% anche i sindacati.
Assicurare il distanziamento di sicurezza
“In questo momento c’è molta preoccupazione, – spiega Cristina Costarelli vicepresidente dell’Associazione Nazionale Presidi di Roma – ciascuno per i propri ruoli e per i propri compiti, dai dirigenti preoccupati dell’organizzazione insieme a tutto il resto del personale, agli studenti e alla loro vita scolastica. Io spero che ci sia un aggiustamento di questo discorso del rientro al 100%, chiarendo che sarà praticabile ove possibile, ma che non lo si renda obbligatorio perché è materialmente impossibile. Noi siamo di fronte a delle norme in contrasto: da un lato il discorso del distanziamento che deve essere assicurato, dall’altro quello di far entrare gli alunni in ambienti che non siano troppo affollati. Quindi in questo contrasto noi siamo convinti che la norma prevalente dovrebbe essere quella della sicurezza. Inoltre noi parliamo di rientro al 100% senza che nulla sia cambiato da settembre, quando non eravamo a scuola. La maggior parte delle scuole superiori non è mai entrata quest’anno al completo. Ci auguravamo di poter concludere questo sofferto anno scolastico con un minimo di stabilità rispetto ad una scuola, che sicuramente non è la migliore possibile, ma sulla quale comunque ci eravamo organizzati e la situazione stava più o meno funzionato. Tutto questo ci preoccupa veramente, speriamo sia risolto tutto con un po’ di buonsenso”.
Preside quale sarebbe potuta essere invece una soluzione possibile per la scuola e per i ragazzi?
R – Il primo discorso da affrontare sarebbe dovuto essere quello dei locali e dell’edilizia scolastica. Noi siamo in edifici che già prima del Covid erano molto affollati. Non c’è stata un’operazione di ricognizione e di supporto alle scuole, spesso le stesse scuole si sono dovute adattare a trovare da sole delle soluzioni. Ad esempio, nella scuola dove sono dirigente, ci siamo dovuti adattare e usare dei campi sportivi che una parrocchia vicino alla nostra scuola, gentilmente ci ha messo a disposizione. Ma certamente non è questa la modalità di affrontare un problema grave, che esisteva già prima del Covid-19. Andrebbero pensate classi con un numero di alunni non superiore a venticinque, quando attualmente abbiamo classi di trenta persone in locali che ne contengono ventidue.
Ha sentito i pareri invece di quelli che sono poi i protagonisti insieme agli insegnanti di questa situazione, cioè gli studenti? Cosa dicono i ragazzi?
R – Sia i ragazzi che le loro famiglie sono preoccupati perché sono loro che stanno dentro la scuola, la vivono, e vedono le distanze in quei locali. Quindi il discorso che dall’oggi al domani dove si doveva stare in diciotto ora si può stare in trenta, come lo possiamo motivare? C’è una grande preoccupazione negli studenti, anche per i trasporti, in questi mesi qualche cosa è stata fatta, ma è sempre troppo poco rispetto alla situazione che viviamo. C’è un diffuso stato di preoccupazione in questo momento, la scuola ha diritto alla tranquillità, e va conosciuta standoci dentro e chi ci sta dentro tutti i giorni sta esprimendo la propria preoccupazione.