Antigone: il dramma delle carceri, due detenute morte in poche ore a Le Vallette

Vatican News

L’associazione che si batte per i diritti dei carcerati denuncia le condizioni di vita negli istituti di pena italiani, dopo il suicidio di una donna e il decesso di un’altra, lasciatasi morire di fame nel penitenziario torinese. Patrizio Gonnella: “Bisogna agire con empatia verso i carcerati ricordando, nello spirito della Fratelli tutti, che sono persone e non numeri”

Emanuela Prisco – Città del Vaticano

Due donne sono morte giovedì scorso nell’istituto penitenziario Le Vallette di Torino, dove oggi si è recato il ministro della giustizia italiano Carlo Nordio. Azzurra Campari aveva 28 anni e si è impiccata nella propria cella, portando a 43 i suicidi nelle carceri italiane dall’inizio dell’anno, 16 solo tra i mesi di giugno e agosto. Susan John, nigeriana di 43 anni, in carcere dal 21 luglio con una condanna fino al 2030 per reati legati alla tratta e all’immigrazione clandestina, per giorni ha rifiutato cibo, acqua e medicine, fino alla morte. Non sono note le cause del gesto, la donna aveva però espresso più volte il desiderio di poter vedere il figlioletto di 4 anni. La situazione che si vive nelle carceri italiane è drammatica, molto triste e bisogna indignarsi, dice a Radio Vaticana-Vatican News Patrizio Gonnella, giurista e presidente dell’Associazione Antigone, che si interessa della tutela dei diritti e delle garanzie nel sistema penale e penitenziario.

Ascolta l’intervista con Patrizio Gonnella

Silenzio e solitudine

Il silenzio su quanto accade negli istituti di pena è complice della morte, precisa Gonnella, “un silenzio che nasconde una grande miopia da parte della politica e delle autorità”. La sollecitazione è ad indignarsi, “rivoluzionando un sistema carcerario che vive nel medioevo”. La solitudine e la mancanza di contatti con la famiglia sono sicuramente alcuni dei fattori che spingono al suicidio. Nelle carceri oggi i detenuti possono telefonare solo per una durata di 10 minuti e una volta alla settimana, e questo – ribadisce Gonnella – definisce un sistema che ancora una volta non va incontro al carcerato.

Persone e non numeri

“Molte volte ci si dimentica che il carcerato è una persona – prosegue il presidente di Antigone – e il sovraffollamento continua ad essere una delle principali problematiche del sistema penitenziario italiano”. Ad oggi, negli istituti italiani, sono detenute 58.000 persone, circa diecimila in più rispetto al numero che le carceri possono sostenere. Il sovraffollamento non toglie solo spazi vitali, ma anche possibilità di lavoro e di svolgere attività che spezzino la monotonia della vita penitenziaria, una monotonia che fa emergere situazioni di forte depressione, alla base dell’aumento di suicidi e di atti di autolesionismo, soprattutto nel periodo estivo. Ancora una volta Gonnella insiste che si tende a dimenticare che i detenuti devono essere accolti, capiti e aiutati. 

Necessario agire con empatia

La politica può e deve affrontare questa situazione, si potrebbe così forse riuscire a diminuire il numero di decessi, insiste Gonnella, innanzitutto guardando alla situazione come è nella realtà, uscire quindi dalla “miopia”, arrivando ad una visione comune riguardo alla pena, che sia una pena dotata di senso e utile e che, al tempo stesso, rispetti la dignità della persona. “È di fondamentale importanza agire con empatia verso i carcerati”, conclude, “è necessario superare la visione stigmatizzante della pena e prendersi cura della realtà del carcerato e dell’immigrato” nello spirito dell’enciclica di Papa Francesco Fratelli tutti, ricordando ancora una volta l’importanza dell’essere persona.

Il Giovedì Santo del Papa tra i detenuti

“Per un detenuto – aveva avuto modo di dire il Papa lo scorso 25 maggio, nel discorso ai partecipanti all’incontro nazionale dei referenti diocesani del cammino sinodale italiano – scontare la pena può diventare occasione per fare esperienza del volto misericordioso di Dio, e così cominciare una vita nuova”. Francesco, che innumerevoli volte nel suo pontificato ha espresso vicinanza ai detenuti, e che lo scorso giovedì santo, dopo dieci anni, era tornato per la Messa in Coena Domini nel carcere minorile di Casal del Marmo, si era quindi rivolto direttamente alla comunità cristiana, “provocata a uscire dai pregiudizi, a mettersi in ricerca di coloro che provengono da anni di detenzione, per incontrarli, per ascoltare la loro testimonianza, e spezzare con loro il pane della Parola di Dio”.