L’arcivescovo di Kinshasa traccia un bilancio dei lavori dell’assemblea appena conclusa: è stato un modo di ascoltare insieme lo Spirito Santo e ascoltarci gli uni gli altri, per sapere come affrontare le sfide pastorali e sociali. Il porporato si dice convinto che “il Sinodo porterà a una conversione individuale e collettiva” ed esprime soddisfazione per il “grande contributo” portato dall’Africa: “Non siamo venuti con spirito rivendicativo, ma come figli della Chiesa”
Stanislas Kambashi, SJ – Città del Vaticano
Esprime soddisfazione il cardinale Fridolin Ambongo Besungu, arcivescovo di Kinshasa (Repubblica Democratica del Congo), per i lavori e l’esperienza vissuta al Sinodo sulla sinodalità concluso sabato 28 ottobre. Il porporato vi ha partecipato in qualità di presidente del Simposio delle Conferenze Episcopali di Africa e Madagascar (SECAM). Con Radio Vaticana – Vatican News traccia un bilancio dell’esperienza vissuta, soffermandosi sulla Relazione finale di sintesi, sui frutti che, secondo lui, questo Sinodo porterà alla Chiesa, ma anche sulla partecipazione dell’Africa e sulla “restituzione” nelle Chiese locali da parte dei delegati di quanto vissuto in queste quattro settimane a Roma.
Eminenza, come può descrivere la sua esperienza di questo Sinodo?
Anzitutto con un sentimento di gratitudine verso il Signore per avermi regalato un’esperienza eccezionale. Questo è il quarto Sinodo a cui partecipo, ma devo dire che questo Sinodo sulla sinodalità è stato eccezionale.
In che senso?
Eccezionale innanzitutto nella sua composizione: lo chiamiamo Sinodo di vescovi, ma non eravamo solo vescovi. C’erano laici, c’erano donne, giovani, delegati di Chiese sorelle, e si è creato un clima particolare. Un altro fatto è che eravamo il doppio del solito. Invece di riunirci in Aula Nuova del Sinodo, eravamo nell’Aula Paolo VI. Ma devo dire che ciò che più ha caratterizzato questo Sinodo è stato il metodo utilizzato, cioè la conversazione nello Spirito, poi gli incontri, gli scambi scanditi da momenti di preghiera e di meditazione, il silenzio. Tutte cose mai avvenute prima… Ci hanno messo davvero nella condizione di ascoltare lo Spirito Santo e di essere attenti anche all’ascolto degli altri.
Lei ha partecipato attivamente a questa Assemblea sinodale. Che novità questo Sinodo porta o potrebbe portare alla vita della Chiesa?
Secondo la mia analisi, questo Sinodo apre nuove prospettive per la nostra Chiesa. È un Sinodo, come dice il nome, sulla sinodalità. Ciò significa che la Chiesa ha preso coscienza che qualcosa deve cambiare nel suo modo di essere. E il Sinodo sulla sinodalità è come cercare insieme, come ascoltare lo Spirito Santo oggi per essere una Chiesa diversa, pur conservando l’essenziale di ciò che la rende Chiesa. vale a dire, come tenerci per mano e camminare insieme guidati dallo Spirito Santo, per essere una Chiesa che non lascia nessuno sul ciglio della strada, ma che affronta le grandi sfide che si presentano, che si ascoltano e che ascoltano lo Spirito Santo. Questo tipo di Sinodo ci porterà necessariamente a una conversione individuale, ma anche a una conversione collettiva come Chiesa. Questo Sinodo cambierà radicalmente il modo di fare e il modo di essere della Chiesa.
Lei era uno dei membri della Commissione per la Relazione di sintesi, primo passo verso una possibile esortazione post-sinodale. Che valore e che importanza dobbiamo dare a questo documento? È solo un testo che deve accompagnare la Chiesa fino alla prossima sessione di ottobre 2024?
La Relazione di sintesi che abbiamo appena adottato ha due destinatari. Il primo è stato il popolo di Dio che ci ha visto riuniti a Roma, in Vaticano, per un mese. Ha il diritto di sapere cosa abbiamo fatto, di cosa abbiamo parlato, qual è il frutto di questo incontro durato così a lungo… Abbiamo avuto cura di informare la gente di quanto accaduto attraverso questo contenuto. Il secondo destinatario siamo noi stessi che abbiamo partecipato alla prima sessione del Sinodo. Questo documento ci aiuterà a superare questo periodo, da qui fino a ottobre 2024, per prepararci alla seconda sessione. Tuttavia, questo documento ha un carattere transitorio. Non è ancora il documento finale del Sinodo, perché c’è ancora la seconda sessione, ma ci può aiutare a vivere questo periodo di transizione e a informare meglio il popolo di Dio su quanto accaduto con la speranza che al nostro ritorno, per la seconda sessione, torniamo con nuovi elementi per arricchire le riflessioni.
Pensa che il Sinodo abbia affrontato tutte le questioni previste oppure alcune questioni non hanno potuto essere affrontate?
Vorrei essere chiaro su questo tema. Questo Sinodo aveva un obiettivo: la sinodalità. Come in passato ci sono stati Sinodi sui giovani, sulla famiglia, ecc. Questo Sinodo doveva riflettere davanti a Dio nella preghiera, ascoltare lo Spirito Santo, ascoltare i fratelli e le sorelle, riflettere sul nuovo modo di essere Chiesa, Chiesa in ascolto, Chiesa che non lascia indietro nessuno ma avanza verso il Regno di Dio. Quindi l’intenzione non era quella di affrontare questo o quel problema… L’obiettivo principale del Sinodo è come acquisire un nuovo modo di essere Chiesa, a partire dal nostro modo di essere, poi nelle nostre strutture operative, nelle strutture di collaborazione. Come imparare ad essere questa Chiesa aperta a tutti, ma che non lascia nulla della fede essenziale della Chiesa cattolica.
Ciascuno dei partecipanti ha parlato dei punti che li preoccupavano, delle sfide pastorali. Abbiamo discusso molte questioni, ma non erano queste al centro della nostra riflessione. Perciò nel documento di sintesi abbiamo affrontato le questioni in tre punti: prima il punto di convergenza emerso in sala, poi i punti da esplorare ulteriormente che significa che il Sinodo lascia aperto il tema perché c’è ancora la seconda fase. Infine la terza parte con alcune proposte utili ad andare avanti nel cammino verso la sinodalità.
Il Sinodo ha riunito partecipanti della Chiesa universale. Tutti hanno sicuramente dato il loro contributo. Quale pensa sia stato il contributo della Chiesa in Africa?
La Chiesa d’Africa ha dato un contributo sostanziale, forse non come vogliono i giornalisti quando ci fanno la domanda dicendo che non abbiamo ascoltato la voce della Chiesa d’Africa. No, non siamo venuti a questo Sinodo con uno spirito rivendicativo, uno spirito parlamentare, come aveva sottolineato anche il Papa all’inizio. Non siamo parlamentari africani venuti in assemblea per portare la voce dell’Africa. Siamo figli e figlie della Chiesa universale, ma sperimentiamo sfide pastorali a volte specifiche per noi o sfide vissute diversamente altrove, con un’enfasi particolare sull’Africa. Questo è ciò che abbiamo portato… Durante il Sinodo abbiamo cercato di far sentire alcune sfide, in particolare la miseria del nostro popolo. Il continente africano è un continente dove ci sono tante persone infelici, povere, e la conseguenza è che i giovani sognano solo di andare altrove, perché in Africa la vita sta diventando impossibile. C’è poi la sfida del cambiamento climatico: l’Africa è il continente che inquina meno, ma che soffre di più le conseguenze del cambiamento climatico. C’è la sfida della cattiva gestione dei nostri Paesi, con colpi di Stato, con leader politici che pensano solo al proprio arricchimento personale, ecc. Allora abbiamo cercato di condividere queste preoccupazioni con i nostri fratelli e sorelle di altri continenti affinché, nello spirito della sinodalità, potessimo cercare insieme come aiutare anche questa terra a uscire dalla sua miseria.
Possiamo quindi dire che nell’aula del Sinodo si è fatta sentire la voce dell’Africa?
Certamente. Eravamo una delegazione di più di 60 persone e abbiamo parlato, abbiamo assunto il nostro ruolo. Ma lo ripeto, non con l’intento di distinguerci dagli altri. No! Abbiamo affrontato tutte queste questioni, anche se specifiche dell’Africa, e sollevato anche tematiche come la poligamia e altre problematiche specifiche dell’Africa. Sempre, ripeto, in uno spirito di sinodalità.
Cosa può aspettarsi la Chiesa d’Africa da questo Sinodo? Lei ha portato la sua voce a Roma; in cambio, a livello locale, cosa possono aspettarsi le Chiese particolari e le società africane?
Ricordiamo anzitutto che il Sinodo non è ancora finito. L’anno prossimo, a ottobre, torneremo per la seconda sessione. È allora che il Papa rilascerà un’esortazione post-sinodale, e sarà questo documento ad avere autorità. Intanto, tornati nei nostri Paesi, nelle nostre Chiese, si raccomanda a tutti coloro che hanno partecipato al Sinodo di considerarsi come dei missionari che devono riportare l’esperienza sinodale, l’esperienza di comunione e fraternità vissuta agli altri fratelli e sorelle. Quindi, quando tornerò a Kinshasa, prima condividerò ciò che abbiamo vissuto e cercherò di convincere gli altri a venire a vivere la stessa esperienza con noi. Vivere questa gioia, questa felicità, come fratelli e sorelle, come membri della stessa famiglia, la grande famiglia dei figli di Dio. Quindi ciò che condivideremo con le persone è prima di tutto la nostra esperienza e poi il contenuto del resoconto riepilogativo.
Avete pensato a una modalità di restituzione o verrà fatta solo durante le omelie? Ci saranno altre occasioni per questa restituzione?
Abbiamo pensato a una modalità specifica di restituzione, perché come potete vedere, non tutte le diocesi dell’Africa erano rappresentate a questo Sinodo. Per la Repubblica Democratica del Congo, dove ci sono 48 diocesi, eravamo solo tre vescovi. Quindi la restituzione, innanzitutto per me come arcivescovo di Kinshasa, avverrà a livello della mia diocesi. La fase successiva è a livello nazionale. Ci incontreremo come vescovi della RD Congo nell’ambito del Cenco per riflettere sul documento, sulla relazione di sintesi, ma anche per condividere con i nostri colleghi dell’episcopato l’esperienza di sinodalità durante il soggiorno a Roma. Credo che al termine di questo incontro, l’episcopato congolese darà alcune indicazioni a tutta la Chiesa per la recezione del documento e anche per una migliore comprensione e guida così da concretizzare gli elementi già disponibili. Oltre al livello nazionale esiste anche il livello continentale. Abbiamo già programmato per la terza settimana dopo Pasqua del prossimo anno, in aprile, un incontro a livello continentale con tutti coloro che hanno partecipato al Sinodo, ed eventualmente con nuovi membri. Se il Santo Padre vorrà aggiungere altri nuovi membri, li inviteremo tutti così a livello continentale potremo mettere insieme la nostra esperienza e anche le speranze, le proposte per la seconda fase che si terrà nel 2024.