Chiesa Cattolica – Italiana

Alta tensione tra Israele ed Hezbollah. Netanyahu: “La nostra risposta sarà dura”

A tre giorni dalla strage di bambini nel Golan, colpiti da un missile partito dal Libano, la comunità internazionale cerca di scongiurare un’escalation del conflitto in Medio Oriente. Ma il governo israeliano prepara una reazione militare, e continua a colpire obiettivi terroristici nel Paese dei Cedri. I miliziani sciiti minacciano: “Se Israele entrerà in Libano, noi metteremo piede in Galilea”

Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano

La “dura risposta” di Israele all’attacco di sabato scorso nel Golan, con un razzo sul campo da calcio nella città drusa di Majdal Shams, costato la vita a 12 bambini, e attribuito ad Hebzollah, non è ancora arrivata. Ma la tensione resta molto alta, e il premier israeliano Benjamin Netanyahu, in visita ieri sul luogo della strage insieme al capo dello Shin Bet, Ronen Bar, assicura che una risposta ci sarà, mentre alcuni abitanti lo contestano. Durante la notte, le forze di difesa israeliane (Idf) hanno colpito circa 10 obiettivi terroristici di Hezbollah in sette diverse aree del Libano meridionale, uccidendo un miliziano dell’organizzazione sciita nell’area di Bayt Lif, oltre ad aver colpito un deposito di armi e strutture militari delle milizie legate all’Iran.

Hezbollah: risponderemo ad ogni attacco

Hezbollah, intanto, “prende sul serio le minacce di Israele” e “considererà qualsiasi attacco, limitato o meno, come un’aggressione” a cui “seguirà una risposta”, hanno dichiarato alti esponenti dell’organizzazione. Il gruppo libanese ha nuovamente negato ogni coinvolgimento nel lancio del razzo Falaq di fabbricazione iraniana che ha colpito i bambini di Majdal Shams. “Gli inviati stranieri hanno suggerito di non rispondere a nessun attacco per non ampliare il conflitto, ma noi risponderemo”, hanno proseguito i membri di Hezbollah, che non si aspettano un’invasione di terra israeliana, “ma se lo facessero, saremmo pronti. Se decidessero di entrare in Libano, metteremmo piede in Galilea”.  Sedici bambini rimasti feriti dall’esplosione del missile lanciato dal Libano sono ancora ricoverati in ospedale, sette sono in gravi condizioni.

Usa: la guerra Israele-Hezbollah non è inevitabile

Mentre i Paesi europei, Italia compresa, chiedono ai loro cittadini di lasciare il Libano al più presto, il segretario alla Difesa degli Stati Uniti, Lloyd Austin, ha dichiarato che una guerra tra Israele ed Hezbollah non è inevitabile, sottolineando che Washington vorrebbe che la situazione si risolvesse in modo diplomatico. Il ministro degli Esteri dell’Egitto, Badr Abdelatty, ha espresso la piena solidarietà del suo Paese al Libano e ha sottolineato il rifiuto del Cairo di “qualsiasi minaccia volta a destabilizzare” il Paese dei cedri o “la sicurezza del suo popolo”. La premier italiana Giorgia Meloni, in visita in Cina, ha detto che “ogni volta che ci sembra di essere un po’ più vicini all’ipotesi di un cessate il fuoco accade qualcosa. Significa che ci sono diversi soggetti regionali che puntano a un’escalation e che puntano sempre a costringere Israele a una reazione. Lo dico anche per invitare Israele a non cadere in questa trappola”.

L’Iran: il popolo di Gaza bandiera dell’Islam

Nel frattempo, nella Striscia di Gaza, dove la guerra è arrivata al 298.mo giorno, l’ aeronautica israeliana ha colpito Ibrahim Hegazi, responsabile dei missili anticarro nel battaglione Nuseirat di Hamas. Nel centro di Gaza, le truppe stanno conducendo raid mirati, eliminando i terroristi e smantellando le loro infrastrutture terroristiche, anche nell’area di Tel al-Sultan. Successivamente, l’esercito israeliano ha annunciato il ritiro della 98esima divisione dalla città di Khan Younis, nel sud della Striscia di Gaza, al termine di una settimana di operazioni. A Teheran, la Guida suprema dell’Iran, Ali Khamenei, durante un incontro con il capo dell’ufficio politico di Hamas, Ismail Haniyeh, e del segretario generale della Jihad islamica palestinese, Ziad al-Nakhalah, ha afferrmato che “oggi la più alta bandiera dell’Islam è nelle mani dei palestinesi e del popolo di Gaza e, grazie alla loro resistenza, è stato preparato il terreno per la promozione dell’Islam”.

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