di Giampaolo Mattei e Fabrizio Peloni
Lucrezia Di Pinto e Pantaleo Mario Galantino, con i loro 62 anni di matrimonio, accanto a suor Rina Dal Lago e padre Tommaso Campagnuolo che, insieme, di anni ne fanno 187 di età. Una laica, un laico, una religiosa e un religioso. Stamani, nell’Aula Paolo VI, sono proprio loro a rilanciare — con una freschezza da ragazzini (e non è una “frase fatta”…) — la prima appassionata catechesi del ciclo che Papa Francesco ha scelto di dedicare, ogni mercoledì all’udienza generale, al senso e al valore della vecchiaia. Il Papa ha abbracciato queste tre storie… fisicamente. Incoraggiandone i protagonisti. Ringraziandoli. Ma facendo loro presente, con un sorriso, che hanno ancora… tanto da fare. E loro sono lì, a progettare il futuro.
Sono persone anziane, sì. Ma solo per la carta d’identità. Per l’anagrafe dello spirito, in realtà, sono giovanissime. E loro ci scherzano su, con lo spirito dei ragazzini, appunto. «Per il nostro viaggio di nozze, nel febbraio 1960, abbiamo avuto la benedizione di san Giovanni XXIII. E oggi a 62 anni di distanza dal nostro matrimonio — celebrato il 22 febbraio — siamo di nuovo qui per un incontro indimenticabile con Papa Francesco». Lucrezia Di Pinto e Pantaleo Mario Galantino, 88 e 91 anni, raccontano con passione la propria testimonianza di vita insieme. Vengono da Cerignola, in Puglia. Sono a Roma insieme con i loro tre figli — P i e t ro , Nando e Annalisa — e hanno lasciato, però, a casa i sei nipoti, «tutti studenti universitari». Il dono più grande, dicono, che abbiamo portato oggi al Papa è «la nostra famiglia unita».
Suor Rina (Teresa) Dal Lago non si fa certo fermare dai suoi 92 anni: «Bisogna essere attivi, darci da fare». Consacrata nelle religiose di Nazareth da 67 anni, oggi vive a Roma, nell’Istituto Nazareth a via Cola di Rienzo, e serve i poveri dopo aver lavorato come insegnante in Spagna ma soprattutto a Milano. «Per la mia vocazione per la scuola — confida con la forza di un “torrente in piena” — mi hanno profondamente scosso le parole del Papa, nella catechesi, sul rapporto che noi anziani possiamo avere con i giovani. Sì, sento bisogno della tenerezza dei giovani!».
Oblato di Maria Immacolata, è stato ordinato sacerdote il 17 febbraio 1952, cioè settant’an – ni fa. Uomo schivo, sempre sereno, padre Tommaso ha dedicato tutta la vita alla missione tra la gente, «celebrando l’Eucaristia, battezzando, confessando, benedicendo matrimoni e amministrando la sacra unzione agli ammalati». Vita da prete-prete, insomma, A Roma, in Sicilia e in Piemonte. Ancora oggi padre Tommaso collabora con la parrocchia romana del Santissimo Crocifisso. «Faccio quello che posso» dice. Sempre con allegria. «Non mi arrendo, neppure a 95 anni. Ha ragione il Papa, noi anziani siamo un po’ messi da parte, ma non mi lascio vincere» dice il religioso. «Proprio ora un confratello filippino mi ha chiesto qual è il segreto per avere, a 95 anni, questo entusiasmo: lavorare per il Signore, ho risposto. È tutto qui».
Le storie delle persone anziane s’intrecciano, in Aula Paolo VI, con quelle dei bambini. E proprio le famiglie ormai diventano sempre più protagoniste degli incontri diretti con Papa Francesco, ogni mercoledì mattina. Accanto al gruppo degli sposi novelli, infatti, i bambini e i loro genitori “ani – mano” uno spazio trasformandolo in una festosa “ludoteca” nella quale ci si “contagia” con sorrisi. E non mancano certo i pelouche: stamani un orsacchiotto, con tanto di fiocco, è stato donato al Papa con una particolare dedica, “a nome di tutti i bambini che soffrono”.
Un appartamento a disposizione per le famiglie dei bimbi ricoverati all’ospedale Bambino Gesù: ecco l’offerta che la famiglia Acone ha consegnato stamani, durante l’udienza generale, a Papa Francesco. Un’idea nata nei corridoi dell’Istituto nazionale dei tumori a Milano, dove Vincenzo Acone è in cura. «Siamo una famiglia comunque fortunata» dice la moglie Manuela Vicari. Rimarcando quel “comunque” con un tono più alto della voce. Con i figli Edoardo e Martina hanno deciso di dare una mano a un’al – tra famiglia offrendo, appunto, «gratuitamente un appartamento nel tempo del ricovero in ospedale del figlio». «Il nostro gesto — dicono insieme — è solo una piccola goccia nel mare di solidarietà di cui queste famiglie hanno bisogno, è solo un’umile risposta all’appello del Papa che, in numerose occasioni, ha parlato dei bambini come “una ricchezza per l’umanità e per la Chiesa”».
Un gesto che non nasce “a caso”. Da vent’anni Manuela e Vincenzo sostengono l’associazione milanese Prometeo — acronimo che sta per PROgetto Malattie Epatiche Trapianti Ed Oncologia — «per non lasciare mai sole le persone ricoverate e consentire ai loro familiari, in particolare a coloro che non hanno possibilità economiche, di trovare un alloggio a Milano nel tempo della ospedalizzazione». Un pallone e una maglietta, infine, sono stati il dono della Divisione “calcio a 5” della Lega nazionale dilettanti, impegnata da anni in attività sociali, in collaborazione con la Federazione sordi e con la Federazione non vedenti proprio «per dare, tutti insieme, un calcio all’esclusione».