Alla Scuola di Economia Biblica il Libro di Giobbe, ovvero il tema della gratuità

Vatican News

Adriana Masotti – Città del Vaticano

Mercato, moneta, debito, profitto, ma anche merito e sacrificio: nelle pagine della Sacra Scrittura sono presenti la maggior parte delle categorie, anche economiche, che hanno fondato la nostra civiltà. Ma anche temi inediti per il linguaggio economico contemporaneo come dono, alleanza, cura, misericordia e amore. Un economista che legge la Bibbia che cosa può ricavare dai suoi racconti? A questo cerca di dare risposte originali la Scuola di Economia Biblica nata dal desiderio di offrire spazi di approfondimento sui libri della Bibbia attraverso nuove prospettive di lettura e che si propone di interrogare, appunto, con nuove domande le grandi storie e i grandi personaggi biblici per scoprire cosa hanno da insegnarci oggi.

La Scuola di Economia Biblica

La Scuola di Economia Biblica è un progetto promosso dal Polo Lionello Bonfanti, un polo imprenditoriale situato a Incisa in Val d’Arno, Firenze, dove convergono diverse aziende orientate verso un’economia inclusiva e sostenibile che aderiscono al progetto dell’Economia di comunione, e dalla Scuola di Economia Civile il cui obiettivo è favorire un modo nuovo di guardare all’uomo, al lavoro e all’ambiente. La prima edizione dei corsi risale al 2017 e in questi primi tre anni di attività il numero di iscritti ha continuato a crescere. I prossimi appuntamenti sono per questo fine settimana, una full immersion di 9 ore tra sabato e domenica, in modalità online, questa volta, a causa della pandemia. 

Il Libro di Giobbe, tema delle lezioni di sabato e domenica

A tenere le lezioni il professor Luigino Bruni, economista e storico del pensiero economico con un particolare profilo di interesse per l’Economia civile, sociale e di comunione. Professore Ordinario presso l’Università Lumsa di Roma, è coordinatore del progetto Economia di Comunione, consultore del dicastero vaticano per i Laici, la Famiglia e la Vita, editorialista di Avvenire e direttore scientifico dell’evento “The Economy of Francesco”. Tema al centro delle riflessioni “La sventura di un uomo giusto”, ovvero una rilettura del libro di Giobbe: una persona retta viene colpita, nel pieno della felicità, da una grande sventura. La sua vicenda, spiega il professor Bruni, ci ricorda “che la vita è molto più complessa delle nostre convinzioni meritocratiche e ci invita ad abbandonare una visione ‘retributiva’ della fede, centrale anche nell’etica del capitalismo, portata a considerare la ricchezza e la felicità come premi per una vita giusta. Ma che cosa ha a che fare la Bibbia con l’economia? Luigino Bruni lo spiega ai microfoni di Vatican News:

Ascolta l’intervista all’economista Luigino Bruni

R. – La Bibbia ha molto a che fare con l’economia, nel senso che se uno conosce la Bibbia sa che usa tantissimo il linguaggio economico, basta pensare ai Vangeli: le monete, le dracme, i tesori, i mercanti ecc… e tutta la teologia dei primi tempi del cristianesimo ha letto Gesù come Divin mercante che ha pagato il prezzo della salvezza per noi, cioè tutto il linguaggio economico è profondamente legato alla Bibbia. Poi il Vecchio Testamento ancora di più è pieno di vendite, di acquisti, di denari. Soprattutto il grande tema del commercio e dello scambio è stato interpretato e letto anche per spiegare l’alleanza tra Dio e il suo popolo in termini commerciali, come struttura. Ma poi nel Nuovo Testamento abbiamo due figure, Giuda e la Maddalena, che diventeranno sempre più nel corso della storia della Chiesa, immagini di due modi di usare il denaro, uno giusto quello di Maddalena, che usa 300 denari per un olio per ungere i piedi o la testa di Cristo, e l’altro sbagliato, quello di Giuda, che vende Gesù per soli 30 denari, per cui è stato visto anche come figura del pessimo mercante. Quindi vediamo tutto questo profondo, enorme, intreccio nella Sacra Scrittura tra l’economia e la religione. E anche il Libro di Giobbe, in realtà è molto legato al tema della gratuità, al tema della teologia retributiva, secondo cui Dio ci premia in base ai meriti e ci punisce in base ai debiti.

Ma qual è l’obiettivo oggi di una lettura della Sacra Scrittura in senso economico?

R. – Innanzitutto conoscere anche questa dimensione dell’economia all’interno della Bibbia che, per chi ama la Bibbia con tutto il suo umanesimo, è interessante perché è stato fatto molto poco in questo senso. Poi serve anche agli economisti per avvicinarsi con il loro linguaggio a tutto un mondo che in genere non è vicino a quella che è la vita economica: economia e religione hanno avuto sempre rapporti complicati tra di loro, pensiamo al denaro visto come lo sterco del demonio. Insomma, questo tipo di lettura è qualcosa di nuovo e non per niente ci sono sempre più persone interessate ai nostri corsi.

Poco fa ha citato Giuda e la Maddalena. Mi piacerebbe conoscere altri esempi di questo tipo, sapere quali sono le categorie oppure le parole con valenza economica più importanti contenute nelle pagine bibliche…

R . – C’è n’è anche troppa di economia perchè noi sappiamo che c’è tutta una teologia, la cosìdetta teologia dell’espiazione, con cui viene letta la morte e la risurrezione di Cristo secondo categorie economiche, cioè il prezzo della salvezza: c’è voluto il sangue del figlio per poter pagare il debito che aveva l’umanità. Questa è una visione che ha avuto molto successo nel Medioevo e che ancora oggi dura, quindi il linguaggio economico dell’economia ha condizionato molto il modo di intendere l’evento cristiano. Ma poi anche l’Antico Testamento, se pensiamo al tema del sacrificio che era il linguaggio principale delle religioni antiche e anche della Bibbia, il sacrificio lo si è letto in termini economici, in fondo è un commercio con la divinità, cioè io pago un prezzo per creare un credito in me, per poter avere grazie da parte di Dio.

Ci dice anche qualche elemento positivo che emerge dalla Bibbia dal punto di vista economico?

R. – Di positivo c’è il fatto, per esempio, che nella Bibbia come reazione a questa tendenza commerciale, viene molto sottolineata la gratuità e in fondo il tema del libro di Giobbe nasce da questa scommessa fatta da Dio, se può esistere sulla terra un uomo che fa il bene senza essere pagato, cioè gratuitamente. Quindi Giobbe, che era una persona giusta, è stato messo alla prova per vedere se tolti tutti i beni, avrebbe continuato ad essere un giusto, cioè se si può essere buoni senza retribuzione. Quindi la Bibbia, come risposta a questa tendenza commerciale degli uomini che poi loro attribuiscono a Dio, ha sempre sottolineato che esiste invece un altro registro, altrettanto importante e presente nella religione, che è il tema della gratuità, della grazia, come poi l’ha chiamata san Paolo.

La religione ha avuto molta influenza sull’economia, sappiamo che il visione protestante ha influito tanto sulle origini del capitalismo, non potrebbe ora una nuova visione del cristianesimo più sensibile alla dignità umana, alla giustizia, ai poveri avere altrettanto peso sull’economia dei futuro?

R. – Appunto, non c’è solo l’economia che ha influenzato la religione, ma anche la religione ha influenzato l’economia ben prima dell’etica protestante. Quindi si capisce che dall’idea che noi ci facciamo di Dio, dipende anche il tipo di economia che costruiamo sulla terra. Così un Dio inteso come giudice ha condizionato anche l’attività economica delle persone. Se noi riusciamo a presentare l’immagine di Dio diversa, legata all’amore, alla gratuità, al dono, probabilmente, anche l’economia ne risentirà. Certo, oggi il peso della religione sulla vita della società è un po’ diverso rispetto al Medioevo, però rimane sempre un grande tema e quindi mostrare, come fa Papa Francesco, un volto della religione, di Dio e di Gesù più misericordioso, sicuramente ha degli effetti anche economici. Non a caso il Papa ha avviato questo movimento di giovani che intorno alla figura di san Francesco, ad Assisi, nasce come una rivoluzione anche economica.

Infatti, l’evento “The Economy of Francesco” dello scorso novembre è andato molto bene e adesso si continua su questa strada…

R. – Sì, è stata una tappa di un cammino che va avanti perché i giovani si incontrano, fanno cose nuove, e poi ci si vedrà ancora a novembre ad Assisi, perché come dice il Papa bisogna avviare dei processi e un processo va avanti da solo, cresce, non lo controlli. E io sono molto contento di essere stato coinvolto in uno di questi processi che Papa Francesco ha attivato.

Torniamo alla Scuola di Economia Biblica. Ci dice qualcosa su chi la promuove, a chi è rivolta, come avvengono gli appuntamenti?

R. – E’ promossa dal Polo Lionello Bonfanti, vicino a Loppiano, generalmente si svolge qui, ma chiaramente per tutto quest’anno abbiamo fatto solo corsi online. Si tratta di due giorni in cui si approfondisce un tema, in questo caso è il Libro di Giobbe, attraverso delle lezioni frontali, ma poi ci sono dei lavori di gruppo e momenti di dialogo in plenaria e il tutto dura circa 9 ore. I corsi sono riconosciuti dal Miur e quindi abbiamo sempre un buon numero di insegnanti, abbiamo imprenditori, abbiamo giovani, abbiamo lavoratori. Una cosa bella è proprio anche questa diversità, perché ci sono persone di tutte le provenienze, alcuni credenti altri no, che sono interessati o all’economia o alla Bibbia e questa diversità rende l’incontro un’esperienza, in genere, sempre molto gradita e molto dinamica.