Michele Raviart – Città del Vaticano
Migliaia di manifestanti sono scesi in piazza al Algeri ed in altre città del Paese per manifestare contro il sistema politico algerino. L’occasione sono stati i due anni dalla fondazione di Hirak, il movimento per la democrazia che era già stato decisivo per la rinuncia al potere del presidente Abdelaziz Bouteflika nel febbraio del 2019 dopo vent’anni governo. Si tratta delle prime manifestazioni di massa del movimento da oltre un anno, che erano state sospesa a causa della pandemia. Ingente lo spiegamento di forze di polizia, con oltre una novantina di interrogati nella capitale e nel resto del Paese.
Una richiesta di cambiamento
“Gli slogan e le richieste sono rimaste esattamente quelle di due anni fa, quando il movimento cominciò la sua protesta e le sue regolari manifestazioni durante le settimane”, spiega a Vatican News l’esperto di nordafrica Luciano Ardesi, già docente di Sociologia ad Algeri. “Chiedono un cambio del sistema di potere e le richieste sono quelle di una nuova costituzione elaborata in modo partecipativo e non calata dall’alto come quella entrata in vigore il primo gennaio di quest’anno dopo il referendum di novembre scorso”, aggiunge, e “un rinnovamento della classe politica, certamente non quella che ha portato nel recente rimpasto di domenica scorsa del governo con elementi che facevano già parte del gruppo di potere intorno a Bouteflika”
Rimpasto e nuove elezioni
Il presidente Abdemadjif Tebboune ha infatti sostituito sei ministri del suo governo – in modo particolare quelli legati all’industria e alla gestione delle risorse del Paese – nel giorno in cui ha anche annunciato lo scioglimento della camera bassa del parlamento, aprendo la strada ad elezioni anticipate entro i sei mesi. L’obiettivo di questa decisione è tanto quello di superare la crisi politica quanto, secondo gli analisti, anticipare le richieste di Hirak, venendo incontro alle loro richieste.
Liberati 35 prigionieri
Come gesto di conciliazione Tebboune ha anche deciso di liberare 35 dei circa sessanta manifestanti legati al movimento che si trovano in carcere , e di celebrare il 22 febbraio come giornata della fratellanza e della riconciliazione. La liberazione dei prigionieri è stata accolta da Josep Borrell, Alto rappresentante dell’Unione Europea, come “un’ottima notizia” e “una decisione che riconosce l’importanza della libertà di espressione e del pluralismo nel processo democratico”, ma il cambiamento richiesto da Hirak sembra essere più profondo e radicale.
Un sistema partitico non radicato nelle masse
“L’Algeria ha vissuto fino al 1998 in un regime di partito unico, ma la molteplicità dei partiti che si sono formati dopo ha lasciato al potere una classe politica molto spesso autoreferenziale e i partiti non hanno una vera base di massa o una base partecipativa”, spiega ancora Ardesi, spiegando le ragioni per cui Hirak continua a opporsi al presidente Tebboune. “Tutti si interrogano se la manifestazione di lunedì è il segnale della ripresa delle attività del movimento”, continua Ardesi. “Quello che possiamo dire è che lo spirito del movimento non è morto dopo un anno di pausa ed è probabile che continuerà la propria protesta nelle forme che saranno possibili per sollecitare il cambiamento ad un passo più deciso”.