Chiesa Cattolica – Italiana

Al Teatro dell’Opera di Roma “Da una casa di morti”, viaggio negli inferi di una prigione

Ieri in scena la prima dell’opera in tre atti su libretto di Leoš Janáček, ispirato al libro “Memorie da una casa di morti” di Fëdor Dostoevskij

Marco Di Battista – Città del Vaticano

Un viaggio dantesco conduce Alexandr Petrovič Gorjančikov in un carcere siberiano. Nella prima parte, in cui si dichiara prigioniero politico, conosce la realtà della casa di detenzione. Nella seconda siamo nell’anno successivo e Gorjančikov è entrato nella (non) vita della prigione, interagendo con altri carcerati. Nella terza viene liberato perché è stata accettata la domanda di grazia. Questa in pochissime parole la trama di un’opera complessa per le tematiche proposte: innanzi tutto l’idea di giustizia, incarnata da un’aquila che percorre l’intera opera e che il regista Krzysztof Warlikowski ha intelligentemente umanizzato.

Una scena dell’opera

Brillante scrittura orchestrale

I detenuti si presentano e raccontano le proprie storie, i propri delitti. Il declamato melodico è sempre accompagnato da una imponente e brillante scrittura orchestrale, quasi un contraltare ai crimini del testo. Centrale, per posizione e importanza, il momento nel secondo atto nel quale nel carcere viene allestito uno spettacolo teatrale. Teatro nel teatro, dunque, dove le due pantomime rappresentate formano un gioco di specchi tra passato e presente, tra verità e finzione, tra umanità e disumanità, tra memoria di ciò che era il mondo di fuori e coscienza dell’ineluttabilità di ciò che è la vita dentro il carcere.

Testamento spirituale

Dal punto di vista musicale era importante dosare la brillantezza di Janáček, degli ottoni e delle percussioni, anche non tradizionali, con la parte vocale. Ci è riuscito il giovane e promettente Dmitry Matvienko, direttore nato a Minsk nel 1990, che ha scelto come guida l’edizione critica dell’opera realizzata da John Tyrrell nel 2017. Bene l’intero cast, cantanti e non, così come la regia di Warlikowski.

Un’opera corale che è un testamento spirituale per Janáček, che muore prima di terminarla e che sarà eseguita solo nel 1930. Si parte da Dostoevskij ma l’umanità è quella distrutta che si si trova all’avvento del nazismo, alla crisi economica e al nuovo sacrificio umano della Seconda Guerra mondiale.

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