Fausta Speranza e Stefano Leszczynski – Città del Vaticano
Ad un anno esatto dall’esplosione al porto di Beirut, per l’ennesima volta manifestanti hanno tentato ieri di entrare nell’area protetta intorno al Parlamento libanese: decine le persone rimaste ferite negli scontri con la polizia.
La disperazione della popolazione
Il messaggio al centro delle proteste appare chiarissimo: insopportabile lo stallo sull’inchiesta che dovrebbe accertare le responsabilità di una tragedia causata da quasi 3.000 tonnellate di nitrato di ammonio che non dovevano essere stipate in quel modo praticamente nel cuore della città e poi nessuna fiducia nei governanti. Della drammatica situazione che vive il popolo libanese riferisce Ilaria Masieri, responsabile dei progetti in Libano della ong Terre Des Hommes:
Masieri conferma che in Libano è sotto gli occhi di tutti una crisi gravissima. Spiega che è molto significativo il termine “risurrezione” che ha usato Papa Francesco per esprimere il suo auspicio per il popolo libanese. L’esplosione è stata un episodio tragico, afferma Masieri, ma non è l’unica tragedia: pandemia, crisi economica, default economico, disorientamento e impasse politica sono realtà che da tempo si vivono in Libano, per non parlare, aggiunge, delle fragilità delle persone meno abbienti e dei migranti. Masieri ricorda che l’80 per cento dei bambini e delle bambine hanno oggi un livello di vita ben peggiore anche solo rispetto al 2020, quando già c’erano i problemi economici. Ma al momento c’è un esodo dal Paese anche degli insegnanti, così come di tanti imprenditori. Chi può cerca salvezza all’estero. D’altra parte, sottolinea la responsabile di Terre Des Hommes, non sembra esserci futuro se non cambia qualcosa. A proposito dell’impegno della ong, riferisce di quanto sia stato problematico riuscire a svolgere il proprio lavoro durante la pandemia che ha complicato davvero tutto. Masieri però vuole anche raccontare che, a parte le difficoltà che sembrano aggiungersi sempre di più per la popolazione e per chi opera nel Paese, è straordinaria la risposta del popolo nei confronti degli operatori della cooperazione internazionale: c’è acoglienza, disponibilità, voglia di fare.
L’impegno per gli aiuti
Le quote promesse dai vari partecipanti alla Conferenza internazionale virtuale, organizzata ieri dalla Francia e dall’Onu, saranno versate nei prossimi 12 mesi. Parigi ha stanziato aiuti per 100 milioni di euro, ha dichiarato il presidente Emmanuel Macron, aggiungendo che la Francia fornirà anche 500 mila dosi di vaccino contro il Covid-19. Il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, ha promesso altrettanti 100 milioni di dollari. Alla Conferenza hanno partecipato 33 Stati e 13 organizzazioni internazionali. La necessità umanitaria del Libano è stata stimata dall’Onu in 357 milioni di dollari; gli aiuti si concentreranno su acqua, scuola, sanità.
Dalla comunità internazionale pressing per le riforme
Oltre ad assicurare fondi, sia il presidente francese Macron che lo statunitense Biden hanno chiesto con fermezza riforme e lotta alla corruzione. In particolare, Macron ha dichiarato, ad apertura della Conferenza, che i dirigenti libanesi sono debitori di verità e di trasparenza nei confronti della loro popolazione”, specialmente riguardo l’esplosione di un anno fa nel porto di Beirut. Ad un anno da quel tragico evento, l’inchiesta è ad un punto morto, e Macron ha puntato il dito contro le responsabilità della classe politica libanese che, ha detto, sembra “scommettere sul deterioramento della situazione”, un atteggiamento che ha definito “un errore storico e morale”. “La Francia e molti altri (Paesi) – ha aggiunto il presidente parlando dal Fort de Bregancon, la storica residenza estiva dei capi di Stato francesi affacciata sul Mediterraneo, nel sud della Francia – hanno cooperato per fornire tutte le informazioni di cui disponiamo, siamo favorevoli a tutte le cooperazioni tecniche” che potrebbero rivelarsi necessarie ai fini dell’inchiesta, ha aggiunto il leader francese, sottolineando che le conclusioni dell’indagine sono “attese da tutto il popolo libanese”. Da parte sua, Biden ha affermato che “nessuna cifra di denaro dall’esterno sarà mai abbastanza se i leader libanesi non si impegnano a fare il duro ma necessario lavoro di riformare l’economia e combattere la corruzione”, definendo quest’ultimo un tassello “essenziale”. “Non c’e’ tempo da perdere e siamo qui per aiutarvi se lo fate”. Il capo della Casa Bianca non ha specificato in quale settore verranno investiti i nuovi fondi promessi, ma ha spiegato che si andranno ad aggiungere ai 560 milioni di dollari già devoluti negli ultimi due anni.
L’appello di monsignor Wachowski
Nelle parole di monsignor Wachowski, sottosegretario vaticano per i Rapporti con gli Stati, intervenuto alla Conferenza internazionale sul Libano, è tornato il termine ‘sprofondare’: è il rischio che corre il Paese afflitto da tre anni da una gravissima crisi socioeconomica e politica e da dodici mesi alle prese con i lutti, la disoccupazione, le menomazioni dei feriti, lo choc dei bambini in conseguenza della terribile deflagrazione. Il richiamo è alle parole di Papa Francesco nella Giornata di preghiera e riflessione del 1° luglio con i leader religiosi del Libano, quando ha invitato la comunita’ internazionale a intervenire perche’, ha detto, “il Paese non sprofondi, ma avvii un cammino di ripresa”. Ma Francesco, anche al termine dell’ultima udienza generale, ha ricordato l’amato Libano rivolgendo il pensiero soprattutto alle vittime, alle loro famiglie, ai tanti feriti e a quanti hanno perso la casa e il lavoro”, facendo infine un’amara considerazione: “Tanti hanno perso l’illusione di vivere”.
Sullo sfondo le tensioni al confine con Israele
Proprio ieri nel sud del Libano, per la quinta volta in due mesi, sono stati lanciati razzi contro Israele. I radar di Unifil hanno segnalato il lancio verso Israele di due razzi dal territorio libanese a nord del fiume Litani che rappresenta il confine nord dell’area presidiata dai caschi blu delle Nazioni Unite. Tale azione costituisce una violazione della risoluzione 1701 (2006). La zona di impatto, confermata dalle Forze Armate Israeliane, si trova presso l’abitato di Kiryat Shmona e la risposta non si è fatta attendere, coinvolgendo anche il settore ovest dell’area di operazioni di Unifil a guida italiana. Oltre cinquanta colpi di artiglieria sono stati lanciati in aree non abitate. Il Capo Missione, il generale di Divisione, Stefano Del Col, sin da subito si è messo in contatto con le parti, l’esercito libanese e quello israeliano, invitandole alla “massima moderazione, per evitare ogni tipo di escalation e riportare stabilità e calma nel Sud del Libano”. Il messaggio ha sottolineato come ”si debba proseguire uniti, per raggiungere gli obiettivi prefissati dalla risoluzione 1701 (2006), lavorando per mantenere la stabilità”. Peraltro, proprio entro la fine del mese, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite dovrà rinnovare il mandato di Unifil.