Elvira Ragosta – Città del Vaticano
Discriminazioni, persecuzioni, uccisioni. Sono questi i rischi che corrono le persone affette da albinismo, soprattutto in alcuni Paesi africani. La rara malattia, genetica e non contagiosa, comporta la mancanza di pigmentazione della melanina nei capelli, nella pelle e negli occhi, causando vulnerabilità al sole e alla luce intensa. In Africa gli albini sono spesso oggetto di credenze e miti superstiziosi che favoriscono la loro emarginazione sociale e portano anche a diverse forme di stigmatizzazione e violenza. La situazione è divenuta ancora più difficile durante la pandemia di Covid-19 e la povertà causata dalle relative misure di contenimento messe in atto in ogni Stato per contenere i contagi. A denunciarlo nei giorni scorsi è stata l’esperta delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con albinismo, Ikponwosa Ero. “Nei Paesi africani – commenta a Vatican News Elisa Tronconi, presidente dell’associazione italiana Albinit, la riduzione delle ricchezze ha determinato, secondo me, il pretesto ulteriore per poter trovare una fonte di arricchimento e magari anche alimentare la superstizione con le pratiche che ormai sono in atto da anni sui corpi degli albini”.
Progressi e rischi
Nonostante le battute d’arresto causate dalla pandemia, l’Onu sottolinea comunque i grandi passi avanti fatti nella sensibilizzazione e nella lotta alla discriminazione verso le persone affette da albinismo in diversi continenti. La ricerca sulle cause di questa malattia è, infatti, aumentata di oltre dieci volte e le maggiori informazioni a disposizione hanno contribuito a una migliore comprensione del diritto alla salute, all’istruzione, e contro la discriminazione razziale. “Così, come – ha precisato l’esperta delle Nazioni Unite, Ikponwosa Ero – è aumentata la consapevolezza della necessità di proteggere le donne e i bambini da pratiche dannose”. Intanto, resta il rischio che l’aumento delle persecuzioni verso gli albini, riscontrato con il diffondersi della pandemia, possa vanificare gli sforzi fatti finora. La presidente dell’associazione Albinit, Tronconi, condivide questo timore, ma sottolinea anche gli obiettivi raggiunti negli anni non solo a livello globale: “All’interno degli stessi Paesi africani si sono mosse tantissime associazioni per cercare di diffondere la conoscenza di questo fenomeno e per intervenire a protezione delle persone direttamente interessate”.
La diffusione dell’albinismo nel mondo
I dati delle Nazioni Unite indicano che l’albinismo colpisce una persona su circa 20mila in Europa e Nordamerica, mentre è molto più frequente nell’Africa sub-Sahariana. In Tanzania riguarda una persona su 1.400 e una su 1.000 in alcune zone dello Zimbabwe, del Malawi e di specifici gruppi etnici del Sudafrica. Molto preoccupante è la situazione in Nigeria, dove ad essere presi di mira sono soprattutto i bambini albini, spesso uccisi per rituali di stregoneria, perché si crede che pozioni realizzate con parti del loro corpo portino fortuna e ricchezza.
Informazione e cultura e rete per sconfiggere le discriminazioni
La sensibilizzazione sulla malattia sembra l’unico antidoto per sconfiggere esclusione e persecuzione. Al di là dei crimini contro gli albini registrati in alcuni Paesi africani, Tronconi ricorda che in altri Paesi, compresa l’Italia, ci sono ancora tante barriere da superare, perché la questione della discriminazione è sempre dietro l’angolo. “Albinit – conclude – ha, fin dalla sua fondazione, cercato di diffondere cultura e informazioni sull’argomento e si è alleata con tutte le associazioni a livello europeo. A partire da gennaio 2020, inoltre, è nata una Global Alliance che unifica esigenze comuni ad un’unica malattia rara e si sta muovendo a livello mondiale in un’unica direzione”.