Afghanistan, scuole chiuse alle donne. I talebani negano il diritto allo studio

Vatican News

Francesca Sabatinelli – Città del Vaticano

Un grande dolore, ma nessuna sorpresa, perché non c’erano segnali che l’attuale governo talebano si discostasse dagli orrori, dalle violenze e dall’oppressione del regime di vent’anni fa. E dunque, nonostante annunci e congratulazioni per l’avvio del nuovo anno scolastico, le porte degli istituti secondari, ossia dalle medie alle superiori, sono rimaste chiuse per le studentesse afghane alle quali, lo stesso giorno di inizio delle lezioni, non è rimasto altro che rientrare a casa. Perché per ora le aule, a chi è tra i 12 e i 19 anni, restano proibite.  

Un’improvvisa battuta d’arresto

Dopo aver ceduto alle pressioni internazionali e aver annunciato l’apertura delle scuole alle ragazze, ecco il dietrofront talebano, motivato da ragioni discutibili, come quella, ad esempio, di dover decidere che tipo di uniforme far indossare alle studentesse. “Le ragazze afghane, per andare a scuola, indossano già un vestito completamente nero e un velo bianco”, obietta Simona Lanzoni vicepresidente della Fondazione Pangea, da anni impegnata in Afghanistan. Lanzoni conferma anche le divisioni all’interno del governo, nel quale convivono correnti diversi, più moderate rispetto alla questione donne ed istruzione, ma anche più estreme.

Ascolta l’intervista con Simona Lanzoni

Il diritto all’istruzione per il cambiamento

“L’oppressione che si sta preparando in Afghanistan sulle donne di ogni età è qualche cosa di inimmaginabile”, prosegue la vicepresidente di Pangea, che sottolinea la prevedibilità di quanto sta accadendo, con “l’attenzione internazionale spostata sul conflitto in Ucraina, in Afghanistan il fatto che non ci sia più un controllo della comunità internazionale sta avendo un effetto di peggioramento della situazione per tutta la popolazione”. Per impedire alle bambine di andare a scuola, si teme che vi siano stati anche casi di abuso e di uccisioni, un’informazione terribile e raccapricciante che non ha ancora trovato conferma, ma che a Lanzoni arriva direttamente da Kabul. “La scuola, in qualche modo, in Afghanistan va dimenticata per le donne. Ma occorre sempre ricordare che l’educazione è il pilastro di una società civile che può crescere e può svilupparsi in una direzione completamente differente rispetto a quella che vogliono i talebani, che vogliono semplicemente restringere qualsiasi possibilità di educazione a partire dalle giovani donne, perché sono loro che possono portare il cambiamento in questa società”. Una oppressione, quella verso le donne, evidente anche in occasione delle stesse attività umanitarie dell’organizzazione. “Facciamo distribuzione di alimentari in sette province dell’Afghanistan, ci hanno proibito di consegnare aiuti a famiglie in cui il capo famiglia è donna e di fare fotografie a donne e bambine durante la distribuzione dei pacchi alimentari”.

Necessaria la pressione internazionale

Le organizzazioni internazionali, a partire dall’Onu, così come la comunità internazionale, sono chiamate quindi a intervenire per fare pressione sui talebani in modo da spingerli ad alcune concessioni in cambio di aiuto alimentare e sanitario, e perché si possa anche spingerli ad accettare l’educazione delle ragazze oltre gli 11 anni. “La donna – conclude Simona Lanzoni – rappresenta un oggetto di estrema attenzione per il regime talebano, il che ci fa pensare al peggio rispetto a quello che era il vecchio regime degli anni ’90, durante il quale veramente le donne sono state trattate in maniera disumana”.