Luca Collodi – Rimini
“Il multilateralismo non sta funzionando. Quello che sta succedendo in Afghanistan in questi giorni è un esempio”. Lo afferma dal Meeting di Rimini Francesco Rocca, presidente della federazione internazionale della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa, intervenuto alla tavola rotonda su “Istituzioni internazionali e multilateralismo alla prova in tempo di Covid”. “Nonostante tutto, noi siamo presenti e stiamo operando in Afghanistan, e come abbiamo sempre fatto, dialoghiamo con tutti gli attori presenti sul terreno. Noi siamo per costruire ponti e tenere aperto il dialogo. Non possiamo lasciare da soli gli afghani anche per gli aiuti alimentari, questione che costituiva già un’emergenza prima dell’arrivo dei talebani a Kabul e che ora si è di certo acuita”.
Stiamo collaborando con il Ministero degli Esteri e quello della Difesa, afferma ancora il presidente Rocca, per l’accoglienza delle famiglie e del personale afghano che ha collaborato con le nostre forze armate. Abbiamo messo a disposizione i nostri centri di accoglienza e il nostro personale sanitario a Fiumicino. La vicenda afghana ha avuto una accelerazione improvvisa e la situazione è in divenire. È ovvio che bisognerà pensare a dei percorsi dedicati se non vogliamo creare ulteriore emarginazione. Mi auguro che ci sia un approccio inclusivo. Noi faremo la nostra parte per accompagnare e sostenere le famiglie che saranno affidate alla responsabilità di Croce Rossa.
Croce Rossa come intende portare avanti la presenza in Afghanistan?
Continuiamo ad operare. Siamo presenti. Il personale espatriato prosegue il proprio lavoro mentre quello locale della Mezzaluna rossa afghana sta lavorando su tutti i presidi territoriali come i tre ospedali e il presidio ortopedico. Ma c’è molta preoccupazione perché la situazione è estremamente volatile.
Qual è la preoccupazione maggiore in questa fase?
È la logistica: va detto che, oltre all’uscita dall’Afghanistan delle forze militari straniere, gli afghani stavano soffrendo una grave siccità con conseguente crisi alimentare in molte zone del Paese. Il nostro personale locale, alcune migliaia di operatori, ci stava lavorando. Continueremo a farlo. I nostri operatori conoscono le comunità da assistere e questo fa la differenza.
Le priorità del momento?
Sono le persone più fragili. Stanno lasciando l’Afghanistan le famiglie che avevano un lavoro, una posizione. Andranno via le persone dell’intellighenzia e resteranno quelle più povere, fragili e vulnerabili soprattutto nelle zone più isolate.
Avete canali aperti con il nuovo regime talebano?
I vertici della Mezzaluna rossa afghana hanno avuto contatti con i talebani e sono stati incoraggiati a proseguire il loro lavoro. Ci hanno detto che nulla cambia, ma lo vedremo alla prova dei fatti. Il dialogo con i talebani lo avevamo anche nelle zone da loro controllate prima dell’uscita degli eserciti stranieri. Per noi è importante l’accesso alle persone con difficoltà. Il nostro ruolo è quello di dialogare e vogliamo continuare a farlo. Non è il momento migliore ma non ci tiriamo indietro.
L’aeroporto di Kabul è preso d’assalto dagli afghani che cercano di partire con morti e feriti…
Non siamo presenti al momento nello scalo. Si tratta di una operazione preminentemente militare. Dell’evacuazione se ne stanno occupando le forze armate.