Addio a Luca Serianni, filologo e linguista appassionato

Vatican News

Gabriella Ceraso e Antonella Palermo – Città del Vaticano 

La cultura italiana e il mondo accademico perdono un grande studioso, un fine filologo, un profondo conoscitore della lingua italiana e un amato e appassionato insegnante. Luca Serianni romano, 75 anni ad ottobre, emerito di Storia della lingua italiana all’Università “La Sapienza” di Roma. In questo ateneo si era laureato con Arrigo Castellani, maestro del “purismo” della lingua italiana, e dopo esperienze accademiche a Siena, L’Aquila, Messina, era tornato nel 1980 per proseguire fino al 2017 con un congedo memorabile, una lezione sull’insegnamento applauditissima. Oggi la morte all’ospedale San Camillo della Capitale, dove era ricoverato in coma irreversibile in seguito a un incidente stradale, il 18 luglio scorso, quando era stato investito su un attraversamento pedonale a Ostia, dove risiedeva.

Custode di un patrimonio da insegnare e tramandare

La grande autorevolezza e la fama internazionale nel campo degli studi sul linguaggio poetico e la grammatica storica lasciano poco da aggiungere su di lui. Tra le prime espressioni di cordoglio giunte, infatti, c’è quella di Claudio Marazzini, presidente dell’Accademia della Crusca di cui Serianni era socio nazionale come per l’Accademia dei Lincei e della Casa di Dante di Roma e tante altre istituzioni di prestigio. Era vicepresidente della Società Dante Alighieri, direttore delle riviste “Studi linguistici italiani” e “Studi di lessicografia italiana”. E ancora, Serianni è stato il curatore dal 2004 del vocabolario della lingua italiana Devoto-Oli e dal 2017 anche coautore. Autore di molti volumi tra i quali la Storia della lingua italiana edita da il Mulino e collaboratore di diverse pubblicazioni dedicate alla linguistica, Serianni  era un maestro amatissimo dagli allievi, come ricorda oggi l’ateneo romano. Giovani che ha formato a diventare altrettanti illustri uomini di cultura: il primo suo laureato è stato nel 1982 Giuseppe Patota, oggi professore ordinario di Storia della lingua italiana presso l’Università degli Studi di Siena e  accademico della Crusca.

La bellezza e la forza della parola

Amava le parole, la loro forza, le idee in esse contenute il professor Serianni, e lo comunicava – come dicono i titoli dei volumi dedicati agli studenti delle scuole superiori. La grammatica innestata sulla filologia – regole, parole,testi  – e poi Dante, i due punti fissi della sua vastissima produzione che ha avuto ampia eco all’estero dove ha ricevuto, tra l’altro, la laurea honoris causa dall’Universita’ di Valladolid e il dottorato honoris causa dell’Universita’ di Atene. Come dimenticare testi, croce e delizia dei suoi allievi, quali: La “Storia della Lingua italiana”, “Parola di Dante” o “Lezioni di grammatica storica” con le quali insegnava e comunicava lingua e letteratura custodite e amate come “patrimoni nazionali”.

A cosa serve la ligua italiana

Diversi i suoi interventi anche ai microfoni della Radio Vaticana sulla figura di Dante, come sul contributo della lingua italiana quale fattore che ha percorso l’unità e l’identità italiana, e ancora il ruolo dei dialetti e anche della Chiesa nella diffusione dell’italiano. Abbiamo recuperato una intervista di archivio realizzata il 24 febbraio 2011. Luca Serianni ci spiegava come il nostro idioma sia stato un fattore portante dell’identità nazionale.

Ascolta l’intervento del Prof Luca Serianni

Il ruolo importante della Chiesa nella diffusione dell’italiano

Il professore Serianni precisava: “La Chiesa contribuisce moltissimo alla diffusione dell’italiano nel mondo, grazie alle sue istituzioni culturali presenti in massima parte a Roma”. Parlava della Chiesa cattolica come “l’unico esempio in cui esiste, non certo di diritto ma di fatto, l’italiano come lingua veicolare, per lo meno per quanto riguarda la presenza di religiosi cattolici di ogni parte del mondo a Roma, sede del papato e sede di prestigiosi atenei pontifici.

Insegnare la grammatica con più efficacia

Serianni approfondiva quella che definiva “la felice coesistenza” tra i dialetti e la lingua nazionale in un Paese che si distingue per il numero straordinario di dialetti, la lingua dell’affettività, a cui pure Papa Francesco più di una volta si è riferito. Si soffermava sulla necessità che si insegnasse la grammatica italiana con più efficacia viste le lacune dei ragazzi nella conoscenza del lessico. “Un editoriale, un articolo di giornale – diceva – dovrebbe invece essere completamente comprensibile”.

Riportare i letterati al grande pubblico

Tornano di estrema attualità le sue considerazioni dell’Italia “unita per la lingua ma per il resto molto meno”. Con tristezza guardava alle “continue lacerazioni che ci attraversano” e che “da un lato corrispondono a un costume nazionale che ci caratterizza”. Citava Benigni che aveva appena emozionato a Sanremo con la rilettura dell’inno di Mameli, “di grande suggestione”, quello stesso attore che – secondo Serianni – aveva avuto il grande merito civile di riportare Dante al grande pubblico”. E chiosava con un auspicio: “Abbiamo bisogno che alcuni grandi letterati, Leopardi, per esempio, vengano ripresentati, magari in una luce diversa. Un poeta che ancora oggi riesce a colpire gli studenti pur così distratti da altre voci”.