Gli uni vicini agli altri, in silenzio davanti al mare, sul molo principale della città, a pregare per la pace in Terra Santa. È l’iniziativa che questa domenica, alle 12, ha unito a Trieste il vescovo Enrico Trevisi, il rabbino capo Eliahu Alexandre Meloni, il presidente della Comunità islamica Omar Akram e diversi esponenti di altre Chiese cristiane e confessioni religiose della città, che hanno rivolto un’unica supplica per la fine delle ostilità in Israele e Palestina
Alvise Sperandio – Trieste
Quindici minuti trascorsi fianco a fianco e in totale raccoglimento, rivolti verso il Mare Adriatico e verso il Medio Oriente: per pregare l’unico Dio e “gridare” nel silenzio il dolore di tanti uomini e donne che piangono a causa delle immani violenze che stanno insanguinando i popoli. L’iniziativa interreligiosa si è svolta sul molo “Audace”, in pieno centro di Trieste, a pochi passi da piazza Unità d’Italia, tra il bacino di San Giorgio e quello di San Giusto del Porto Vecchio. Così chiamato in memoria della prima nave della Marina italiana, un cacciatorpediniere, che il 3 novembre 1918 entrò in città alla fine della Prima Guerra Mondiale, e che alla sua estremità ha una rosa dei venti in bronzo. Ad annunciare la preghiera, nello stile del dialogo tra le religioni, era stato il vescovo di Trieste monsignor Enrico Trevisi, celebrando venerdì scorso la messa solenne per la festa del patrono San Giusto: “San Giusto – ha detto – lo penso come un giovane, che ha dato la vita, che è stato legato a grosse pietre, ma che è vivo”.
Gli uni a fianco agli altri, in silenzio, uniti nell’invocazione
Sul Molo è confluita una folla di persone. Non si sono visti bandiere e striscioni né si sono tenuti discorsi ufficiali: a risuonare è stata la forza della preghiera, uniti nel dolore, come uomini e donne di fede. Nel messaggio letto dal vescovo, dal rabbino capo Eliahu Alexandre Meloni, dal presidente della Comunità islamica Omar Akram e dall’archimandrita ortodosso Gregorio Miliaris, prima della preghiera silenziosa, i presenti hanno affermato che “la guerra, la sofferenza e la morte di tanti uomini, donne e bambini ci lasciano sgomenti. Dio non vuole né questa, né nessuna guerra. Oggi noi nel nome dell’unico Dio ci siamo riuniti per chiedere che venga permesso il ricongiungimento delle famiglie, che cessi la violenza delle armi, che con umanità ci si prenda cura della popolazione civile, che si riprenda il dialogo. Noi qui riuniti vogliamo essere un segno che ci si può parlare rispettandosi e accogliendosi nella diversità di ognuno e così chiediamo il pieno rispetto di tutti, di ogni persona, perché tutti abbiamo la stessa dignità davanti a Dio Creatore. Dio ascolta il grido di chi piange. Dio chiede a tutti il coraggio di fare un passo per cercare di comprendere il dolore dell’altro che abbiamo di fronte”.
I vescovi di Gorizia, Trieste e Koper sui controlli tra Italia e Slovenia
Proprio nei giorni scorsi i vescovi di Gorizia Carlo Roberto Maria Redaelli, di Trieste Enrico Trevisi e di Koper Jurij Bizjak, erano intervenuti con una nota comune sui controlli tra Italia e Slovenia. “Le tragiche notizie che giungono dalla Terra del Signore portano anche fra di noi le conseguenze di quella che nel 2014 proprio a Redipuglia papa Francesco definì una “terza guerra mondiale combattuta a pezzi” – avevano dichiarato i presuli – In questi giorni si sono tornati a considerare anche i confini fra Italia e a Slovenia come luoghi da presidiare. Pur comprendendo le ragioni alle basi di queste decisioni degli Stati, non possiamo non ricordare, guardando alla storia di queste nostre terre, che le nostre popolazioni sono state capaci di trasformare le divisioni e le differenze culturali, linguistiche, storiche in occasione di memoria reciprocamente donata.