Francesca Sabatinelli – Città del Vaticano
L’unicità dei popoli della Terra raccontata attraverso venti grandi fotografie di Arturo Delle Donne esposte nel Museo d’Arte Cinese ed Etnografico di Parma, dei missionari saveriani. È la mostra ‘The Homo Sapiens’, visitabile fino all’8 marzo, un viaggio di scoperta e valorizzazione della diversità culturale, che esplora le nuove tradizioni le quali, con l’immigrazione – come spiegano gli organizzatori – sono entrate a far parte del nostro sistema culturale: altre religioni, altri usi e costumi, altre lingue e nuovi beni etnici, come l’abbigliamento, universalmente considerato la prima forma di comunicazione di un popolo. “Questa mostra è una nostra produzione, nata da un’idea mia e del fotografo Delle Donne”, spiega Chiara Allegri, vicedirettrice del Museo e curatrice della mostra. “Siamo andati a cercare e a fotografare italiani di origine straniera con cui abbiamo aperto un grande dialogo. Abbiamo così scoperto che l’oggetto che si sono portati dalla terra natìa, o comunque dalla terra di origine dei genitori, è stato un abito, con i relativi accessori. Abbiamo quindi capito che l’abito è forse l’elemento che più ci lega alla nostra cultura. È stata una vera emozione, perché alcune di queste persone non avevano mai più indossato l’abito, lo hanno riscoperto e con grande orgoglio mostrato”. Per il mese di febbraio è previsto un riallestimento con nuove fotografie, il che porterà probabilmente anche ad un prolungamento della mostra, che ha riscosso un forte successo di pubblico.
Un Museo creato da un santo
Per chi vive nel presente è importante guardare al passato per progettare il futuro: ce lo ricorda questo Museo, nato nel 1901 per opera di monsignor Guido Mario Conforti, allora vescovo di Parma, grande viaggiatore e grande missionario, canonizzato da Papa Benedetto XVI nel 2011. “E’ una grande storia – continua Allegri – che parte da San Guido Maria Conforti, il quale fa nascere questo Museo, all’inizio concentrandosi sulla Cina, perché i missionari saveriani hanno iniziato le loro missioni proprio in terra cinese, alla fine dell’Ottocento”. Di qui la grande collezione di arte cinese che va dal Neolitico sino a metà del secolo scorso. “Dalla ceramica alla porcellana, dalla calligrafia alla terracotta – elenca la vicedirettrice – e poi il grande paravento e anche simboli di religiosità cristiana in terra cinese”. Una grande collezione d’arte che genera il desiderio di espandere la conoscenza verso altre culture, come quelle delle missioni saveriane. Ed ecco che “la curiosità si apre anche all’Amazzonia, all’Africa, al Giappone: oggi abbiamo una collezione di oltre 10.000 pezzi provenienti da tante parti del mondo”.
Lo spirito di fratellanza umana
Varcare la soglia del Museo di Parma significa, dunque, compiere in pochi metri un vero viaggio nel mondo ed entrare nell’essenza stessa delle culture rappresentate, alla scoperta dell’essere umano. “All’ingresso del Museo, per esempio – descrive Allegri – abbiamo una corda della saggezza che proviene dalla Repubblica Democratica del Congo, una corda in cui si miscelano tanti simboli diversi che servono proprio per l’apprendimento dei grandi moti di saggezza, quindi una simbologia che però ci riporta alla quotidianità, al vivere, al buon senso di tutti i giorni. La nostra collezione prosegue con un grande Diadema Kayapò che ci fa addentrare nell’Amazzonia, c’è poi un percorso sull’arte africana, soprattutto sulle maschere dell’arte congolese, per finire poi nella meravigliosa Cina, nella complessità dell’arte e della cultura cinesi”. Nessuna parte del mondo ci è lontana, ma non deve nemmeno rimanerci estranea: il Museo lo dimostra. Oltre a favorire una grande conoscenza delle culture, racconta anche “il vero spirito di fratellanza umana – conclude Allegri – che è quello nel quale noi crediamo molto e che è la missione ultima di questa struttura”.