A Montecarlo il Festival Printemps des Arts: lasciamo fiorire la primavera

Vatican News

Il prossimo sarà l’ultimo fine settimana per la manifestazione musicale, inaugurata l’8 marzo. Il direttore artistico Bruno Mantovani punta alla qualità ma lancia un allarme: “Oggi c’è un vero tentativo di disfacimento dell’arte intesa come un attività intellettuale, come espressione”

Marco Di Battista – Città del Vaticano

Il Festival Printemps des Arts di Montecarlo è “un posto di resistenza contro tutta questa moda di distruzione massiva della cultura a livello internazionale”. Bruno Mantovani, compositore e direttore artistico della manifestazione, non ha dubbi. La possibilità di avere carta bianca non avendo come obiettivo il numero degli spettatori ma il livello culturale è sempre più unica. E il programma di questa edizione del 2023 (iniziata l’8 marzo si concluderà il 2 aprile) ripaga la fiducia di chi ha voluto la rassegna con un cartellone di qualità.

“Ma fin est mon commencement”

Il filo rosso che lega gli eventi in programma è nel motto del compositore medievale Guillaume de Machaut: Ma fin est mon commencement (la mia fine è il mio inizio). Un segno, comunque, di ottimismo nei confronti della musica -e di tutta l’arte- che, in un momento in cui all’attività intellettuale si sostituisce l’intrattenimento, rinasce come un’araba fenice. Il Festival è iniziato con una tavola rotonda sul significato di musica pura e musica a programma e un concerto con la Sinfonia n 2 di Anton Bruckner e due composizioni di César Franck. Che si tratti del famoso Franz Schubert o della meno conosciuta Betsy Jolas, prima del concerto Mantovani ha voluto un incontro per spiegare il senso della performance. Giova ripeterlo, la preoccupazione è che il linguaggio dei suoni possa diventare sottofondo sonoro, la poesia l’arte si una sterile citazione come nei social media.

I compositori statunitensi

Uno spazio grande è stato dato ai musicisti americani. “Quando ho cominciato a pensare a questa tematica -ci dice Mantovani- pensavo all’opposizione tra Steve Reich e Elliot Carter che sono due compositori con due visioni quasi opposte della modernità. Il primo è uno dei padri della musica ripetitiva minimalista, il secondo viene dalla tradizione formale bouleziana e dalla dodecafonia. Non posso dire quale delle due sia più moderno né quale preferisco. È molto raro presentare opere di questi di questi due compositori insieme e questo lo volevo fare. Avremo un concerto con l’Ensemble TM+s (il prossimo 1° aprile ndr) con due capolavori di ciascuno: Cello Counterpoint e City Life di Reich e Gra per clarinetto e A Mirror on Which to Dwell del secondo”.