Emanuela Campanile – Città del Vaticano
I Centri don Vecchi sono condomini protetti, non case di riposo. Si trovano in Veneto, sulla terraferma veneziana: i primi due a Carpenedo, il terzo a Marghera, il quarto a Campalto e gli ultimi quattro agli Arzeroni, località non distante dall’ospedale dell’Angelo, di Mestre. I primi cinque sono destinati ad anziani autosufficienti, prevalentemente in condizioni economiche modeste; il sesto e il settimo a persone con difficoltà abitativa, genitori separati, lavoratori in trasferta, parenti di ricoverati in ospedale da fuori sede, sacerdoti a riposo. “La formula innovativa – spiega nell’intervista Alvise Sperandio, giornalista veneziano da sempre vicino alla realtà dei Don Vecchi e al suo fondatore don Armando Trevisiol – sta nel fatto che i Centri mettono assieme i miniappartamenti, che sono abitazioni private e autonome a tutti gli effetti, con spazi comuni, in ambienti confortevoli, dove si possono condividere dei servizi. Per esempio, la cappella, il ristorante dove si può pranzare a pochi euro, il bar, l’infermeria, il giardino, i salotti, le sale di conversazione e di gioco, la palestra, la biblioteca”. Gli alloggi sono composti da soggiorno con angolo cottura, camera da letto e bagno, per una superficie in media di 35 mq. Attualmente, gli appartamenti sono in tutto mezzo migliaio e ospitano circa 600 residenti, in prevalenza single, ma anche qualche coppia di sposi con un’età media di 83 anni e non pochi casi di over 90.
Sperandio, da dove nasce l’idea dei Don Vecchi?
Il fondatore è don Armando Trevisiol, sacerdote che oggi ha 92 anni, già parroco della parrocchia dei Santi Gervasio e Protasio di Carpenedo, importante quartiere di Mestre, per più di 30 anni, dal 1971 al “pensionamento”, nel 2005, per raggiunti limiti d’età – i 75 anni. Si chiamano così perché don Trevisiol li ha dedicati alla memoria del suo maestro di vita e di pastorale, monsignor Valentino Vecchi, figura che ha segnato la storia della diocesi Patriarcato di Venezia, prima come rettore del Seminario, poi come arciprete del duomo di San Lorenzo martire in piazza Ferretto, dove don Trevisiol fu da giovane vicario, e delegato del patriarca per la terraferma. La realizzazione dei Don Vecchi è un’opera straordinaria della Provvidenza, resa possibile grazie alle tantissime, e incessanti, donazioni dei privati che don Trevisiol, con saggezza e lungimiranza, ha poi trasformato in strutture e servizi a disposizione degli anziani e dei bisognosi. Da quando don Trevisiol è andato a riposo, i Centri don Vecchi sono usciti dall’alveo della parrocchia di Carpenedo e fanno riferimento alla Fondazione Carpinetum, costituita ad hoc e di cui è presidente l’attuale parroco di Carpenedo don Gianni Antoniazzi. Don Trevisiol ora è presidente emerito.
Nei centri vale il proncipio del mutuo aiuto , come si realizza e con quali risultati?
I Centri don Vecchi sono vere e proprie cittadelle, abitate da comunità di persone che si mettono a disposizione gli uni degli altri. Il volontariato, infatti, è un primo pilastro di questa esperienza innovativa che, com’è stato dimostrato da alcuni studi in ambito universitario, permette di prolungare l’autosufficienza degli ospiti, ritardando o del tutto evitando l’eventuale inserimento in casa di riposo. In questo senso svolgono “attività preventiva”, garantendo un buon stile di vita, con le persone che vivono da protagoniste il tempo della loro terza e quarta età, scongiurando uno dei problemi più gravi che affliggono gli anziani: la solitudine. Ciascuno, nei Centri, dà una mano come può: servendo i pasti al ristorante, tenendo aperto il bar, facendo giardinaggio, organizzando iniziative ricreative e ludiche, andando in ambulatorio a provare la pressione arteriosa o la glicemia, cantando nel coro, guidando il pullmino che accompagna le persone ad animare la Santa Messa nella chiesa del cimitero di Mestre di cui don Armando è rettore, facendo lavori di manutenzione ecc…
Come vengono mantenute queste strutture?
I residenti nei mini appartamenti non pagano nessun canone di locazione, avendo l’alloggio in comodato gratuito. Si fanno carico solo delle utenze personali e, nel caso in cui abbiano un reddito mensile superiore alla pensione sociale, offrono un contributo di solidarietà a vantaggio dei meno abbienti e delle spese generali. L’altro cardine è costituito dai magazzini solidali: nei sotterranei del Don Vecchi di Carpenedo, don Trevisiol ha organizzato la distribuzione ai poveri di alimenti, vestiti, mobili, suppellettili ed elementi di arredo per la casa, che vengono consegnati a fronte di un’offerta simbolica (ad esempio: una camicia in cambio di 1 euro), con tutti i proventi che, a fine anno, vengono rimessi in circolo per finanziare le opere di bene. È un circolo virtuoso per due motivi: perché la gente che ne beneficia viene responsabilizzata con un approccio non assistenzialistico, ma volto a cercare di riprendere la propria vita in mano, in maniera autonoma e propositiva; e perché si sperimenta una vera e propria economia circolare, all’insegna del riuso e dell’auto mantenimento senza dover far conto su contributi pubblici, peraltro molto limitati seppure queste iniziative siano il risultato di una sussidiarietà reale e non soltanto annunciata o sbandierata. Dal 5 giugno scorso i magazzini sono sati trasferiti nel nuovo “ipermercato solidale” che è stato costruito agli Arzeroni, nelle vicinanze dei Centri don Vecchi di più recente realizzazione, e battezzato Centro di solidarietà cristiana Papa Francesco, gestito dall’associazione Il Prossimo, presieduta da Edoardo Rivola, in cui sono convogliati le centinaia di persone che ogni giorno operano da volontari. Si consideri che, in un anno, gli ingressi ai magazzini solidali sono oltre 130 mila e che solo l’apertura del Papa Francesco, che è sede più moderna e funzionale, articolata su una superficie di 3.300 metri quadrati, ha fatto sì che nel primo mese siano raddoppiate le presenze: da 9 mila a 18 mila. Solo per avere un ordine di grandezza, un Centro don Vecchi richiede un investimento di circa 3,5 milioni di euro.
Esempio virtuoso e unico per Mestre…
Don Armando Trevisiol sottolinea sempre che la fede dev’essere il giusto connubio tra la spiritualità e la carità concreta. Grazie a questa innovativa esperienza di accoglienza e degli anziani e di aiuto nei confronti dei bisognosi, articolato nei vari servizi di cui si è detto, don Armando sostiene che Mestre meriterebbe il riconoscimento ufficiale di “Città della solidarietà”. Un titolo che nei fatti esiste già a pieno merito, grazie alle intuizioni di questo sacerdote ultranovantenne che ha dato la vita per gli altri. Alla comunità cristiane e civile lascia in eredità un modello che da anni fa scuola e rappresenta un modello per un rinnovato sistema di welfare, anche alla luce dei nuovi bisogni e delle nuove povertà generate dall’emergenza covid, capace di dare risposte anche laddove il pubblico rischia di non arrivare e certamente esportabile anche in altre realtà: non mancano le richieste di sopralluogo, conoscenza e approfondimento da tutta Itala.