Olivier Bonnel – Città del Vaticano
Era un momento atteso, registrato sul calendario della plenaria autunnale dei vescovi francesi a Lourdes. La mattina di sabato 6 novembre si è tenuto un “tempo commemorativo” e un “tempo penitenziale” per le molte vittime di crimini sessuali commessi nella Chiesa. Un momento in due fasi. Prima, fuori dall’emiciclo dove si riuniscono i vescovi; una foto scattata da una vittima è stata svelata: raffigura la scultura di un bambino che piange sul pilastro di una chiesa ed è accompagnata da un testo che recita: “Negli occhi del bambino si mescolano la sofferenza, la violenza subita, la negazione della sua parola e una grande solitudine”.
“Che questo volto intenso dell’infanzia umiliata mi perseguiti, ci perseguiti, anche ciascuno di noi che in un modo o nell’altro ha una responsabilità, finché non avremo portato insieme la giustizia e la verità”, ha detto con parole molto forti suor Véronique Margron, presidente del Corref (Conferenza dei religiosi di Francia).
In ginocchio
Poi, in silenzio, i vescovi, accompagnati da un centinaio di laici, ma anche dalle vittime invitate a Lourdes, hanno attraversato il Gave per andare nella piazza davanti alla Basilica di Nostra Signora del Rosario. Lì, inginocchiato davanti alla croce, il vescovo Eric de Moulins-Beaufort ha recitato una preghiera chiedendo perdono a Dio. “Pensavamo di essere preservati dalla santità di tuo Figlio e dal sacrificio che ha riposto nelle nostre mani. Scopriamo di essere capaci, noi tuoi ministri, noi che tu hai chiamato e scelto, di profanare il tuo dono più estremo, di trasformare in un sistema umano di degradazione, di disprezzo, di morte, il dono zampillante del tuo Spirito”, ha detto il presidente della Conferenza episcopale francese. “Perdonaci per non aver capito quanto il potere che tu dài – ha proseguito il porporato – richieda da noi una chiarezza indefettibile. Perdonaci per aver scambiato la tua misericordia per tolleranza di fronte al male”.
E’ stato un momento solenne e commovente durante il quale la campana ha suonato in memoria delle numerose vittime. “Dobbiamo smettere con le belle parole e passare all’azione”, aveva scandito il vescovo François Touvet all’inizio della settimana, intervistato da Radio Vaticana-Vatican News. Il vescovo di Châlons-en-Champagne, che ha ammesso di essere stato “colpito da un fulmine” dalle testimonianze delle vittime ascoltate dalla CIASE (Commissione sugli abusi sessuali nella Chiesa), ha auspicato che questa assemblea plenaria permetta “pratiche rinnovate per mettere definitivamente da parte i silenzi, i fallimenti”.
Scegliere la vita
Véronique Garnier era una delle cinque vittime che sono andate a parlare con i vescovi. “Ho detto loro che siamo in un momento cruciale, della Croce, dove tutti soffrono”, ha dichiarato a Vatican News il 5 novembre. “Non so onestamente cosa sceglierà la Chiesa, ma io ho scelto usando la mia parola. La parola dà la vita, mentre il silenzio mi ha dato la morte”. Come vittima, Véronique Garnier non nasconde la sua rabbia per questi crimini e per il fatto che alcuni, vescovi o laici, dopo il rapporto del CIASE “non hanno scelto di piangere con le vittime, di mostrare compassione. Addirittura alcuni hanno dato l’impressione di contestare le cifre”.
“Qualche lacrima è scesa durante le testimonianze”, ha continuato Véronique Garnier, che ha confidato di aver atteso di ritrovarsi con la Madonna per piangere, perché – ha ricordato – è a Lourdes che è stata abusata da bambina. La Chiesa, secondo lei, deve urgentemente “decentrarsi e concentrarsi sulle vittime”. Dopo l’apice del sabato mattina nella città mariana, Véronique Garnier ha detto a un giornalista sul posto di aver provato “un senso di calma”. Ma “questa pacificazione di oggi, non posso garantirla per domani”, ha ammesso.