A Gaza si va verso la catastrofe umanitaria, Msf: passaggi sicuri per la popolazione

Vatican News

Le organizzazioni umanitarie denunciano la drammatica situazione in cui si trovano i civili della Striscia, bombardata da Israele. Il numero dei morti sarebbe salito a oltre 1300, 260 mila gli sfollati. Mancano carburante, acqua ed elettricità. Louis Baudoin, portavoce di Medici Senza Frontiere a Gaza: “I civili non potranno resistere a lungo”

Francesca Sabatinelli e Delphine Allaire – Città del Vaticano

La situazione umanitaria a Gaza è ormai insostenibile, le organizzazioni umanitarie internazionali, dalla Croce Rossa a Medici Senza Frontiere, che sono presenti nella Striscia, lanciano i loro appelli perché la popolazione civile non paghi le conseguenze di una violenza di cui non è responsabile, con i bombardamenti che non risparmiano nulla: edifici residenziali, scuole, campi rifugiati, ospedali e ambulanze. Si va verso la catastrofe, fa sapere il Comitato Internazionale della Croce Rossa. La Striscia con i suoi circa 2,3 milioni di abitanti è ormai stretta in un blocco totale da parte di Israele. Gli impianti dell’acqua sono ormai quasi tutti fuori uso, gli ospedali rischiano di diventare obitori, denuncia sempre il Cicr, per la mancanza di energia che mette a rischio soprattutto i neonati nelle incubatrici e gli anziani sotto ossigeno. Ed è sempre il Cicr a dirsi pronto a “condurre visite umanitarie, a facilitare la comunicazione tra gli ostaggi e i familiari e ad agevolare un eventuale rilascio”. La maggior parte dei feriti arrivati nelle ultime ore nella clinica di Gaza City, e presi in incarico da Medici Senza Frontiere, sono soprattutto ragazzini tra i 10 ed i 14 anni. Donne e bambini, spiega l’organizzazione, sono le principali vittime perché sono coloro che si trovano in casa quando gli edifici vengono colpiti dai bombardamenti aerei.

Una situazione ingestibile

I numeri parlano, ad oggi, di circa 1300 morti e di oltre 260 mila sfollati, e le testimonianze, come quella di Louis Baudoin, portavoce di Msf a Gaza, sono ben oltre il dramma. “Gli ospedali – spiega – sono sopraffatti dal numero dei feriti, le sale operatorie sono in funzione giorno e notte, al momento nessuno è al sicuro a Gaza”. Boudoin racconta degli attacchi alle strutture sanitarie, degli almeno 16 operatori sanitari uccisi, di 18 ambulanze andate distrutte, di otto strutture mediche danneggiate o addirittura chiuse, come l’ospedale di Beit Hanoun, l’unico della città nel nordest della Striscia di Gaza, da tre giorni chiuso per i bombardamenti che lo hanno danneggiato. Al momento spiega ancora, la penuria dei più basilari mezzi di sussistenza è totale, e la situazione a Gaza “già precaria in tempi normali, ora sta diventando davvero ingestibile”.

Vuote le strutture sanitarie

L’ospedale più grande al-Shifa, a Gaza City, ha ormai carburante sufficiente per pochi giorni, due al massimo; l’ospedale Al Awda ha chiesto al suo personale di fare turni di una settimana anziché di due giorni per poter risparmiare sul carburante delle auto che portano il personale sanitario a lavoro. Msf sta cercando di provvedere a distribuire attrezzature mediche, ma la realtà, è l’amarezza di Baudoin, “è che se nulla riesce a entrare nella Striscia di Gaza, finiremo per esaurire tutto molto rapidamente. Abbiamo una scorta di emergenza che abbiamo aperto quattro giorni fa, pensata per durare due mesi, mentre in quattro giorni abbiamo usato l’equivalente di tre settimane di attrezzature mediche tra guanti, bende, bendaggi”. Le strutture sanitarie, seppur colpite e danneggiate dai bombardamenti, cercano di non far mancare l’assistenza, ma spesso restano vuote perché le persone non riescono o non vogliono muoversi perché troppo pericoloso.

I palestinesi non sono Hamas

“È difficile sapere esattamente dire per quanto tempo i palestinesi potranno resistere – conclude Louis Baudoin – quello che chiediamo è che vengano allestiti passaggi e aree sicure in modo che le forniture mediche possano arrivare, che la gente possa avere accesso all’acqua e possano essere messe in sicurezza da qualche parte a Gaza. Al momento, si rifugiano nelle scuole o nelle moschee, ovunque possano, ma nessun luogo è sicuro. La risposta del governo israeliano agli attacchi di Hamas non può essere quella di soffocare l’intera popolazione di Gaza. Farlo equivarrebbe a equipararla ai militanti di Hamas, il che non è assolutamente vero”.