Agnes Gedo – Budapest
Sono giornate dense di incontri, liturgie, momenti di preghiera e di confronto quelle che si stanno vivendo a Budapest, capitale dell’Ungheria che il prossimo 12 settembre accoglierà Papa Francesco nella prima tappa del suo 34esimo viaggio apostolico. Nel contesto del 52.mo Congresso Eucaristico Internazionale anche l’incontro annuale dei vescovi greco-cattolici europei organizzato dalla Metropolia greco-cattolica d’Ungheria.
Tra i partecipanti anche Fülöp Kocsis, arcivescovo cattolico metropolita di Hajdúdorog della Chiesa greco-cattolica ungherese e Manuel Nin i Güell, spagnolo, esarca apostolico per la Chiesa bizantina cattolica greca. Nella loro testimonianza – resa a Vatican News – tanti i temi toccati, tra cui l’urgenza del dialogo e della condivisione, le conseguenze della pandemia di Covid-19, la colletta di domani, 8 settembre, prevista in tutte le chiese e le parrocchie che servirà ad aiutare i fratelli cristiani in difficoltà, con particolare riguardo a quanti vivono nel difficile contesto del Medio Oriente. Ma anche l’importanza della Liturgia divina che domani nella Basilica di Santo Stefano a Budapest verrà celebrata da Youssef Absi, patriarca della Chiesa cattolica greco-melchita della Siria. Sullo sfondo, per i vescovi, la grande e gioiosa attesa dell’arrivo del Papa che in Slovacchia presiederà la liturgia bizantina a San Crisostomo per l’unità della Chiesa universale.
Eucaristia e sinodalità
Nell’intervista per primo a parlare è l’arcivescovo Fülöp Kocsis: a questo nostro incontro, spiega, partecipano circa 20 Chiese sui iuris, in particolare la Chiesa Ucraina, molto numerosa di vescovi e fedeli, le Chiese rumena, slovacca, polacca, bulgara, ci sono anche partecipanti dall’Italia – dalla Calabria e dalla Sicilia – e poi naturalmente la Chiesa ungherese. Ogni anno c’è un tema diverso e per quest’anno, afferma, “abbiamo scelto il tema dell’Eucaristia ma collegato con la sinodalità che nella Chiesa cattolica, e forse anche nella Chiesa ortodossa, è un un tema molto molto attuale e che si cerca di approfondire nel suo vero significato. Quindi i due aspetti: Eucaristia e sinodalità”. L’esarca apostolico, Manuel Nin i Güell, sottolinea la gioia del potersi incontrare dopo lo stop dovuto alla pandemia. “Per noi – dice – è anche cominciare un cammino di Risurrezione come corpo ecclesiale e questi sono per noi giorni impegnativi con conferenze e interventi di valore che ci sono d’aiuto per approfondire l’aspetto della comunione e della sinodalità, l’incontro con il Signore, l’incontro con gli altri nella Chiesa e nell’umanità”.
Potersi confrontare tra noi, sottolineano i due interlocutori, è un arricchimento. “Trovare fratelli di altre Chiese orientali cattoliche europee con cui parlare – fa notare Manuel Nin i Güell – con cui poter mettere anche sul tavolo i problemi, perché problemi e difficoltà li abbiamo, quindi poter condividere nei diversi momenti quello che ognuno nella propria Chiesa vive, celebra e soffre è un’esperienza non solo bella ma veramente molto utile”. L’arcivescovo Kocsis esprime la gioia della presenza eccezionale quest’anno all’incontro di Youssef Absi, patriarca della Chiesa cattolica greco-melchita della Siria che domani presiederà la liturgia nella cattedrale di Santo Stefano a Budapest al termine della quale, dice “facciamo un una colletta per offrire un aiuto alla Chiesa melchita in Siria perchè anche questo incontro non serve soltanto per parlare tra noi e per scambiarci la nostra esperienza, ma veramente per rafforzarci l’uno con l’altro”.
La sofferenza del Medio Oriente
La Chiesa ungherese ha sempre avuto un’attenzione particolare verso il Medio Oriente e per i cristiani che in quelle terre soffrono. “Certamente – conferma ancora Manuel Nin i Güell – lì c’è una grande situazione di sofferenza, c’è anche sofferenza per l’emigrazione. Sono Chiese che stanno perdendo tantissimi fedeli a causa della violenza e penso che la presenza di Youssef Absi da noi sia una presenza importante simbolicamente. Perchè lui è un cristiano che parla l’arabo e quindi ci aiuta a capire di più le cose. Noi forse in Europa agli arabi associamo sempre l’essere musulmani, ma i cristiani dei primi secoli hanno celebrato in lingua araba e questo dice molto sulla presenza di un cristianesimo che va oltre le lingue europee, ci porta tanti secoli indietro, ma anche al momento presente ai cristiani di lingua araba che vivono e soffrono testimonianze di martirio e questo è importante per noi”. All’incontro sono presenti anche vescovi e arcivescovi armeni e dalla Turchia e sentire il racconto delle loro sofferenze ci fa capire, sostengono l’arcivescovo Kocsis e l’esarca Nin i Güell, che quando noi ci lamentiamo a causa dei limiti imposti dalla pandemia, per citare un aspetto, dobbiamo riconoscere che le nostre sono sofferenze molto molto più piccole rispetto alle loro. E fanno un esempio significativo raccontando che in Grecia il 70/80 per cento della popolazione è già vaccinato contro il Covid, mentre diversi vescovi dicono che nei loro Paesi la campagna vaccinale non è quasi cominciata.