Alessandro Guarasci – Città del Vaticano
Una preghiera per la pace, a pochi giorni dal Natale, mentre nel cuore dell’Europa la guerra continua a seminare morte, paura e distruzione. Nella serata di oggi, 21 dicembre, a Bari nella Basilica di San Nicola, il Santo venerato sia dai cattolici sia dagli ortodossi e che quindi rappresenta il ponte tra la Chiesa d’Oriente e di Occidente, si terrà la veglia promossa dalla Conferenza Episcopale Italiana e dall’Arcidiocesi di Bari-Bitonto. Unita a tutti i cristiani dell’Ucraina e della Russia, la Chiesa italiana invocherà il dono della pace sulla tomba di San Nicola. La veglia sarà guidata dal cardinale Matteo Zuppi, presidente della CEI. Saranno presenti autorità civili e religiose e anche i delegati della Conferenza episcopale della Chiesa romano cattolica in Ucraina, della Chiesa greco-cattolica in Ucraina e dell’Esarcato apostolico per i fedeli cattolici ucraini di rito bizantino residenti in Italia. Parteciperanno alla preghiera anche i fratelli delle Chiese ortodosse presenti stabilmente nella città di Bari. Un momento di comunione, quindi, per invocare la fine dell’orrore. Dell’importanza di questo appuntamento ci parla l’arcivescovo di Bari, monsignor Giuseppe Satriano.
Eccellenza, quanto è importante in un momento così drammatico pregare per la pace?
Credo che la preghiera di per sé sia lo strumento che attesta la speranza contro ogni forma di disperazione. Momenti come questi sono i più opportuni per elevare un grido di pace e per invocare l’intercessione di San Nicola e della misericordia di Dio, attraverso di lui. Quindi non potevamo far passare questo tempo in maniera un po’ anonima, soprattutto con una guerra alle porte delle nostre case. In un momento drammatico. Abbiamo da tempo pensato a qualcosa, con il cardinale Zuppi si è giunti a individuare con sempre maggiore convinzione l’opportunità che la Chiesa facesse un segno forte in questo contesto.
Si parla di pace, ma come è possibile concretamente raggiungerla?
Dobbiamo fare anzitutto un “mea culpa”. Abbiamo abdicato al discorso educativo sulla pace e credo che il tema della guerra, soprattutto quello delle guerre dimenticate, sia il frutto maturo di un albero malato. Lo dicevo in una veglia con i giovani in Basilica. Il problema grosso è che della pace non ci è importato per molto tempo e soprattutto siamo scivolati nell’indifferenza, in una forma di avvitamento su noi stessi. Le immagini tremende dei nostri fratelli che scappavano dai Paesi di guerra, nel ghiaccio dei Balcani, non ci hanno fatto levare grida di indignazione. E anche per i tanti morti nel Mediterraneo, non dimentichiamo tante riflessioni molto autocentrate della nostra Europa sul discorso della immigrazione. Quando si incomincia a vivere la vita valorizzando più se stessi che gli altri alla fine la guerra arriva. E arriva da qualsiasi parte. Io credo che dobbiamo ritornare a percorsi educativi, dobbiamo ritornare a forme condivise di riflessione, dobbiamo ritornare a mettere il tema della pace all’ordine del giorno.
Monsignor Satriano, qual è il ruolo delle religioni attualmente? Quanto esso può e deve essere importante?
Credo che sia molto importante, ce lo sta dimostrando questa azione indefessa e solitaria purtroppo con cui il Santo Padre porta avanti il dialogo tra le religioni convinto che una ritrovata fraternità possa essere la strada giusta. Le religioni hanno la capacità di unire il cielo alla terra e ritrovare una dimensione primigenia della bellezza e della dignità di ciascun uomo. In questo senso, penso che le religioni possano contribuire al confronto politico e al confronto sociale. Non dobbiamo pertanto dismettere un alacre e faticoso lavoro di percorsi di comunione e di confronto tra le religioni.